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STUDIO DI SCHWARZ

Schwarz e il suo gruppo hanno studiato il DNA di 500 individui sudafricani, appartenenti a 25 famiglie

discendenti da un unico progenitore olandese affetto da sindrome del QT lungo: ben 205 di questi

soggetti presentano la stessa mutazione identica a carico del gene KCNQ1. Analizzando il

patrimonio genetico di queste persone, i ricercatori hanno studiato due particolari varianti di un

altro gene, chiamato NOS1AP, che nelle persone normali inducono un lieve e ininfluente

allungamento dell’intervallo QT, ma che quando sono associate a difetti nel gene KCNQ1 fanno

raddoppiare il rischio di sincope e morte improvvisa. NOS1AP è un gene modificatore, capace cioè

di spiegare la diversa penetranza di una medesima malattia. Esso codifica per una ossido nitrico

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sintasi coinvolta nella modulazione del canale del calcio durante il potenziale d’azione cardiaco

e quindi può essere implicata nell’instabilità del ritmo cardiaco.

MODIFICATORI GENETICI

SNP: polimorfismi dovuti a un singolo nucleotide che cambia nel DNA (si chiama polimorfismo

perché non correla con un fenotipo patologico).

Quando si parla di dominanza incompleta è difficile pensare che se tutti abbiamo la mutazione la

malattia si presenta solo in alcuni individui; è stato provato che oltre alla mutazione della malattia,

ci sia qualche altro gene modificatore. Un esempio è il gene NOS1AP; questo polimorfismo in questo

gene allunga di poco l’intervallo QT. Se abbiamo questo polimorfismo e abbiamo la mutazione

principale (ad esempio nel canale del K ), la malattia si manifesta in maniera estremamente

+

severa. Questo gene codifica per una proteina citoplasmatica che regola i livelli di Ca nella

2+

cellula cardiaca; quindi va ad alterare l’entrata del Ca della cellula e perciò si allunga la fase di

2+

ripolarizzazione. Questo gene è un gene modificatore, capace cioè di spiegare la diversa

penetranza di una medesima malattia.

I modificatori genetici sono quindi varianti genetiche che influenzano l’espressione fenotipica e/o

molecolare della variante primaria causativa della malattia; essi includono sia varianti nei geni

portatori della mutazione primaria causativa, sia varianti in geni diversi. I modificatori genetici

possono aumentare (noti come potenziatori) o diminuire (noti come soppressori) la gravità della

condizione patologica, influenzando la penetranza e la variabilità fenotipica di una specifica

malattia.

Esempio:

Il canale del potassio legato alla forma clinica 2 (LQT2); si è visto che la mutazione in questo canale

del K che disattiva il canale, se accompagnato da uno SNP, ovvero un’altra piccola variante

+

polimorfica, aggrava la severità della malattia. Lo SNP K897T nel gene KCNH2, la cui prevalenza

nella popolazione caucasica è del 33%, può interagire con la mutazione A1116V localizzata nello

stesso gene, conseguendo un allungamento dell’intervallo QT ed un aumento del rischio aritmico.

VARIABILITÀ GENETICA

Il PROGETTO GENOMA UMANO ha rivelato una sequenza genetica di tre miliardi di paia di basi

condivisa al 99,9% da tutti gli individui; la maggior parte di queste differenze sono i singoli

polimorfismi nucleotidici (SNPs), ovvero cambiamenti a carico di un singolo nucleotide che si ritrova

approssimativamente ogni 300-1000 basi nel genoma umano. Questo 0,1% di differenza è

responsabile della variabilità fenotipica e determina una risposta individuale all’ambiente. Gli SNPs

possono essere silenti, avere un significato funzionale diretto o possono semplicemente essere

associati ad altre variazioni di sequenza con significato funzionale; essi possono spiegare la diversa

suscettibilità alle malattie, la diversa risposta ai farmaci e la diversa metabolizzazione di uno stesso

farmaco.

DISTINZIONE TRA SNP E SNV

Generalmente si definisce un POLIMORFISMO quando ha una frequenza minima dell’1% (ma

meglio il 5%) nella popolazione studiata; una SNV (single nucleotide variant: mutazione) ha invece

una frequenza minore dell’1%. Inoltre, gli SNP sono dei cambiamenti che avvengono nelle nostra

cellule germinali (un bambino alla nascita ha le cellule che contengono tutti gli stessi polimorfismi);

invece, una mutazione può avvenire sia nelle cellule germinali che in quelle somatiche. Infine, i

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polimorfismi sono stati tutti catalogati e conosciuti, mentre le mutazioni sono state individuate solo

in alcuni individui e spesso non sono ben caratterizzate.

VIDEO

Una mutazione è un’alterazione in una sequenza di DNA che può verificarsi a causa di errori di copiatura

durante la replicazione o per qualsiasi danno fisico o chimico al DNA. I tipi più comuni di mutazioni sono le

mutazioni puntiformi; in questo caso un singolo cambiamento nucleotidico può produrre una proteina che è

completamente normale o non funzionale, a seconda del tipo di mutazione puntiforme. Queste includono

mutazioni silenti, mutazioni missenso, mutazioni nonsenso e mutazioni frameshift. Le mutazioni silenti non

alterano la sequenza amminoacidica di una proteina; quindi la proteina verrà prodotta normalmente. Le

mutazioni missenso, d’altra parte, risultano nella sostituzione di un amminoacido con un altro, che può

causare il malfunzionamento della proteina. Le mutazioni nonsenso si verificano quando un codone per un

amminoacido viene cambiato con un codone di stop; questo segnala alla proteina di interrompere la

traduzione, producendo una proteina prematuramente troncata che spesso non è funzionale. Infine, in caso

di mutazioni frameshift, l’inserzione o la delezione di uno o più amminoacidi sposta la cornice di lettura

sull’mRNA; questo si traduce in nuovi codoni che traducono per una sequenza di amminoacidi diversa e

quindi per una proteina anomala.

