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Introduzione Miniere di Sardegna - Tesina
Questa tesina di terza media descrive la storia delle miniere di Sardegna. La tesina permette i seguenti collegamenti con le seguenti materie scolastiche: in Storia la storia mineraria della sardegna, il fascismo, in Geografia le aree minerarie della Sardegna, in Italiano testimonianza di un minatore, in Scienze le miniere e in Tecnologia le tecniche e strumenti di estrazione dei minerali.
Collegamenti
Miniere di Sardegna - Tesina
Storia - Storia mineraria della sardegna, Fascismo.
Geografia - Aree minerarie della Sardegna.
Italiano - Testimonianza.
Scienze - Le miniere.
Tecnologia - Tecniche e strumenti di estrazione dei minerali.
TESTIMONIANZA DI UN
MINATORE
3 Nome: Mario Cognome: Meloni Età: 89
Nato a: San Giovanni Miniera il 1/12/1926
A San Giovanni c’erano 16 famiglie, disposte lungo
un’unica strada, tutte in fila. C’era un forno dove a turno
si cuoceva il pane. Nella mia famiglia eravamo in 6 figli: 5
maschi e una donna. Mio padre, pur non avendo studiato,
si occupava di chimica, verificando se i materiali fossero
idonei. Purtroppo, morì in un incidente quando io avevo
solo 17 anni. Da lì in poi, essendo il figlio maggiore, mi
occupavo della mia famiglia. Mi ricordo che, prima di
andare a lavoro, andavo all’ovile a prendere il latte per i
miei fratelli. La vita in quel periodo era difficile e non
avevamo scarpe, infatti ricordo che ho avuto le mie
scarpe quando iniziai a lavorare, me le comprò mio
padre. Ho frequentato la scuola fino alla 5°elementare.
LA MIA VITA IN MINIERA
4 Quando iniziai a lavorare in miniera, il 7/2/1942, avevo solo 15
anni. Trovare un posto di lavoro, per me è stata una fortuna,
Entrai a lavorare al posto di un ragazzo che si fece male a una
gamba. Questa cosa mi colpì molto perché la gamba le andò
in cancrena e gliela dovettero amputare. Mi dispiacque molto.
La miniera, da casa mia, non era molto distante, mi alzavo
alle 6 del mattino, si lavorava dal lunedì al sabato, anche se io
andavo anche la domenica, per ricevere qualche soldo in più.
All’inizio lavoravo dalle 8 del mattino alle 3 di sera. Quando
iniziava il turno lavorativo, suonava una sirena fortissima, il
cui suono mi sembra di sentirlo ancora. All’inizio andavo a
piedi, poi nel 1948, la società, ci diede la possibilità di pagare
una bicicletta a rate. La società per cui lavoravo si chiamava
Piombo-Zincifera Sarda. Devo riconoscere che erano brave
persone.
DOCUMENTI DI ASSUNZIONE
5 LA MIA VITA IN MINIERA
6 La mia mansione era principalmente il tubista.
Cambiavo i tubi dove passava l’acqua, che serviva
per alimentare la laveria. In miniera non facevi
un’unica professione ma dovevi essere pronto a
qualsiasi mansione, anche lavoro di squadra a
seconda. C’era un caposquadra, un sorvegliante,
che passava a controllare se svolgevi la giusta
mansione (nel caso contrario lo scontavano dallo
stipendio). Il mio primo stipendio era di 7 lire. Se ti
assentavi, dovevi recuperare le ore lavorative. Io
avevo 6 giorni all’anno di ferie e, per le feste,
potevo scegliere se lavorare, venendo pagato, o no.
Le categorie dei minatori erano: tubisti, galleristi,
tornisti e addetti all’esplosivo.
DOCUMENTI
7 DOCUMENTO CHE INDICA LA PAGA (ERA IL LIBRETTO
DI 7.25) PERSONALE
LA MIA VITA IN MINIERA
8 Non avevo molti attrezzi da lavoro, utilizzavo soprattutto
un piccone, ricordo che ogni volta che davo il colpo,
dovevo girare l’arnese per fare un lavoro preciso. Di
sicuro, non avevamo le scarpe antinfortunistiche che si
usano oggi, neanche il casco con la luce o le
mascherine, che spesso si vedono in televisione. Per
fare luce, si utilizzavano delle lanterne a carbone che io
non sopportavo perché mi sono bruciato spesso le dita.
Davano una dose di carbone a ciascuno e doveva
bastare per tutte le 8 ore lavorative
Il mio lavoro si svolgeva prevalentemente in superficie,
era più semplice rispetto ai galleristi che lavoravano nel
sottosuolo, facendosi strada con gli attrezzi manuali,
finché, nel 1947, arrivò l’esplosivo, che semplificò il
lavoro.
LA MIA VITA IN MINIERA
9 In miniera, lavoravano anche le donne, esattamente
in laveria, ma quando arrivò Mussolini (nel 1922) le
mandò via, perché secondo lui, si dovevano
occupare della famiglia, infatti ricordo che le
famiglie numerose ricevevano dei premi. Un’altra
cosa che mi ricordo di Mussolini, è che dava la
possibilità di lavorare perché dava una quota di
grano iniziale, in modo che ogni famiglia avesse la
possibilità di avere un sostentamento, poi dopo 3
anni, dovevano restituire la quantità iniziale che gli
era stata affidata. Ricordo che un giorno, a
sorpresa, passò a trovarci senza avviso. Non avvisò
per evitare di portare appresso la scorta e un flusso
di gente che ci avrebbe distratto.
