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FABIO CARACCIOLO 25 giugno 2009
L’AERONAUTICA NEL SECONDO
CONFLITTO MONDIALE
La seconda guerra mondiale fu prevalentemente una guerra aerea.
Durante il primo anno di conflitto, la supremazia aerea della Luftwaffe
sull’Europa continentale non fu mai seriamente messa in discussione.
L’aeronautica francese, per quanto dotata di velivoli moderni in
numero ragionevole, fu neutralizzata anche per mancanza di
comunicazioni e di strategia.
I tentativi tedeschi di acquisire la supremazia aerea sulla Gran
Bretagna, in vista di una successiva invasione militare, iniziarono con
attacchi alle navi nel canale della Manica, nel luglio 1940, seguiti da
raid aerei sulle installazioni costiere della Royal Air Force e
bombardamenti diurni e notturni su Londra e altre città britanniche;
tuttavia, gli sforzi della Germania nazista naufragarono contro la
strenua difesa dell’aeronautica britannica.
Nella cosiddetta battaglia d’Inghilterra, l’impiego dei solidi Hawker
Hurricane e dei veloci Spitfire fu decisivo. Inoltre, i piloti della RAF
sfruttarono abilmente la vicinanza delle proprie basi aeree, mentre
quelli della Luftwaffe furono costretti a una continua spola tra i cieli
dell’Inghilterra e le basi in Francia e in Belgio. Gli inglesi Stirling,
Halifax e Lancaster, tre nuovi quadrimotori, erano poveri della
tecnologia dei dispositivi di puntamento e di navigazione.
Particolarmente vulnerabili furono i bombardieri tedeschi Heinkel He
111, Junkers Ju 88 e Dornier Do 17, dotati di motori a raffreddamento
liquido, relativamente lenti e muniti di armi difensive in numero
insufficiente e calibro inadeguato.
Di fondamentale importanza fu la rete che collegava le
stazioni radar con i centri di comando, permettendo di seguire la
posizione degli aerei tedeschi e di dirigere verso di essi, via radio, i
caccia britannici: l’elettronica cominciava a emergere come fattore di
primaria importanza nella guerra aerea.
La Regia aeronautica italiana, forte numericamente, era invece
gravemente limitata dal punto di vista qualitativo: i biplani da caccia
FIAT CR.32 Freccia e FIAT CR.42 Falco erano macchine robuste e
maneggevoli, ma non paragonabili ai mezzi nemici, e il bombardiere
trimotore SAI-Marchetti S. 79, ottenuto da un prototipo civile da
competizione, era difficilmente perfezionabile. Mancavano, al
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contempo, apparecchiature radio moderne ed efficienti. Il caccia
Aermacchi C.202 Folgore, entrato in servizio nel giugno 1941,
rappresentò un netto salto di qualità nei mezzi a disposizione dei
reparti italiani; agile, veloce e maneggevole, era dotato di un motore
tedesco Daimler-Benz costruito su licenza dell’Alfa Romeo ed era
equipaggiato con armamenti di discreta qualità. Nel 1943 furono
introdotti una nuova serie di caccia dalle elevate prestazioni ma in
quantità limitati: l’Aermacchi C.205V Veltro, il FIAT G.55 Centauro e il
Reggiane RE 2005 Sagittario. Molti dei migliori piloti italiani, inoltre,
erano già caduti in combattimento.
L’aviazione dell’esercito statunitense (USAAF) iniziò nel 1943 una
campagna diurna di bombardamenti di precisione sulla Germania, da
basi britanniche, con i Boeing B-17 Flying Fortress e i Consolidated B-
24 Liberator, dotati dei nuovi sistemi di puntamento Norden. Questi
quadrimotori, sebbene fossero ben armati e dotati di corazzatura,
subirono gravissime perdite.
L’entrata in scena del North American P-51 Mustang, aereo da caccia a
lungo raggio per la scorta ai bombardieri, volse a favore degli Stati
Uniti le grandi battaglie aeree diurne nei cieli della Germania.
