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I.T.C. ANTONIO ZANON - UDINE
scegliere tra Monarchia e Repubblica. L’Assemblea Costituente elesse Enrico De Nicola capo provvisorio della
Repubblica italiana appena nata.
La nuova Costituzione scritta in due anni entrò in vigore il primo gennaio 1948.
« Era giunta l'ora di resistere; era giunta l'ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini»
Piero Calamandrei
Resistenza
Il periodo storico individuato comunemente chiamato come Resistenza italiana inizia dopo l'armistizio dell'8
settembre 1943 e termina alla fine del mese di aprile 1945. La scelta di celebrare la fine di quel periodo con il
25 aprile 1945 fu riferito dal CLNAI con la data dell'appello per insurrezione armata della città di Milano, sede
del comando partigiano. La Resistenza italiana fu solo la prima parte del cosiddetto periodo costituzionale
transitorio. In termini politici questo periodo si concluse con la nomina del primo governo Parri del 21 giugno
1945. La seconda parte terminerà il 1 gennaio 1948, giorno dell'applicazione della nuova Costituzione Italiana.
Dall’insurrezione alla liberazione
Il 19 aprile 1945, mentre gli Alleati dilagavano nella valle del Po, i partigiani su ordine del CLN diedero
il via all'insurrezione generale. Dalle montagne, i partigiani confluirono verso i centri urbani del Nord Italia,
occupando fabbriche, prefetture e caserme. Nelle fabbriche occupate venne dato l'ordine di proteggere i
macchinari dalla distruzione. Le sedi dei quotidiani furono usate per stampare i giornali clandestini dei partiti
che componevano il CLN.
Mentre avveniva ciò, le formazioni fasciste si sbandavano e le truppe tedesche allo sfacelo battevano
in ritirata. Si consumava il disfacimento delle truppe nazifasciste, che davano segni di cedimento già dall'inizio
del 1945 e i cui vertici si preparavano alla resa agli Alleati.
La mattina del 14 aprile, in un'Imola che sembrava deserta, entrò per primo l'87° Reggimento Fanteria
del Gruppo di Combattimento "Friuli" [13] che, però, fu subito comandato di dirigersi verso Bologna. Poco dopo
giunse la divisione Carpatica polacca, comandata dal Generale Władysław Anders insieme ai soldati del
Gruppo di Combattimento "Legnano" [14], che furono accolti dagli imolesi che, nel frattempo, erano usciti dai
loro rifugi. Ancora la mattina del 21 aprile, fu il "Friuli" ad entrare per primo[15] a Bologna, passando per la
Porta Maggiore, nel tripudio dei bolognesi. In giornata giunsero anche i polacchi, il "Legnano" e altri gruppi. Gli
americani liberarono Modena il 22 aprile, Reggio Emilia il 24 e Parma il 25. Nella stessa data, a Genova, inizia
l'insurrezione, che porterà il generale tedesco Gunther Meinhold ad arrendersi formalmente al CLN ligure il 25
aprile. Milano e Torino furono liberate il 25 aprile: questa data è stata assunta quale giornata simbolica della
liberazione di tutta l'Italia dal regime nazifascista e, denominata Festa della Liberazione, viene commemorata
annualmente in tutte le città italiane.
Le truppe alleate arrivarono nelle principali città liberate nei giorni seguenti. La liberazione di molte
città, inclusi centri industriali di importanza strategica, prima dell'arrivo degli alleati rese l'avanzata di questi più
rapida e meno onerosa in termini di vite e rifornimenti. In molti casi avvennero drammatici combattimenti
strada per strada; i resti dell'esercito tedesco e gli ultimi irriducibili fascisti della Repubblica Sociale Italiana
sparavano asserragliati in vari edifici o appostati su tetti e campanili su partigiani e civili. Tra essi e le forze
partigiane avvennero talvolta vere e proprie battaglie (come a Firenze nel settembre 1944), ma solitamente la
loro resistenza si ridusse a una disorganizzata guerriglia, per esempio a Parma e a Piacenza.
