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Sintesi
Estratto del documento

9 ESPERIMENTI MEDICI AD AUSCHWITZ

Esperimenti su dissenteria, malaria, febbre gialla e tubercolosi

Esperimenti su Gemelli e Nani

Esperimenti di Sterilizzazione

10 LO ZYKLON B

11 LA DIAGNOSI DI HANNAH ARENDT

Gli ebrei e lo stato nazionale

Gli ebrei e la società

L’affare Dreyfus

12 PRIMO LEVI

13 MAUS

Art Spiegelman

Che cos’è Maus?

Personaggi

Perché Topi?

Il Messaggio

Tragedia ollettiva e individuale 3

INTRODUZIONE.

1 . FONDAMENTI E SIGNIFICATO DELL’ANTISEMITISMO HITLERIANO

Spesso ci si chiede le reali motivazioni dello sterminio degli ebrei a opera dei nazisti:

ricondurre tutto alla pazzia dei persecutori sarebbe sminuire e in qualche modo giustificare il loro operato.

La leggi razziste di cui si parlerà più avanti ebbero un profondo significato: erano strettamente connesse al

fenomeno NazionalSocialista, ed erano inoltre essenziali per un eventuale successo del Terzo Reich.

“Dominare il mondo”, cantavano le giovani SS. Le mire di Hitler non conoscevano limiti, il suo sogno era un

uomo interamente rinnovato, forse erroneamente ispirato al Superuomo Nietzscheano.

Hitler sognava di estirpare la religione cristiana, per sostituirla con una nuova morale “una fede forte ed

eroica…in un nuovo invisibile Iddio del destino e del sangue”.

Soltanto un culto, una religione infatti potevano portarlo alla meta, e il Führer andava modellando il culto

necessario a tale fine.

È stato affermato quindi che il nazismo fu soprattutto una religione.

Dimostrarlo ci porterebbe lontano dal nostro tema; ci basti osservare che le tre caratteristiche richieste per

definire una religione –la percezione di una potenza superiore, la sottomissione a questa e le relazioni con

1

essa - vi erano incontestabilmente presenti.

Ma il Volk e l’anima della razza sarebbero restate nozioni vaghe e fluide se non fossero state rese tangibili

agli occhi dei fedeli opponendo ad essi un’antirazza, un antipopolo: si può dire quindi che l’ebreo sia il

“Diavolo” di questa religione.

La presenza del diavolo faceva sì che meglio si potesse percepire il dio: scatenando l’odio verso l’Impuro,

l’adorazione della divinità era stimolata.

L’Ebreo non soltanto era impuro, ma rendeva impuro tutto ciò che aveva a che fare con esso.

Così un’atmosfera di sacro orrore poté impregnare milioni e milioni di menti tedesche.

Se solo una piccola minoranza era fondamentalmente antisemita,e propugnava verso l’ebreo un odio

convinto e violento, una grande maggioranza permetteva che lo si uccidesse e sfruttasse, “tendendo la

propria mano verso gli assassini”.

Una parte della colpa dello sterminio degli ebrei è da attribuire quindi alla popolazione tedesca, poiché pochi

non avrebbero mai potuto causare quello che è stato il genocidio degli ebrei senza il tacito consenso del

popolo.

CAPITOLO 1: LE TAPPE DELL’OLOCAUSTO

1. LA SOLUZIONE EMIGRAZIONE

Inizialmente e apparentemente l'obiettivo principale del nazismo e di Hitler consistette nel rendere il Reich

“judenfrei" vale a dire "libero dagli ebrei". Il sistema prescelto per "ripulire" la Germania dagli ebrei fu, in

questa prima fase, costringerli ad emigrare. Rendendo loro intollerabili le condizioni di vita attraverso una

legislazione sempre più oppressiva, si cercava di spingerli verso un esodo definitivo all'estero. Il bilancio di

questa fase che va sostanzialmente dal 1933 al 1939, non fu tuttavia coronato da successo.

Dei 520.000 ebrei tedeschi che vivevano in Germania nel 1933, ne rimanevano 350.000 nel 1938. Ma in

quello stesso anno con l'annessione dell'Austria i nazisti si trovarono a dover "gestire" anche i 190.000 ebrei

austriaci.

Riuscire a far emigrare altri 540.000 ebrei apparve era impossibile. Ad ogni espansione della Germania

nazista il numero degli ebrei cresceva e le nazioni estere non furono in grado o non vollero assorbire l'ondata

di emigrazione ebraica proveniente dal Reich. La soluzione "emigrazione" alla vigilia della guerra appariva

sostanzialmente fallita.

