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L’importanza della fotografia
Tra i modi di comunicare maggiormente utilizzati dagli uomini, fin
dai tempi più lontani della preistoria, è quello delle immagini. Ma
come erano realizzate le immagini dei nostri antenati? Una serie di
trattini per dire animale, tre linee ondulate per dire mare. Questo
modo di esprimersi, nella preistoria sostituiva il linguaggio della
parola. Sono passati dei secoli da quest’epoche eppure tutt’oggi,
l’uomo moderno utilizza in modo ben più massiccio il linguaggio
delle immagini della pittura e del disegno, ma grazie a nuove
tecniche le immagini vengono riprodotte da macchine
efficacemente costruite e predisposte. Le immagini così ottenute
sono molto diverse da quelle del passato. Infatti la moderna
immagine tecnica, riproduce la realtà visibile delle cose. Invece i
segni antichi rappresentavano i contorni di un’immagine mentale.
Le immagini tecniche della nostra epoca si presentano
prevalentemente informative, ma proprio qui nasce un problema da
non sottovalutare. L'immagine fotografica è certamente informativa,
ma fino ad un certo punto. Infatti, tra la realtà che sta per essere
rappresentata e coloro che poi ne osserveranno la
rappresentazione, ci sta la fotografia, che fa vedere la realtà che
intende far conoscere l’autore in modo soggettivo. Tutto ciò dipende
dalla natura tecnica dell'immagine. Ma questi limiti informativi
aumentano in modo straordinario le capacità espressive della
Chi osserverà la foto metterà a confronto il "concetto" del soggetto
fotografato con la rappresentazione realizzata dal fotografo; e
questo confronto, evidenziando le differenze, porterà a
comprendere i motivi delle scelte operate dal fotografo, e quindi i
significati della fotografia; forse non proprio facile, ma la "colpa" è
della fotografia, di questo linguaggio un po' strano che
principalmente esprime per il "come" rappresenta e non per il
"cosa" rappresenta. In conclusione, noi crediamo di venire
informati, ma di fatto riceviamo idee. A volte, però, non
accorgendoci di riceverle, le scambiamo per informazioni e quindi
per informazioni reali. I mass media utilizzano moltissimo la
fotografia; siamo sicuri che lo fanno per "informarci" e non per
"formarci" a un modo di pensare di loro gradimento? E, ancora più
importante, siamo sicuri di non lasciarci "formare" senza neppure
rendercene conto? Queste considerazioni un po' teoriche hanno lo
scopo di farci riflettere: è arrivato il tempo in cui la fotografia non
va più considerata come un mezzo espressivo di soli valori estetici,
una specie di omaggio al concetto che tutto in fotografia deve
apparire comunque "bello": anche un bimbo che piange, una
vecchietta sulla porta di casa, un giovane costretto a chiedere
l'elemosina perché non trova lavoro; devono trovare spazio nel
campo fotografico. La fotografia è un linguaggio che abbraccia un
Ma affinché questo vasto campo espressivo risulti veramente utile
all'uomo, è indispensabile che la fotografia sia scattata,
interpretata, capita e valutata. Ci si può divertire con il computer, o
in altri modi, a cambiare le forme, i colori, le situazioni reali; e si
possono più che lodevolmente proporre immagini realizzate con la
più libera creatività e fantasia. Ma è necessario che le intenzioni
degli autori siano chiaramente portate alla conoscenza dei lettori
(anche attraverso titoli coerenti), così da rendere possibile una
lettura corretta, che eviterebbe di mettere tutto in dubbio, per
mantenere autorevolezza a un linguaggio importante, per evitare
che le informazioni contenute nella macrofotografia di un cristallo
siano scambiate per un gioco di colori, per evitare - al contrario -
che operazioni di tipo estetico su fiori o insetti siano considerate
sotto un aspetto scientifico, per evitare di attribuire valore sociale
all'immagine di un bimbo "trasportato" a mezzo computer in una
grotta desolata o tra i grattacieli di una metropoli, per evitare di
attribuire valori prevalentemente artistici all'immagine di un uomo
che muore.
