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Introduzione
Il secolo XX, fino dai suoi inizi conosce una crisi, definita come “crisi della ragione”. Si tratta della fine di un’aspettativa, il venir meno di una richiesta rivolta alla ragione a partire dall’inizio dell’età moderna. Sparisce la certezza di un ordine assoluto e definitivo di sicurezze, costruito con l’esercizio della ragione.
Ciò che è caratteristico del periodo è l’estensione di tale atteggiamento critico anche alle forme normali di relazione sociale e personale, tutto viene investito da uno spirito di “critica”.
Pirandello sostiene che: “In certi momenti tempestosi, tutte quelle forme fittizie crollano miseramente; anche quello che non scorre oltre i limiti, che si scopre a noi distinto e che abbiamo con cura incanalato nei nostri affetti, nei doveri che ci siamo imposti, nelle abitudini che ci siamo tracciate, in certi momenti di piena straripa e sconvolge tutto” [da L’umorismo].
Facendo un’osservazione che si richiama all’etimologia greca della parola, si può dire che il Novecento sia un secolo “pirata” = provare, tentare, sperimentare, etc. oppure che si tratti di un secolo “avventuriero”, che non s’arresta mai di procedere per errori e tentativi.
Infatti, ho scelto questo titolo perché ritengo che la crisi sia un momento in cui esce fuori la verità. Con il termine crisi si intende un improvvisa modificazione, in meglio o in peggio, di stati morbosi; è uno stato di perturbazione e di difficoltà più o meno grave, che interessa un individuo, una collettività, uno stato di cose, etc.
Quando si parla di crisi si intende generalmente, un cambiamento, per lo più connotato negativamente, che genera un movimento complesso nell’entità coinvolta, e che determina l’urgenza di un immediata capacità decisionale, unita alle necessita di scegliere le modalità più appropriate per affrontare l’imprevisto.. La crisi lo si può notare in diversi punti di vista c’è la crisi economica che può essere aziendale e bancaria, la crisi intellettuale di Pirandello,e le crisi storiche (crisi del ’29, e crisi della Monarchia).
Impedimento permanente;
Scadenza del mandato;
Destituzione (a seguito di condanna per alto tradimento o attentato alla
Costituzione);
Decadenza a causa del venir meno di uno dei requisiti indispensabili per
ricoprire la carica.
In caso di impedimento permanente o di morte o di dimissioni del Presidente della
Repubblica, il presidente della Camera dei deputati indice l’elezione del nuovo
Presidente entro 15 giorni: nel frattempo, per evitare pericolosi vuoti istituzionali, il
Presidente del Senato assume il ruolo di supplente nella carica presidenziale. Nel caso
di scadenza dei 7 anni, 30 giorni prima della scadenza del mandato presidenziale, si
procede all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Al termine del mandato,
il Presidente della Repubblica uscente diventa di diritto senatore a vita.
2.5 I poteri del Presidente della Repubblica
Nei confronti del Parlamento,il Presidente della Repubblica in quanto garante del
dettato costituzionale può:
Sciogliere una o entrambe le Camere. Il potere di scioglimento risponde,
anzitutto, alla necessità di garantire il funzionamento delle istituzioni in caso di
incapacità delle Camere di dare un Governo almeno relativamente stabile al
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Paese. Il capo dello Stato prima di disporre lo scioglimento deve consultarsi
con i presidenti delle due Camere, però non può procedere allo scioglimento
“semestre bianco”;
negli ultimi sei mesi del suo mandato chiamato
Indire le elezioni delle nuove Camere e fissarne la prima riunione;
Inviare messaggi alle Camere. Il cosiddetto potere di esternazione attribuito al
Presidente della Repubblica ha la funzione di richiamare l’attenzione del
Parlamento su questioni che meritino di essere esaminate e discusse;
Indire referendum popolari, ma solo nei casi tassativamente previsti dalla
Costituzione, cioè quando lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque
consigli regionali;
Promulgare le leggi. Il Presidente della Repubblica deve promulgare la legge
entro 30 giorni dall’ultima approvazione delle Camere. La promulgazione da
parte del Capo dello Stato, che controlla che il testo approvato dai due rami del
Parlamento sia identico, l’ordine di pubblicazione e l’obbligo di osservare e di
fare osservare la legge. Ad essa segue la pubblicazione del provvedimento
sulla Gazzetta Ufficiale;
Rinviare le leggi alle Camere con messaggio motivato. Invece di promulgarla,
il Presidente della Repubblica può “restituire” la legge alle Camere per una
nuova approvazione: egli però deve motivare dettagliatamente i motivi di
questo atto, (per esempio quando tali leggi appaiano in contrasto con
prescrizioni costituzionali o con quegli interessi generali della comunità;
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nazionale). Nel caso in cui la legge venga nuovamente approvata, egli è
costretto a promulgarla;
Nominare i 5 senatori a vita scelti discrezionalmente tra cittadini che hanno
illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e
letterario.