La notte tra il 25 e il 26 aprile 1945 Benito Mussolini, con i suoi gerarchi e famiglie pernotta a Grandola ed
Uniti nell'hotel Miravalle nella frazione di Cardano.
Il 27 aprile 1945 Benito Mussolini, indossando la divisa di un soldato tedesco, fu catturato a Dongo, in
prossimità del confine con la Svizzera, mentre tentava di espatriare assieme all'amante Claretta Petacci.
Riconosciuto dai partigiani, fu fatto prigioniero e giustiziato il giorno successivo 28 aprile a Giulino di
Mezzegra, sul lago di Como; il suo cadavere venne esposto impiccato a testa in giù, accanto a quelli della
stessa Petacci e di altri gerarchi, in piazzale Loreto a Milano, ove fu lasciato alla disponibilità della folla, che
infierì sul cadavere. In quello stesso luogo otto mesi prima i nazifascisti avevano esposto e dileggiato, quale
monito alla Resistenza italiana, i corpi di quindici partigiani uccisi. I.T.C. ANTONIO ZANON - UDINE
Il 29 aprile la resistenza italiana ebbe formalmente termine, con la resa incondizionata dell'esercito
tedesco, e i partigiani assunsero pieni poteri civili e militari.
Il 30 aprile 1945 il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia ebbe a commentare che "la fucilazione
di Mussolini e dei suoi complici è la conclusione necessaria di una fase storica che lascia il nostro paese
ancora coperto di macerie materiali e morali."
Il 2 maggio il generale britannico Alexander ordinò la smobilitazione delle forze partigiane, con la
consegna delle armi. L'ordine venne in generale eseguito e le armi in gran parte consegnate, in tempi diversi
nei vari luoghi in dipendenza dell'avanzata dell'esercito alleato, della liberazione progressiva del territorio
nazionale, e del conseguente passaggio di poteri al governo italiano; una parte delle forze partigiane fu
arruolato nella polizia ausiliaria ad hoc costituita.
COSTITUZIONALMENTE
Lo statuto Albertino fu la prima Costituzione dello Stato italiano. Promulgano nel 1848 nel Regno sardo-
piemonese, successivamente, con la proclamazione del Regno d’Italia nel 1861, fu esteso a tutto il territorio
italiano. Lo statuto non rappresentò una rivoluzione, ma solo una riforma della monarchia assoluta in senso
liberale. Esso era il frutto di un compromesso tra il vecchio e il nuovo mondo: era una carta costituzionale
concessa dal sovrano ai suoi sudditi e, perciò molto diversa dalle Costituzioni approvate da apposite
assemblee elette dai cittadini.
Nel caso dello Stato albertino il re fu costretto a concedere lo statuto. L’oggetto dell’accordo tra il re e
la borghesia fu l’instaurazione di una monarchia costituzionale o rappresentativa. Questa formula non indicava
semplicemente la monarchia dotata di una costituzione, ma di un tipo di organizzazione costituzionale – lo
Stato liberale borghese –, nella quale la borghesia entrava a far parte della vita politica. Nello statuto il re fece
alla borghesia due concessioni:
i diritti di libertà e di proprietà, questo diritto si ispirava alla Dichiarazione dei diritti emanata all’inizio
della Rivoluzione francese (1789);
l’istituzione di una Camera in cui la borghesia potesse eleggere i propri rappresentanti.
La monarchia costituzionale fu realizza per mezzo di un nuovo organo – la Camera dei deputati – che
rappresentava i ceti medio - alti della borghesia. Per questo venne chiamata anche monarchia
rappresentativa. Questa monarchia era un regime instabile in quanto basata su due organi tra loro
indipendenti, il re e la Camera dei deputati, quindi poteva funzionare solo in base al loro accordo. In caso
contrario, uno dei due doveva necessariamente prendere il sopravvento. È quanto accade già dalle prime
applicazioni dello Statuto.
La camera dei deputati divenne il vero centro della vita politica e il re in generale si piegò alla volontà
della Camera.