Breve storia della fotografia phos)
La parola ”fotografia” deriva da due parole greche: foto ( e
(graphis).
grafia Il significato letterale di fotografia è scrittura con la
luce. La fotografia nasce dai risultati ottenuti sia nel campo
dell'ottica, con lo sviluppo della camera oscura. Essa fu realizzata
molto prima che si trovassero dei mezzi chimici per fissare
l'immagine ottica in essa prodotta; il primo ad applicarla in ambito
fotografico fu il francese Joseph Nicéphore Niépce, considerato
l'inventore della fotografia, che cercava di migliorare la tecnica
della litografia, riuscì a ottenere nel 1826 la prima immagine
fotografica stabile, applicando le conoscenze chimiche dell'epoca
alla camera oscura, strumento largamente in uso tra gli artisti.
Successivamente Daguerre approfondì le ricerche e nel 1837
ottenne una immagine stabile su una lastrina d'argento
sensibilizzata (dagherrotipo). Nel 1871 il fotografo inglese R.L.
Maddox pubblicò il processo negativo molto più sensibile e pratica
da usare. Questa tecnica aprì le porte all'industrializzazione della
Il termine “camera oscura” indica un
fotografia e alla sua diffusione di massa. Nel 1888 fu messa in
ambiente impermeabile alla luce, di
commercio la prima macchina fotografica con pellicola. Intorno agli
dimensioni variabili, al quale è
anni Trenta del 20° sec. fu introdotta la pellicola a colori.
praticato un piccolo foro. Attraverso
questo foro si proietta sulla parete
opposta l'immagine capovolta degli
oggetti che si trovano all'esterno.
La fotografia come testimonianza
La fotografia è una testimonianza del nostro tempo e come tale i
storica
suoi prodotti sono presenti nelle nostre case nella nostra società,
nei nostri archivi, nelle biblioteche e nei musei. Fatte per
documentare la realtà, sono oggi fragili e facilmente danneggiabili.
Mentre la natura dei nostri archivi può essere fuori dal nostro
controllo, il deterioramento spesso è prodotto dalla incuria
derivante dalle non corrette condizioni di conservazione. Le
riflessioni sulla fotografia come fonte storica sembrerebbero, però
negare un uso della fotografia nella didattica della storia, dal
momento che si evidenziano la complessità del documento, la
difficoltà di lettura e anche la mancanza di strumenti e
competenze. Tuttavia le finalità del lavoro didattico sono
sensibilmente diverse da quelle della ricerca. Per il ricercatore si
tratta di portare alla luce fonti, fatti e situazioni, di provarne
l’autenticità e spiegarne il meccanismo; per l’insegnante di formare
le categorie temporali, fornire strumenti di comprensione,
trasmettere un proprio giudizio del passato all’interno della quale
collocare il presente e collocarsi. Nonostante la fotografia non sia
ancora considerata un documento, essa concorre massicciamente a
illustrare la storia (nei testi di storia, soprattutto della scuola
dell’obbligo). Tale uso, ha una funzione commerciale, di rendere un
testo affascinante, ma assume anche a funzioni didattico-
Tuttavia questo aspetto viene negato o parzialmente affrontato. La
geografia, invece viene considerata una disciplina visiva, usa da
sempre l’immagine come documentazione e analisi dello spazio.
Certo, lo spazio si descrive, il tempo si narra: la storia quindi è
disciplina narrativa. È storia non solo degli avvenimenti ma dei
sistemi, dei processi, delle culture e delle mentalità, quindi delle
rappresentazioni. In questa prospettiva una considerazione
dell’immagine come documento diventa irrinunciabile. Ritengo che
la fotografia debba avere nella didattica della storia una
considerazione che vada al di là dell’illustrazione del testo. Occorre
valorizzare, accanto alle sue funzioni di stimolo e memorizzazione,
la funzione conoscitiva, quella particolare forma di conoscenza che
consiste nel mettere in diretto contatto col contenuto per introdurre
riflessioni e operazioni più mediate. Occorre abbandonare la
contrapposizione tra guardare le figure per pura curiosità e studiare
il testo scritto. Essi vanno considerati come due discorsi uniti l’uno
all’altro in maniera non meccanica ma possibilmente critica e
reciprocamente arricchente, come due forme diverse e
complementari di conoscenza.