Nei confronti del Governo, invece, il Capo dello Stato in qualità di garante della
Costituzione è titolare dei seguenti poteri:
Nomina il Presidente del Consiglio;
Autorizza la presentazione al Parlamento dei disegni di legge di iniziativa del
Governo;
Emana gli atti aventi valore di legge (decreti legge o decreti legislativi) ed i
regolamenti governativi;
Nomina i funzionari dello Stato;
Comanda le Forze armate e presiede il Consiglio supremo di difesa.
Nei confronti della Magistratura, il Capo dello Stato:
Presiede il Consiglio Superiore della Magistratura;
Può concedere la grazia e commutare le pene;
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Nomina 5 giudici della Corte Costituzionale.
Il Capo dello Stato rappresentante dell’unità nazionale
Nella veste di rappresentante dell’unità nazionale il Presidente della Repubblica è
titolare dei cosiddetti poteri onorifici in base ai quali conferisce le onorificenze della
Repubblica. Esempi di onorificenze sono: le medaglie al valore militare, ai
benemeriti della scuola, dell’arte e della cultura, ecc.
Inoltre, in quanto rappresentante dello Stato italiano nei rapporti internazionali, il
Capo dello Stato:
Accredita e riceve i rappresentanti diplomatici;
Ratifica i trattati internazionali;
Dichiara lo stato di guerra deliberato dalle Camere Nella prassi soltanto con
legge potrebbero essere conferiti al Governo i “poteri necessari” e solo
successivamente il Presidente della Repubblica potrebbe procedere alla
formale dichiarazione di guerra (che tuttavia nel nostro ordinamento, ai sensi
dell’art. 11 Cost., può solo essere guerra difensiva).
L’irresponsabilità del Presidente della Repubblica
2.6
L’istituto della dall’art. 89 Cost. che prescrive
controfirma ministeriale è sancita
l’obbligo, da parte dei Ministri proponenti, di controfirmare tutti gli atti del
Presidente della Repubblica, a pena di invalidità.
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oltre a garantire l’irresponsabilità del Capo dello Stato, svolge
Oggi la controfirma,
anche una funzione di duplice controllo:
Per gli atti sostanzialmente per gli atti sostanzialmente
presidenziali (messaggi alle governativi (decreti legge,
Camere, nomina dei 5 senatori decreti legislativi, disegni di
a vita, formazione del Governo) legge da presentare al Parlamento)
Dunque, la Costituzione, stabilendo questa sorta di controllo incrociato degli organi
costituzionali, garantisce l’operato di entrambi nel rispetto dei principi in essa
contenuti. Può, però, accadere che il Governo non controfirmi un atto
sostanzialmente presidenziale o viceversa che il Presidente non controfirmi un atto
sostanzialmente governativo. Si configura in questi casi il cosiddetto conflitto di
attribuzione da rimettersi all’insindacabile giudizio della Corte costituzionale.
La responsabilità civile e penale del Presidente della Repubblica
della Repubblica non è responsabile per gli atti compiuti nell’esercizio
Il Presidente
delle sue funzioni. Egli però, può essere riconosciuto responsabile per alto tradimento
In questi casi è messo in stato d’accusa dal
o per attentato alla Costituzione. 12
Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri. Il giudizio
nei confronti del Capo dello Stato si svolge dinanzi alla Corte Costituzionale, la quale
si riunisce in una composizione speciale: 15 giudici costituzionali affiancati da 16
cittadini estratti a sorte da un elenco compilato ogni 9 anni dal Parlamento.
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3. SCIENZE DELLE FINANZE
CRISI DEL WALL STREET
Gli Stati Uniti d’America, dopo aver partecipato alla prima guerra mondiale, oltre a
esportare i loro prodotti agricoli e industriali in Europa, avevano anche aiutato le
industrie delle nazioni europee a risollevarsi dalla crisi del dopoguerra investendo
grandi somme di danaro. La produzione industriale e agricola degli Stati Uniti aveva
avuto così un fortissimo incremento, fino a toccare punte di grande prosperità e
benessere.
Anche le economie europee, fin dal 1925, avevano dato segnali di ripresa: la
produzione industriale e agricola stava tornando ai livelli dell’anteguerra. Durante
questo periodo di forte crescita economica si era diffusa in America una grande
fiducia, e tutto lasciava credere che la macchina produttiva americana non si sarebbe
arrestata e che la ricchezza fosse facilmente a portata di mano.
