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Letteratura: letteratura russa del '900, George Orwell
Storia: il modello politico russo del '900
Teologia: l'inquisizione, il problema della libertà
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e «bacia le sue labbra esangui, da novantenne» . L’inquisitore spiazzato da
quest’azione non sa più cosa fare e quindi lo lascia libero dicendogli di non tornare
mai più.
Il monologo del Grande Inquisitore
Tutto il lungo discorso tenuto dall’inquisitore ha come tema centrale la libertà.
Libertà che non viene assolutamente vista in maniera positiva dal vecchio, ma anzi,
considerata la rovina degli uomini comuni. Egli infatti, dopo aver verificato di avere
realmente davanti a sé il figlio di Dio, muove subito un rimprovero a Cristo dicendogli
che ha sopravvalutato troppo gli uomini concedendo loro tutta la libertà,
conseguente la sua crocefissione. Senz’altro il vecchio sa che la libertà è una
grandissima cosa, ma proprio per questo gli uomini non sono in grado di utilizzarla
nel modo corretto e questa condizione non permette loro di avere una serena
esistenza. Tutto il tormento derivante dalla libertà regalata da Cristo li porta a odiare
il dono che è stato loro concesso, e per questo pur di vivere senza tante
preoccupazioni, preferiscono delegare la propria libertà a qualcun altro (non importa
chi esso sia) che li pone in uno stato di sottomissione, fisica o morale. Significativa è
questa frase pronunciata dall’inquisitore: «Sappi però che mai come adesso gli
uomini sono convinti di essere assolutamente liberi, e invece sono stati loro stessi a
portarci con le proprie mani la libertà, a deporla umilmente ai nostri piedi. Questo è
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il frutto della nostra opera, e sarebbe questa la libertà che desideravi?» . Nella sua
visione negativa della libertà, l’inquisitore si vede come un martire che se da un lato
deve ingannare gli uomini, dall’altro pensa che ciò sia necessario per il bene
dell’uomo, per sollevarlo dall’immenso peso della libertà. Ma da dove scaturisce
questa visione così pessimistica dell’uomo? L’inquisitore reputa infatti l’uomo come
un essere vile, ribelle, ma debole. Si può dire che tutto il rimprovero mosso nei
confronti del figlio di Dio, parta da quel giorno in cui «Lo spirito intelligente e
tremendo, il grande spirito dell’autodistruzione e del non essere ti parlò nel deserto
3 Fedor Dostoevskji, I fratelli Karamazov, Dalai editore, Milano 2011.
4 Ivi. PAGINA 5
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e le scritture tramandano che ti avrebbe tentato» . Ovviamente qui il vecchio si sta
riferendo all’episodio biblico in cui Gesù, nel deserto, è stato messo alla prova da
Satana, sotto la forma di tre grandi tentazioni e lo spirito intelligente e tremendo è
proprio il diavolo, che come si vedrà, nella visione dostoevskjiana, ha gli stessi
principi ed è mosso dalle stesse idee che possiede l’inquisitore. È anche importante
notare che a ogni tentazione, Dostoevskji affianca un elemento, che l’inquisitore
rimprovera a Cristo di non aver adoperato, quando era sceso 1500 anni prima, per
portare la felicità agli uomini, donando invece la libertà che tanto teme e disprezza.
Questi tre elementi sono il miracolo, il mistero e l’autorità e proprio su di essi si
incentra il monologo, perché se Cristo, che è Dio e quindi onnipotente, avesse usato
anche solo uno di questi mezzi, ora per gli uomini non ci sarebbe più tormento,
perché grazie ad essi non sarebbe mai nata la libertà tanto potente e tanto oppressiva
verso gli uomini. Probabilmente l’umanità vivrebbe in una condizione di
sottomissione a una tirannia o a un qualche regime repressivo, ma paradossalmente
sarebbe “libero dalla libertà”, e dal suo pesantissimo fardello. Ma analizziamo ora nel
dettaglio una a una le tre tentazioni, che misero a dura prova Gesù Cristo nel deserto.
Il miracolo
«Il tentatore allora gli si accostò e disse: “Se sei figlio di Dio, dì che questi sassi diventino
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pane”».