La fotografia di guerra
I fotografi-artisti rimasero a lungo una minoranza: era diffusa l’idea
Il punto di vista e la prospettiva
Ricordate che potete andare ovunque le braccia e le gambe vi
portino ed esplorare i soggetti da punti di ripresa inusuali.
Evitate di fotografare qualsiasi cosa a livello dell’occhio;
piuttosto, accovacciatevi, arrampicatevi su di un albero,
sdraiatevi a pancia sotto, oppure sulla schiena e fotografate il
vostro soggetto mentre si scaglia contro il cielo. [...] Date
sfogo alla vostra curiosità e permettetele di elevarsi a nuove
prospettive.
“La composizione fotografica” ”Bryan Peterson”
Tratto da di
Quando vogliamo scattare una fotografia scopriamo che non tutto è
tecnica, meccanica e maneggio di attrezzature. Ci troviamo nella
difficile situazione di introdurci nel mondo soggettivo del gusto
personale. Scattare una foto non è soltanto conoscere la fotocamera
e la luce dei flash; è conoscere le regole che l'occhio umano usa per
vedere e guardare, quelle che usa per assimilare e ricordare, quelle
che usa l'uomo per osservare e fotografare.
Tutto questo dipende dal punto di vista. In effetti, ogni fotografia
comincia a svilupparsi nel momento in cui portiamo la fotocamera
agli occhi questa espressione, attualmente, con i monitor girevoli.
Il secondo passo è adattare i nostri occhi alla situazione, in altre
parole il nostro punto di vista. Non tutti i punti di vista sono uguali.
Non solo è importante, ma decisiva, la scelta della nostra posizione
rispetto a ciò che si fotografa. Il punto di vista dell’immagine si
determina partendo dal soggetto catturato dalla fotocamera,
tracciando una linea immaginaria tra questi e l’obiettivo. In questo
modo, e basandoci su questa affermazione e secondo il punto di
vista, possiamo classificare la foto in nadir, ripresa dal basso,
normale ( quello di cui la fotocamera e il soggetto stanno alla stessa
altezza), ripresa dall’alto e zenitale, dall’alto al basso. Quindi da
prospettive diverse. Come già accennato la prospettiva è il modo in
cui gli oggetti appaiono nello spazio, in relazione sia l’uno con l’altro
che con l’osservatore. Ma se il mondo è tridimensionale, le
fotografie sono bidimensionali, per cui per far apparire uno scatto il
più realista possibile c’è bisogno di imparare come modificare la
prospettiva a nostro favore.
La vista: l’occhio
Gli organi di senso tra cui l’occhio sono il vero e proprio punto di
contatto fra l'organismo e l'ambiente. L’occhio è un organo di senso
molto sviluppato che capta gli stimoli luminosi e precisamente
quella parte di luce tra il rosso e il violetto. Esso è una struttura
complessa composta da un globo oculare del diametro di circa 25
mm, che si trova ben protetto
all'interno della cavità orbitaria, formato da tre
strati concentrici di tessuto. La parte esterna,
comunemente detta bianco dell'occhio, è la
sclera. La sua superficie, esposta all'aria, possiede
un rivestimento trasparente, la congiuntiva , che
riveste la superficie interna delle palpebre, che
servono a proteggere l'occhio e ad impedirne la
disidratazione. Nella parte anteriore centrale la
sclera e la congiuntiva lasciano spazio alla cornea,
una struttura trasparente a forma di cupola.
Dietro la sclera c'è la coroide, un tessuto ricco di
vasi sanguigni che riforniscono la retina di ossigeno e
sostanze nutritizie. Nella parte anteriore la coroide si ispessisce
formando il corpo ciliare. Nella sezione anteriore del corpo ciliare si
diparte un'area circolare di fibre muscolari: l'iride. Nel centro
dell'iride c'è un foro, la pupilla attraverso cui la luce entra
Dietro la pupilla si trova una lente elastica, il cristallino,
trasparente, le cui contrazioni muscolari ne permettono
l'ispessimento o il restringimento in modo che l'occhio possa
mettere a fuoco oggetti posti a distanze diverse. Lo spazio tra la