Anche la forza aerea tattica svolse un ruolo di primaria importanza. Le
forze aeree alleate, dotate di versioni costantemente migliorate dello
Spitfire, del velocissimo P-51 Mustang e di eccellenti
cacciabombardieri, come lo Hawker Typhoon e il P-47 Thunderbolt,
sconfissero l’aviazione tedesca nei cieli della Normandia prima che
avesse inizio lo sbarco del D-Day, il 6 giugno 1944, conservando la
superiorità aerea fino al termine del conflitto. Bombardieri come il
Martin B-26 Marauder e caccia adattati per l’attacco al suolo colpivano
le posizioni difensive tedesche per aprire la strada all’avanzata degli
alleati.
Nel Pacifico era andato sviluppandosi un tipo completamente diverso
di guerra aerea, la cui dipendenza dalle portaerei avrebbe dato una
nuova fisionomia alla strategia militare navale e aerea per il resto del
secolo. Il Giappone, che era entrato in guerra con il più avanzato
aerosilurante, il Nakajima B5N2, e con il caccia a grande autonomia
Mitsubishi A6M2 Reisen, il cosiddetto “Zero”, aveva dato inizio alle
ostilità con attacchi aerei a Pearl Harbor, nelle Hawaii, e ad altre basi
statunitensi e britanniche nel Pacifico, il 7 e 8 dicembre 1941. Il vero
punto di svolta della guerra nel Pacifico si ebbe il 4 giugno 1942,
quando bombardieri imbarcati statunitensi affondarono quattro
portaerei giapponesi (Akagi, Hiryu, Kaga e Soryu) e l’incrociatore
pesante Mikuma a nord-ovest delle isole Midway.
Nel 1943 la comparsa dei Grumman F6F Hellcat e degli Chance Vought
F4U Corsair aveva imposto il predominio statunitense sui cieli. L’anno
seguente i bombardieri Boeing B-29 Superfortress cominciarono ad
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attaccare obiettivi in Giappone. Quando i bombardamenti di
precisione da alta quota non diedero i risultati voluti, i B-29 furono
inviati in missioni notturne a quota più bassa per effettuare raid
incendiari simili a quelli sperimentati dalla RAF in Germania. I risultati
furono devastanti: oltre 83.000 abitanti di Tokyo persero la vita in un
singolo attacco condotto la notte del 10 marzo 1945. Pochi mesi dopo,
i B-29 sganciarono sulle città di Hiroshima e Nagasaki le due bombe
atomiche che provocarono la resa incondizionata del Giappone,
firmata il 2 settembre 1945.
L’AERONAUTICA MILITARE
ITALIANA
In Italia, l’aeronautica militare come forza autonoma fu fondata nel
1923, con la costituzione della Regia Aeronautica. La storia
dell’aviazione militare era tuttavia iniziata qualche decennio prima –
precisamente nel 1884, quando venne creato un Servizio aeronautico,
diventato l’anno successivo Sezione aerostatica del 30° Reggimento
del Genio – e aveva avuto degli importanti sviluppi agli inizi del XX
secolo, con la costituzione di una Scuola militare di aviazione nel 1910
e soprattutto con la partecipazione alla guerra italo-turca. Nello
stesso periodo in Italia sorsero le prime case costruttrici di velivoli,
che posero le basi per il successivo sviluppo dell’industria
aeronautica.
All’inizio della prima guerra mondiale l’aviazione fu utilizzata
soprattutto per voli di ricognizione e di sostegno alle forze di
superficie, a causa della difficoltà di fornire gli aerei di un adeguato
armamento, e più di rado in operazioni offensive. Verso la fine della
guerra, con la comparsa di velivoli da bombardamento, l’impegno
dell’aviazione divenne più rilevante e rivestì una grande importanza
nelle ultime offensive, durante le quali incalzarono efficacemente
l’esercito austriaco in rotta.
Meglio equipaggiate e addestrate, le truppe aeree italiane furono
invece determinanti nel 1935 per vincere la resistenza etiopica
(vedi Guerra d’Etiopia), ed ebbero un significativo ruolo nella guerra
civile spagnola, nella quale la Regia Aeronautica intervenne a
sostegno delle truppe guidate da Francisco Franco.
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Nella seconda guerra mondiale, l’impreparazione generale delle forze
armate italiane non risparmiò l’aviazione, fornita agli inizi di soli
tremila velivoli in buona parte inefficienti. Impegnata su un fronte che
andava dall’Africa, alla Russia, ai Balcani, l’aviazione italiana operò
costantemente in disagiate condizioni materiali e fu spesso costretta
a soccombere alla superiorità numerica e tecnologica delle forze
avversarie; riorganizzata con i pochi aerei superstiti dopo l’armistizio
dell’8 settembre 1943, continuò a combattere accanto agli Alleati,
soprattutto nei Balcani, dove venne impegnata in azioni contro le
truppe tedesche e in voli di rifornimento delle truppe partigiane.