Questo diffuso ottimismo si manifestò soprattutto in borsa, un luogo in cui vengono
acquistate e vendute azioni, cioè piccole quote che rappresentano il capitale di una
società. Tra il 1925 e il 1928 il valore delle azioni scambiate a Wall Street, la borsa di
New York, salì vertiginosamente. I risparmiatori e gli imprenditori confidavano sul
fatto che le azioni, acquistate a un certo prezzo, potessero fruttare ingenti guadagni se
rivendute a distanza di tempo per un valore superiore a quello di acquisto.
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Gli Stati Uniti producono troppo: il 1929 è l’anno della grande crisi
Nell’ottobre 1929, improvvisamente, avvenne il crollo. Infatti la produzione era
talmente aumentata che non trovava più, né in Europa né in America, tanti acquirenti
quanti ne sarebbero stati necessari. Si verificò dunque un forte squilibrio tra la
produzione e i consumi: di conseguenza, i prodotti restarono invenduti nei depositi.
Le industrie non riuscivano più a vendere e molte di esse fallirono, perché i
proprietari non erano più in grado di restituire alle banche i soldi avuti in prestito per
potenziare le loro industrie; allo stesso modo gli agricoltori non riuscirono a restituire
i prestiti avuti per comperare le macchine agricole che avevano permesso loro di
aumentare la produttività delle terre. Con gli industriali e gli agricoltori fallirono
anche numerose banche, che avevano concesso loro danaro in prestito.
Hoover si dimostra incapace ad affrontare l’ondata di crisi
Il presidente
L’ondata di crisi travolse anche la borsa. L’improvviso crollo dell’economia indusse
gli investitori a rivendere al più presto le azioni comperate. In pochi giorni a Wall
Street non c’era più nessuno disposto ad acquistare. Il valore dei titoli si ridusse
drasticamente, mandando sul lastrico tutti coloro che avevano impegnato i loro
risparmi e i loro capitali in operazioni di borsa. Alla perdita di denaro, in molti casi, si
aggiunse quella del posto di lavoro: molte imprese, infatti, furono costrette a chiudere
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i battenti e a mandare a casa i loro dipendenti. Negli USA, nella fase più acuta della
depressione, si contarono circa 13 milioni di disoccupati e si registrarono numerosi
suicidi. Nella sola giornata del 24 ottobre, il drammatico "giovedì nero" in cui crollò
Wall Street, si tolsero la vita ben 11 persone.
Il presidente degli Stati Uniti, il repubblicano Hoover, negò sussidi alla massa dei
disoccupati e ritenne che, per superare la crisi, fosse necessario piuttosto concedere
aiuti agli imprenditori e ridurre le spese dello Stato. Questi rimedi non riuscirono a
far fronte alla situazione critica di quegli anni e diffusero nella popolazione
americana sconforto e sfiducia. Si giunse così alle elezioni presidenziali del 1932, che
registrarono la sconfitta di Hoover e la vittoria del candidato democratico, Franklin
Delano Roosevelt.
Il New Deal di Franklin Delano Roosevelt
Franklin Delano Roosevelt (1882- 1945) fu un uomo politico di grande rilievo e
fascino e ben accetto alle masse popolari. Egli era convinto che per ridare impulso
all’attività produttiva e per rimuovere le cause della crisi occorreva ridare fiducia alla
società americana. Dopo essere stato eletto presidente degli Stati Uniti, attuò un vasto
programma economico, chiamato New Deal, con un termine preso dal gergo dei
giocatori di carte che significa "la nuova mano", "il nuovo gioco". Tale progetto
prevedeva l’intervento dello Stato per il risanamento della situazione economica. Tale
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intervento si concretizzò in stanziamenti e finanziamenti per realizzare numerose
opere pubbliche. Tra queste la costruzione di strade e la creazione di un sistema di
dighe sul fiume Tennesse per impedire le inondazioni, migliorare la navigazione e
produrre energia elettrica a bassi costi.
Nel settore agricolo si anticiparono capitali agli agricoltori e si favorì la riduzione
delle aree coltivate per evitare una produzione eccessiva rispetto alle richieste del
mercato. Nel settore industriale fu dato impulso alla produzione con varie commesse
da parte dello Stato. Nel settore del lavoro si concessero sovvenzioni ai disoccupati,
pensioni d’anzianità, misure di assistenza per madri e bambini. Inoltre fu fissata una
base minima di salario sotto la quale non era consentito scendere. Questi incentivi si
proponevano di infondere fiducia nei cittadini e di stimolare una ripresa dei consumi
e degli acquisti.
Nel 1934 inizia la ripresa economica degli USA
In poco tempo i benefici effetti del New Deal si fecero sentire in tutto il Paese; la
situazione economica cominciò a migliorare dalla fine del 1934. La crisi americana
del 1929 mise in risalto il nuovo e deciso ruolo dello Stato nell’economia.
Questo intervento dello Stato in economia costituì un evento eccezionale. Fino ad