La camera era l’unico organo elettivo previsto dallo Statuto, ma era eletto a suffragio ristretto (cioè solo una
piccola minoranza della popolazione poteva votare). Le condizioni per esercitare il diritto di voto consistevano:
nel saper leggere e scrivere;
nel pagare una certa imposta sul reddito;
essere uomini.
Lo stato liberare, però, era debole di fronte alla cosiddetta “questione sociale”, cioè alle lotte per
l’emancipazione delle masse popolari che l’economia capitalista aveva ridotto in estrema miseria.
Già fin dagli ultimi decenni dell’800, il regime parlamentare incontrava notevoli difficoltà di funzionamento.
Esse derivavano dall’acuirsi della questione sociale e dall’incapacità delle forze presenti in Parlamento di
elaborare politiche all’altezza dei gravi problemi del momento.
Quando nel 1912, venne varata la riforma elettorale, con la quale si introduceva il suffragio universale
maschile, il regime liberale censitario si era trasformato in un regime democratico (per i soli cittadini maschi)
con l’ingresso sulla scena politica delle grandi forze popolari, organizzate nei grandi partiti di massa.
I.T.C. ANTONIO ZANON - UDINE
La nostra Costituzione
Alla dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino si può far collegare anche la nostra Costituzione
entrata in vigore il 1 gennaio del 1948 dove vengono definiti i diritti di libertà civile: come i diritti di libertà
personale (art.13), religiosa (art.19), di stampa (art.21), di riunione (art.17), di associazione (art.18), sindacale
(art.49), al lavoro (art.4), che vengono garantiti dal nostro ordinamento giuridico (lo Stato).
In via generale, troviamo la libertà nell’art.2 che enuncia: la Repubblica riconosce e garantisce i diritti
inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede
l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Quest’articolo assume
particolare rilievo in quando riconosce e garantisce i diritti a tutti gli uomini indipendentemente dalla
cittadinanza; questo è considerato da molti un elemento molto importante in quanto vengono a crearsi delle
libertà economiche e sociali tra diverse nazioni.
In particolare, i diritti di libertà sono enunciati nell’art.3 e nell’art.13, nel primo viene sottolineato il fatto
che tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali di fronte alla legge, senza distinzioni, invece, l’art.13
enuncia la libertà personale che si riferisce al divieto della privazione della libertà se non per atto motivato
dall’autorità giudiziaria e nei soli casi previsti dalla legge.
Diritti dei singoli
Presupposto della democrazia è la libertà dei singoli. Se essi dipendono da altri, la democrazia si ridurrebbe a
semplice faccia. Per libertà possiamo intendere la possibilità di essere se stessi e di differenziarsi dagli altri.
Naturalmente, il fatto che la Costituzione riconosca questi diritti di libertà non significa che gli uomini
ne facciano uso. I diritti di libertà sono semplici possibilità. In altre parole, la Costituzione può soltanto stabilire
le condizioni giuridiche di una società libera, ma non può assicurare che essa lo sia effettivamente.
La costituzione a fianco del riconoscimento dei diritti, richiede l’adempimento degli inderogabili doveri
di solidarietà politica, economica e sociale (art.2 cost) che fanno sì che la libertà non si trasformi in egoismo
dei più forti a danno dei più deboli. La libertà di cui parla la costituzione assume quindi un significato sociale.
Occorre fare una distinzione fondamentale tra due tipi di diritti di libertà:
quelli che riguardano la condizione fisica e spirituale dell’uomo
quelli che riguardano la condizione materiale della sua vita.
Solo le libertà personali e spirituali sono riconosciute in modo assoluto. Le libertà economiche o materiali non
sono riconosciute in assoluto. Il loro esercizio può infatti avere conseguenze nocive per la società se i singoli
ne fanno un uso egoistico. Esse, perciò, possono e devono essere subordinate all’interesse generale e ai
compiti di giustizia.
Oltre ai diritti di libertà civile sono presenti nella società: le libertà economiche (art.35 e ss.), di scelta e di
comunicazione.
LIBERTA’ ECONOMICHE
La libertà economica è la libertà di produrre, scambiare e consumare ogni prodotto o servizio richiesto, senza