Proprio a questa prima tentazione l’inquisitore fa ricondurre il miracolo e di
conseguenza il primo errore compiuto da Cristo. Infatti egli decide di non eseguire la
trasformazione non perché non ne sia effettivamente capace (essendo figlio di Dio è
capace di tutto), ma perché se avesse accettato di fare ciò, tutti gli uomini gli
sarebbero corsi dietro adoranti come un docile e riconoscente branco, ma nello stesso
tempo timoroso di essere privato dello stesso pane che gli era stato donato. Ma Gesù
che ha troppo a cuore la libertà umana, proprio per questo ha deciso che essa non
sarebbe stata una vera e propria libertà se l’ubbidienza fosse stata comprata al prezzo
5 Fedor Dostoevskji, I fratelli Karamazov, Dalai editore, Milano 2011.
6 Matteo (4,3). PAGINA 6
del pane. A questo proposito è emblematica la celebre frase di Gesù: «Non di solo
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pane vive l’uomo» . Ma l’essere umano non riesce a comprendere questa frase, non
riuscendo a cogliere la vera essenza della libertà che Cristo ha donato, e perciò si
ribellerà prima contro di Cristo, e poi verrà dallo stesso inquisitore e dai suoi pari
(che rappresentano il potere temporale della chiesa), chiedendo loro il pane e
offrendo in cambio la preziosa libertà. E il pane verrà concesso, e ciò si farà mentendo
in nome di Cristo, che quel pane aveva rifiutato. È importante da notare in questo
punto che l’inquisitore giudica addirittura che la libertà sia inconciliabile con il pane,
perché se anche ci fosse cibo in abbondanza per tutti i miseri esseri umani, non si
potrebbe mai dividerlo in giuste parti per tutti e si scatenerebbero guerre e ogni sorta
di male. L’inquisitore pone anche una domanda scomoda al suo prigioniero cercando
di metterlo in cattiva luce: egli infatti lo accusa di avere a cuore solo le poche migliaia
di persone che condividono il suo messaggio e che sono disposte a seguirlo e di
disinteressarsi invece dei milioni di esseri umani deboli, ma che tuttavia lo amano. È
in questo momento che l’inquisitore si erge ad essere superiore insieme a pochi altri,
rispetto alla moltitudine dei poveri uomini: pur di sfamare la povera gente, egli
mentirà loro dicendo che dona quel pane in nome di Cristo, e appunta in questa bugia
consiste il suo tormento. Solo in questo modo gli uomini comuni potranno vivere
tranquilli non oppressi da un tremendo peso. Sapendo che c’è qualcuno che pone
sulle proprie spalle le responsabilità che questi ultimi non vogliono o non possono
prendersi. Da questo punto di vista il vecchio sa che sta dicendo una brutta
menzogna, ma sa anche che tale menzogna è inevitabile, poiché come dice egli stesso:
«Per l’uomo rimasto libero non esiste infatti preoccupazione più costante e penosa
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che cercare al più presto qualcuno dinanzi a cui inchinarsi» . E come trovare la
persona adatta a cui affidarsi totalmente relegando ad essa le proprie facoltà di scelta?
La persona perché sia universalmente riconosciuta come degna di ricevere la libertà
di ogni uomo, deve offrire loro una prova irrefutabile e incontestabile a tal punto che
tutti accettino di venerarlo. Inoltre deve essere accettato da tutti, perché l’uomo ha
bisogno di un qualcosa in cui credere assieme ad altre persone, una sorta di culto
comune. La prova irrefutabile e incontestabile di cui si è parlato è appunto il
7 Fedor Dostoevskji, I fratelli Karamazov, Dalai editore, Milano 2011.
8 Ivi. PAGINA 7
miracolo, che Cristo stesso rifiuta perché ha bisogno di una fede vera, che non si basi
unicamente sulla paura e sulla mera venerazione.