Diventata Aeronautica Militare in seguito all’avvento della repubblica
nel 1946, l’aviazione italiana è andata progressivamente
ricostituendosi e sviluppandosi.
LA SECONDA GUERRA
MONDIALE
All'inizio della seconda guerra mondiale, la fulminea conquista
tedesca della Polonia (1939) e la sconfitta di Danimarca, Norvegia,
Olanda, Belgio e Francia (1940) furono in gran parte merito
della Luftwaffe. L'aviazione tedesca fu però battuta dalla RAF
nella battaglia d'Inghilterra (1940-41), nella quale si ebbero, per la
prima volta nella storia, scontri esclusivamente aerei. Il violento
attacco giapponese alle basi statunitensi di Pearl Harbor e delle
Filippine nel dicembre 1941 fu condotto da forze aeronavali e portò
alla distruzione di gran parte degli aerei da combattimento
statunitensi dislocati nell'area del Pacifico.
Nelle battaglie aeree europee l'aeronautica si affermò come sistema
integrato in cui avevano grande importanza i radar e la cooperazione
fra ricognitori e bombardieri. Durante il conflitto, le aviazioni dei
diversi paesi operarono su tutti i fronti e spesso in stretto contatto
con le forze di terra e di mare. Esclusivamente aeree furono invece le
missioni tedesche sulle città inglesi nei primi due anni di conflitto e
poi quelle alleate contro le città tedesche e dell'Italia del Nord.
Nel 1944, durante la campagna di Normandia, la superiorità aerea
alleata consentì solo sporadiche sortite alla Luftwaffe. Le innovazioni
tedesche dell'ultimo periodo del conflitto indicarono comunque, in
modo molto preciso, il futuro della guerra aerea: il loro V-1,
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primo missile da crociera in grado di trasportare una testata bellica
fino a 850 kg, fu impiegato a partire dal 1944 contro obiettivi
britannici, mentre i V-2, primi missili balistici con testata da 910 kg,
vennero lanciati per la prima volta nel settembre del 1944. Sempre i
tedeschi, nell’autunno dello stesso anno, schierarono anche i primi
caccia a reazione, i Messerschmitt Me 262 Schwalbe, che diedero
ottimi risultati contro le formazioni dei bombardieri alleati, senza
tuttavia incidere sulle sorti del conflitto.
Nel Pacifico, la grande battaglia delle Midway (1942) e quelle per le
isole Gilbert (1943), Marshall e Marianne (1944) dimostrarono la
superiorità aerea statunitense. Le isole Marianne fornirono basi aeree
per l’attacco diretto del Giappone metropolitano. Dal 1944, l'uso da
parte dell’aviazione statunitense dei bombardieri quadrimotori Boeing
B-29 Superfortress colse impreparati i giapponesi, che nel marzo del
1945 subirono un devastante attacco incendiario su Tokyo, seguito il 6
agosto dal lancio della prima bomba atomica su Hiroshima, effettuato
Enola Gay.
dal B-29 soprannominato
IL SECONDO
DOPOGUERRA
All'inizio della guerra di Corea (1950-1953) gli Stati Uniti disponevano
per lo più di velivoli a elica, presto soppiantati da jet come i caccia
North American F-86 Sabre che contrastarono i MiG-15 di
fabbricazione sovietica nei primi combattimenti aerei tra apparecchi a
reazione. Nel 1954, il principio statunitense della rappresaglia
(massive retaliation)
pesante contro ogni tentativo di espansione
comunista fece pensare a futuri conflitti tra le superpotenze non più
limitati a scontri locali, ma con possibili interventi anche sul territorio
nemico.
Verso la metà degli anni Cinquanta la tecnologia missilistica era in
grado di produrre vettori superficie-aria, superficie-superficie, aria-
aria e aria-superficie, e le maggiori potenze disponevano
di sottomarini in grado di lanciare missili a grandi distanze. Nelle
strategie militari di questo periodo, i caccia da combattimento erano
concepiti principalmente per intercettare i grandi bombardieri