Nacque allora l'idea di ampliare il concetto stesso di deportazione trasferendo forzatamente in un luogo

distante gli ebrei tedeschi. Il luogo venne individuato nell'isola di Madagascar. La resistenza della Gran

Bretagna tuttavia impediva la realizzazione del progetto. In più nel 1940 la situazione era drammaticamente

mutata: non si trattava più di far emigrare 520.000 ebrei tedeschi, occorreva sbarazzarsi anche degli ebrei

polacchi che assommavano a 2.000.000 di persone. Nel febbraio 1941 Hitler discusse il problema con il

1 GRAND’MAISON, Notion de sociologie 4

consigliere del lavoro Ley. Hitler aveva ancora in mente l'idea dell'emigrazione forzata anche se questa

andava presentando sempre maggiori difficoltà a causa della guerra.Egli ammise che all'inizio aveva

affrontato il problema pensando soltanto agli ebrei che vivevano nel Reich, ma ora l'obiettivo era diventato

più ambizioso: l'influenza ebraica doveva essere eliminata da tutti i territori sotto il controllo dell'Asse.

Ora però "pensava a ogni cosa, da un punto di vista diverso, e non certo con maggiore simpatia" [verso gli

ebrei]. Hitler pensava cioè ad altre possibili soluzioni.

2. Ghettizzazione ad oriente

In piena guerra il problema si aggravò ulteriormente. L'invasione del Belgio, dell'Olanda, della Francia, della

Danimarca e Norvegia fece aumentare ulteriormente il numero degli ebrei caduti nelle mani del nazismo.

L'obiettivo prioritario, rendere judenfrei la Germania si allargò a dismisura: si trattava ora di rendere

judenfrei l'intera Europa.

La soluzione non poteva più essere quella di far emigrare gli ebrei all'estero. Si fece così strada un'altra

soluzione: deportare gli ebrei europei all'Est concentrandoli nei territori polacchi occupati. In questa

operazione di concentramento dovevano essere coinvolti ovviamente anche gli ebrei polacchi.

Creare in Polonia dei grandi ghetti apparve la soluzione più appropriata. Tuttavia sin dall'inizio ci si

scontrava con un altro pilastro dell'ideologia nazista: lo "spazio vitale" che la Germania doveva guadagnarsi

ad Est. I territori conquistati dovevano infatti essere destinati ai tedeschi che avrebbero dovuto insediarvisi. Il

concentramento nei ghetti della Polonia non poteva dunque rappresentare la "soluzione finale" del problema

ebraico ma una "soluzione transitoria" in attesa della fine della guerra dopo la quale si sarebbe dovuta trovare

una soluzione alternativa .

3. LA SOLUZIONE FINALE

La soluzione di sterminare sul posto gli ebrei rappresentò un "salto di qualità" nel progetto di eliminare il

giudaismo europeo. Per la prima volta si teorizzava e applicava nel concreto un piano di eliminazione fisica.

Tuttavia il sistema di sterminare gli ebrei laddove vivevano non poteva essere adottato al di fuori dell'Unione

Sovietica. Lo sterminio degli ebrei occidentali non poteva essere attuato con mezzi così brutali ed evidenti.

Non si potevano assassinare in massa gli ebrei olandesi, francesi, greci alla luce del sole.

Le fucilazioni compiute ad Oriente erano inimmaginabili ad Occidente. Occorreva studiare un altro metodo.

Ed è di fronte a questi problemi che si fece strada la "soluzione finale".

Vi erano state diverse esperienze di sterminio negli anni precedenti che concorsero ad ideare la soluzione

finale: il programma di eutanasia aveva formato un nucleo di specialisti che aveva ideato le uccisioni con i

gas; la deportazione in Polonia degli ebrei del Reich aveva fornito degli "insegnamenti" sulle tecniche di

deportazione; il concentramento in ghetti aveva messo in grado le possibilità della macchina dello sterminio.