Per concludere la prima sezione sul suo monologo, quella riguardante il miracolo,
l’inquisitore arriva a dire che c’è qualcosa a cui gli uomini tengono addirittura più del
pane: il senso della vita, cioè il motivo per cui l’uomo è su questa terra. Senza di ciò
probabilmente l’essere umano farebbe a meno anche del pane e si toglierebbe
immediatamente la vita. Allora secondo l’inquisitore Cristo scendendo sulla Terra
doveva gettare le fondamenta per saldi principi da seguire durante la vita umana,
capaci di mettere in pace la coscienza. Così però non ha fatto, rilasciando la libertà,
perché proprio questa è la linea di demarcazione, a volte sottile, che permette
all’uomo di scegliere tra il bene e il male. Questa possibilità di scelta è troppo penosa,
insopportabile, getta l’anima umana in un continuo stato di angoscia, che per tutta
la vita perseguita l’esistenza umana. L’inquisitore allora gli rimprovera anche il fatto
che concedendo una tale libertà, molti uomini sono arrivati addirittura a non credere
più a Lui. Alcuni sono arrivati addirittura ad odiarlo proprio a causa di questo. Ed è
per questo che l’inquisitore e, in questo caso, la Chiesa stessa (Dostoevskji si riferisce
sempre alla corrotta cattolica chiesa di Roma) hanno ora tutto questo potere: per
potere placare gli spiriti tormentati e afflitti da questo dolore così insopportabile,
hanno sostituito il grande insegnamento dato da Cristo che è la libertà, con saldi
principi morali e dogmi, che poco o nulla hanno a che fare col messaggio originario
del figlio di Dio.
Il mistero
« Allora il diavolo lo condusse con sé nella città santa, lo depose sul pinnacolo del
tempio e gli disse: «Se sei figlio di Dio, gettati giù, poiché sta scritto: ai suoi angeli darà
ordini a tuo riguardo, ed essi ti sorreggeranno con le loro mani, poiché non abbia a
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»
urtare un sasso contro il tuo piede».
9 Matteo (4,5-6). PAGINA 8
Anche in questa seconda tentazione Cristo rifiuta il miracolo, non buttandosi giù per
dimostrare di essere il vero figlio di Dio. Per la fede libera che tanto ama, continua a
rifiutare il prodigio, anche perché capisce che se solamente avesse fatto un passo in
avanti accettando così la tentazione del diavolo, avrebbe tentato il Signore, e perso
immediatamente ogni fede in lui sfracellandosi così al suolo. Ma quanti sono gli
uomini sulla terra che avrebbero fatto la stessa cosa? I deboli esseri umani più che un
Dio cercano un miracolo a cui inchinarsi. Sempre per lo stesso motivo, Gesù in punto
di morte aveva deciso di non scendere dalla croce quando ciò gli era stato chiesto
non perché non potesse effettivamente farlo, ma perché egli vuole davvero una fede
libera, svincolata da ogni tipo di miracolo. Arrivati a questo punto l’inquisitore gli
rivolge una critica già mossa precedentemente: dal momento che ha preteso troppo
dagli uomini, e questi non sono capaci di usare ciò che Cristo ha donato loro, è venuto
solamente per i pochi eletti che lo riescono a capire? Ed è attorno a questo argomento
che si sviluppa il tema del mistero: il vecchio dice che se è così allora tutto quanto è
un mistero per loro incomprensibile. Sono significative le parole che egli stesso
rivolge al figlio di Dio: «E se è un mistero anche noi avevamo dunque il diritto di
predicare il mistero e di insegnare agli uomini che non la libera decisione dei cuori
né l’amore sono importanti, ma il mistero a cui devono assoggettarsi ciecamente,
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anche contro la propria coscienza» . Così proprio il mistero che il “prigioniero” aveva
rifiutato di utilizzare per farsi riconoscere come Dio, viene ora utilizzato
dall’inquisitore e dai suoi pari per assoggettare gli uomini, anche se questo mistero
va contro la coscienza dello stesso uomo. Ma se anche per l’uomo questa può
diventare una contraddizione o una scelta difficile, essi sono contenti di essere
guidati come in un gregge. L’inquisitore ribalta addirittura il rapporto d’amore tra
Cristo e l’uomo, domandandogli se forse non sono stati proprio lui stesso e la Chiesa
ad amare l’umanità, riconoscendo la loro impotenza, alleggerendo il loro fardello e
permettendo addirittura a loro anche il peccato.
10 Fedor Dostoevskji, I fratelli Karamazov, Dalai editore, Milano 2011. PAGINA 9
L’autorità
«Di nuovo il diavolo lo condusse con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i
regni del mondo con la loro gloria e gli disse: “Tutte queste cose io ti darò, se,
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prostrandoti, mi adorerai”».
È qui introdotto l’ultimo dei tre grandi temi presentati dall’inquisitore, ed è forse
quello che più si pone in contrasto e in polemica con la Chiesa Cattolica in quanto
istituzione umana. L’inquisitore ammette davanti a Cristo di non essere dalla sua