
Ci ha provato l'anno scorso, ma non ci è riuscita. Quest'anno, puntuale come un orologio svizzero, il ministro dell'istruzione Stefania Giannini torna sull'argomento test di Medicina e sullo stop al numero chiuso.
Nel 2015, Stefania si è dovuta fermare di fronte ai rettori delle università, contrari (e forse un po' spaventati) all'idea di aprire le porte a decine di migliaia di aspiranti medici. Stavolta ce la farà? Per il momento, si tratta solo di dichiarazioni. Ecco cosa ha detto il ministro nella due giorni universitaria organizzata dal Partito democratico nel Palazzo Garzolini dell'Università di Udine. Ma cosa potrebbe succedere se veramente si eliminasse il numero chiuso? Risponde il dott.Di Muro, autore e responsabile del corpo docente UnidTest.
TEST MEDICINA:
STOP AL NUMERO CHIUSO? - "Sono stata bloccata la prima volta", ha dichiarato il ministro davanti a rettori e ai rappresentanti del PD - "Ma torno a proporvi la fine del test a numero chiuso per l'accesso al primo anno nelle facoltà di Medicina. La prova a crocette non seleziona i migliori medici del futuro. Penso invece a un giudizio efficace, veritiero, che, tuttavia, non porti orde di ragazzi a sovraffollare le aule di Anatomia". Ma cosa intende davvero?COSA HA IN MENTE IL MINISTRO? - Dalle parole del ministro Giannini appare chiaro, come lei ha più volte detto in passato, che la sua intenzione non sia l'abolizione tout court del test di Medicina, bensì quella di cambiare le modalità di accesso alla facoltà. Ripercorrendo a ritroso le sue dichiarazioni, quello che probabilmente il ministro ha in mente è un modello alla francese (quello, cioè, adottato dai nostri cugini d'oltralpe). Cosa significa? Che si, ci si può iscrivere senza dover passare il test di ingresso. Ma nel corso del primo anno, si dovrà sostenere delle prove "a sbarramento" in itinere che proveranno le competenze sulle nozioni e le materie che si stanno affrontando.
IL PARERE DELL'ESPERTO - Ma cosa comporterebbe tutto questo? "Per analizzare la proposta del Ministro occorre fare alcune premesse" - spiega il dott. Di Muro - "il numero programmato è stato introdotto con la legge 264/99 e la sua legittimità è stata confermata in varie occasioni dalla Corte Costituzionale; la normativa italiana recepisce la direttiva della Comunità Europea 93/16/CEE che subordina il riconoscimento dei titoli di studio alla limitazione del numero di matricole; la maggior parte dei Paesi occidentali prevede una selezione in ingresso all’Università e non solo per i corsi di laurea dell’area medica e sanitaria; gli stessi studi condotti da ISTAT e Almalaurea per conto del MIUR confermano che i corsi di laurea che prevedono una selezione all’ingresso hanno tassi di abbandono notevolmente inferiori rispetto agli altri e aumentano le probabilità di conseguire la laurea nei tempi previsti". "Il numero programmato è stato introdotto per migliorare l’efficienza universitaria e la qualità della formazione commisurando il numero di studenti alle effettive capacità delle strutture didattiche e del corpo docente. Quest’ultimo particolare assume maggior rilevanza per i corsi che prevedono attività di tirocinio. La programmazione del numero di matricole rappresenta dunque una garanzia per gli studenti, necessaria per assicurare una formazione di qualità elevata e la spendibilità dei titoli nell’interesse individuale e della collettività".
LE CRITICITA' DEL SISTEMA FRANCESE - Secondo l'esperto, il sistema francese non è poi solo rose e fiori: infatti, sostiene Di Muro, "manifesta numerose problematiche: in primo luogo, il numero di studenti obbligati a interrompere gli studi dopo il primo anno si aggirerebbe sulle 50.000 unità, con dispendio di tempo e denaro (in tasse universitarie); in secondo luogo, è sempre bene ricordare che anche il sistema francese prevede un test selettivo alla fine del primo anno che presenta le stesse criticità dei test d’ingresso italiani".
IL PROBLEMA DELL'ACCESSO ALLE SPECIALIZZAZIONI - In questa situazione, non bisogna dimenticare l'accesso alle specializzazioni, che ogni anno esclude un alto numero di laureati. "L’accesso libero acutizzerebbe i problemi di accesso alle specializzazioni - spiega il dott. Di Muro - e genererebbe una quantità spropositata di laureati in medicina impossibilitati a proseguire gli studi. Sarebbe opportuno prendere in considerazione il parere oggettivo degli studenti di Medicina in merito alla gestione della didattica e dei tirocini nonché dei Rettori delle Università italiane.Questi ultimi si sono già espressi sull’argomento schierandosi contro l’abolizione del numero chiuso ma a favore di un miglioramento del sistema di selezione".
MIGLIORARE IL SISTEMA - "Il mio parere personale - conclude Di Muro - è che il sistema si possa migliorare ponendo innanzitutto l’attenzione alla gestione delle prove di ammissione, garantendo l’anonimato dei candidati e che tutta la procedura si svolga nel modo corretto. È fondamentale inoltre investire nell’Orientamento nelle scuole superiori e in un sistema di selezione oggettivo, allineato a quello degli altri Paesi e non soggetto a continui stravolgimenti."