DIAGNOSI

I pazienti, per lo più bambini e adolescenti, giungono all’osservazione o a seguito di svenimenti non

attribuibili ad altre cause o perché segnalati da medici sportivi che al momento della visita medica

notano qualcosa di anomalo a livello elettrocardiografico. Per prima cosa si esegue un

elettrocardiogramma a riposo, necessario per valutare la durata dell’intervallo QT; nel 60-70% dei

casi è l’ECG a indicare qualcosa che va approfondito, tuttavia nel 10-15% dei pazienti che hanno

la patologia, l’ECG a riposo è assolutamente normale e alcune volte anche sotto sforzo non

permette di evidenziare l’allungamento dell’intervallo QT. L’analisi genetica è attualmente di

routine ed è diventata una componente essenziale per il management clinico: l’identificazione del

gene che provoca la malattia permette di individuare condizioni di vita più o meno pericolose, di

effettuare un trattamento gene-specifico e soprattutto di effettuare il cosiddetto “screening a

cascata” per identificare rapidamente tutti i famigliari portatori della mutazione, completando in

questo modo la prevenzione della morte improvvisa nell’intera famiglia, dove molto spesso

raccogliendo la storia clinica vengono alla luce episodi di svenimenti, convulsioni o morte

improvvisa a giovane età.

ANALISI GENETICA

Sono disponibili numerose tecniche che possono portare all’identificazione della mutazione

genetica causa della malattia. Indipendentemente dagli aspetti tecnici, l’analisi genetica parte

sempre dalla disponibilità di un campione di DNA; nell’attività clinica di tutti i giorni si preferisce

utilizzare il sangue venoso, che rappresenta una fonte di DNA facilmente ottenibile con un prelievo.

Una volta ottenuto il campione di DNA è necessario procedere al sequenziamento, ovvero ad

ottenere la lettura della sequenza dei nucleotidi che costituiscono il codice genetico del paziente.

Nella maggior parte dei casi l’analisi genetica viene eseguita in modo mirato, ovvero vengono

sequenziati solo i geni responsabili della malattia identificata. Spesso viene preso in considerazione

solo l’ESOMA, cioè quella porzione di DNA con i geni che codificano le proteine (19.000 geni);

l’esoma costituisce meno del 2% del genoma, ma è qui che oltre l’85% delle mutazioni che causano

malattie mendeliane sono state trovate.

Primo scenario: variante causativa già identificata in altri famigliari affetti (ad esempio sul

• gene KCNQ1). 26

L’analisi di mutazione del DNA viene

condotta operando inizialmente una

reazione enzimatica di amplificazione del

DNA, conosciuta come PCR (Polymerase

Chain Reaction), che consente di

amplificare in vitro una specifica regione di

un gene, copiandola in varie fasi successive

fino ad ottenerne milioni di copie. L’esca

(per amplificare solo la regione dove c’è la variante causativa familiare) è rappresentata

da una coppia di primer che fiancheggiano la regione da amplificare; i primer sono

segmenti di DNA/RNA complementari che si legano ai singoli filamenti della doppia elica

denaturata e permettono l’aggiunta di nucleotidi e l’amplificazione della regione target.

I prodotti di PCR così ottenuti vengono sottoposti a SEQUENZIAMENTO

SECONDO SANGER, detto anche “metodo di terminazione della

catena”, una tecnica che permette di determinare la sequenza

nucleotidica di un DNA. Viene effettuata una seconda reazione di PCR

con dei nucleotidi privi di un gruppo ossidrilico mescolati a dei nucleotidi

normali; nel momento in cui viene effettuata la PCR, la polimerasi

aggiungerà casualmente o i nucleotidi normali o i di-deossinucleotidi

marcati ciascuno con un fluoroforo diverso: verrà così creato un

elettroferogramma (devo avere sempre un elettroferogramma di un

paziente sano per la porzione di DNA che sto studiando). Quando il

sequenziatore non riconosce il nucleotide scrive una N; se troviamo due

picchi allora ci troviamo in

eterozigosi: un allele è sano e uno è mutato.

Secondo scenario: non si conosce il gene mutato.

• Si compie un SEQUENZIAMENTO DI SECONDA

GENERAZIONE O MASSIVO PARALLELO, in cui il DNA

da analizzare viene frammentato, immobilizzato su

una superficie solida, amplificato via PCR e poi ogni

frammento viene sequenziato

contemporaneamente. Tuttavia, non si analizza più

tutto l’esoma sequenziato, ma inizialmente si

analizzano pannelli di geni candidati, cioè che ad

oggi si conoscono correlare con la specifica patologia: essi sono detti pannelli NGS (Next

Generation Sequencing).

VIDEO

L'obiettivo del PCR, reazione a catena della polimerasi, è di amplificare una sequenza genetica; in questo

esempio un gene di interesse sarà amplificato dal DNA purificato. Per eseguire l'amplificazione è necessario

una polimerasi per sintetizzare il nuovo DNA, è necessario anche un primer, breve pezzo di DNA a singolo

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
42 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/13 Biologia applicata

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher gremattioli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biologia applicata e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pavia o del prof Rossi Elena.