Con un bagaglio di esperienza così ampio si fece definitivamente strada la soluzione finale cioè

l'annientamento fisico degli ebrei in campi di concentramento predisposti a Oriente. La teorizzazione di

questa soluzione finale venne affidata a Himmler e a Heydrich. Lo spartiacque storico venne marcato dalla

cosiddetta Conferenza del Wannsee, una riunione nella quale si iniziarono a coordinare tutti gli enti

interessati al buon esito della soluzione finale. All'inizio del 1942 la "soluzione finale del problema ebraico"

era stata varata. Capitolo 2: le leggi razziali

Il punto di partenza d’ogni persecuzione sta nell’identificare il perseguitato: soltanto dopo aver distinto tra la

“normalità” del perseguitante e “l’anormalità” del nemico è possibile scatenare su di lui una vera e propria

persecuzione.

Perciò la prima preoccupazione del governo nazista per quello che riguarda la “risoluzione” del problema

ebraico fu la precisa determinazione dell’ebreo.

Già dalla giunta al potere di Hitler i progetti per l'esclusione degli ebrei dalla funzione pubblica erano già

pronti. Tuttavia proprio la necessità di espellere gli ebrei dalla "macchina dello Stato" ripropose con urgenza

la necessità di dare al più presto una definizione certa dell'ebreo.

Con il decreto del 7 aprile 1933 furono licenziati tutti i funzionari pubblici di "ascendenza non ariana".

Tuttavia non era ancora chiara cosa fosse questa "ascendenza non ariana". A risolvere il problema intervenne

il regolamento al decreto dell'11 aprile 1933 che specificava che erano da considerarsi di ascendenza non

ariana 5

“tutti coloro che avevano uno o ambedue i genitori ebrei o uno o tutti e due i nonni ebrei. Padre, madre e

nonni erano da considerarsi presunti ebrei qualora professassero la religione giudaica”

Si trattava di una definizione efficace ma destinata a creare , anche agli stessi nazisti che l'avevano

elaborata,una serie di problemi .In primis applicando la definizione risultavano ebrei anche coloro che

avevano un solo nonno ebreo. In poche parole gli ebrei per tre quarti, per metà e per un quarto erano

parificati agli ebrei "totali".

Il 13 settembre 1935 Hitler diede ordine di preparare una legge per la protezione del sangue e dell’onore

tedesco.

Questa vietava i matrimoni e le relazioni sessuali tra ebrei e cittadini di sangue tedesco .

Si vietava poi l'assunzione di personale di servizio ariano da parte delle famiglie ebree. Anche avvicinarsi

alla bandiera del Reich era vietato. A questo punto gli ebrei erano stati di fatto espulsi dall'amministrazione

pubblica e segregati dal popolo tedesco. Tuttavia occorreva eliminare i loro diritti e dunque la tutela che ogni

Stato accorda ai propri cittadini.

La Legge sulla Cittadinanza fu di conseguenza promulgata il 15 settembre 1935.

Questa si presentava in modo estremamente scarno: soltanto tre articoli. Non era necessario dilungarsi in una

complessa legge poiché l'obiettivo era semplice: togliere agli ebrei la cittadinanza tedesca e i privilegi e le

garanzie ad essa connessi

Questo risultato fu ottenuto attraverso una preliminare distinzione tra "suddito" e "cittadino". Il suddito del

Reich è chi gode della protezione dello Stato Tedesco, il cittadino invece è un suddito di sangue tedesco o

apparentato. La differenziazione accordava il pieno godimento dei diritti civili ai soli cittadini. Come

risultato gli ebrei potevano essere sudditi ma non cittadini, sottoposti alle leggi dello stato ma privi di

qualsiasi reale diritto

Per definire una volta per tutte chi fosse ebreo e chi no occorsero altri due mesi di lavoro. Fu il Segretario

della Cancelleria del Reich Lammers a sobbarcarsi l'impresa con la sua commissione. Non occorreva una

legge apposita di definizione degli ebrei ma un semplice regolamento alla "Legge sulla Cittadinanza".

La commissione lavorò tra difficoltà non indifferenti: le opinioni erano diverse e oscillavano verso punte di

rigidità estremamente pericolose.

Persisteva infatti lo spinoso problema dei "mezzi-ebrei".

Il Partito Nazista intendeva assimilarli agli ebrei puri. viceversa vennero proposte due categorie di "mezzi

ebrei". Alla fine del lavoro la proposta divenne il Primo Regolamento sulla Cittadinanza promulgato il 14

novembre 1935.

Si individuavano così ebrei e non ariani (Mischlinge). I non ariani erano sottoposti a tutte le restrizioni

comuni, gli ebrei erano destinati al processo di distruzione. 6

Per il "Primo Regolamento alla Legge sulla Cittadinanza" erano ebrei puri:

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