LA MIA VITA IN MINIERA
10 In quei tempi, non esistevano i sindacati per tutelare
i lavoratori. Nel 1904 ci fu una nuova legge, in
seguito a degli scioperi, perché stavano morendo
troppe persone per il troppo lavoro. Inoltre
l’alimentazione era povera, si mangiava soprattutto
pane, cicoria, lumache e tutto quello che offriva la
natura. Esisteva comunque lo “spaccio dei
minatori”, che dava la possibilità di acquistare degli
alimenti, il cui costo veniva scontato dallo stipendio.
Comunque eravamo trattati abbastanza bene dai
proprietari, a differenza della miniera di Seruci, o in
qualunque miniera di carbone dove mi hanno
sempre detto che si lavorava male e si era trattati
male.
LA MIA VITA IN MINIERA
11 Negli anni 50 ho conosciuto mia moglie, Rosa
Atzeni, originaria di Arbus, la quale andò a lavorare
da ragazza come bambinaia a casa del direttore
della miniera di Ingurtosu. Il direttore era stato
trasferito a San Giovanni Miniera e lì la conobbi.
Ricordo che il direttore si chiamava ingegnere
Stefani. Nel 1952 ci siamo sposati e siamo andati a
vivere a Gonnesa. In quei tempi il paese di
Gonnesa si stava formando, vendevano i terreni a
un prezzo basso e molti di noi minatori andammo a
vivere lì. Anche una volta sposato raggiungevo,
sempre in bicicletta, la miniera, passando per
sentieri di montagna. Il tragitto era lungo 6km.
LA MIA VITA IN MINIERA
12 Oggi posso dire di essere stato fortunato a lavorare in
miniera, l’unica risorsa lavorativa di quei tempi (ricordo
che lavorava con me anche il sindaco di Villamassargia)
perché, seppur pesante e faticoso, mi ha dato la
possibilità di poter costruire una casa, che era il mio
desiderio più grande, e di crescere i miei quattro figli.
Economicamente ricevevo uno stipendio buono. In più,
per le festività, in particolare della Befana, la società
faceva recapitare dei regali ai figli dei minatori e, durante
il periodo estivo, esisteva la colonia (sempre per i figli dei
minatori), a Carloforte, esattamente nella ex tonnara.
LA MINIERA DI SAN
GIOVANNI
LA MIA VITA IN MINIERA
13 I francesi, proprietari della miniera, puntavano sulla
produzione, infatti, davano dei premi a chi lavorava di
più. Io l’ho ricevuto e ne vado fiero. Ai 35 anni di
carriera lavorativa mi hanno dato un premio fedeltà
che consisteva in due stipendi in più.
Nel 1962, per ottenere i diritti dei lavoratori, ci fu uno
sciopero importante che durò 70 giorni. Occupammo
la miniera, lasciando le nostre famiglie da sole, le
quali venivano aiutate dalla popolazione, portando
loro il cibo. Posso dire che lo sciopero è servito perché
ci portò tanti diritti, tra cui, avere la possibilità di
ottenere le medicine gratis e la possibilità di astenersi
da lavoro per motivi di salute. Queste cose prima,
venivano scontate dalla busta paga.
PREMI
14 IL PREMIO PER I 20 ANNI DI IL PREMIO PER I 35 ANNI DI
LAVORO LAVORO
LA MIA VITA IN MINIERA
15 In quel tempo, si ammalava molta gente di
silicosi, a causa delle polveri fini che si
respiravano. Facevano una puntura sul palmo
della mano per verificare se era presente la
malattia. Nel caso, davano la pensione solo a chi
lavorava nel sottosuolo. Il ricordo più brutto era il
luogo dove lavoravamo. Avevo paura di quando si
allagava a 365 metri sotto il livello del mare
perché nel caso bisognava correre per poter
uscire dalla miniera.
Il mio ultimo giorno di lavoro è stato il 31/3/1980.
La cosa che mi dispiace di più è che le
generazioni future non hanno avuto la mia stessa
CURIOSITÀ
16 Mio nonno, oltre a raccontarmi la sua bellissima
storia, mi ha raccontato alcune piccole curiosità
sulle miniere:
Le montagne rosse vicino a Monteponi si sono
formate con gli scarti depositati nel tempo.
La protettrice dei minatori è Santa Barbara.
Nella miniera di Monteponi si è estratto sempre
piombo.
STORIA
17 Arnesi ritrovati nel Sulcis
La storia mineraria sarda ha inizio intorno al 6000 a.C.
con l’estrazione dell’ossidiana alle pendici del Monte Arci.
Alla metà del VI secolo i fenici e i cartaginesi sfruttarono
le risorse minerarie della Sardegna, soprattutto
nell’Iglesiente.
Nel 238 a.C. la Sardegna è dominata dai Romani. Sotto
questo dominio, la Sardegna diventò la terza provincia
romana per quantità di metalli prodotti. I principali metalli
erano il piombo e l’argento. Inoltre i romani non si
limitarono al bacino dell’iglesiente, ma sfruttarono anche
la regione del Sarrabus. Alla fine dell’epoca romana la
produzione crollò notevolmente e molti giacimenti furono
dimenticati.
STORIA
18 Con le Repubbliche marinare riprese
l’interesse per le miniere sarde. Infatti nel
1200 la manodopera del Sulcis era quasi
tutta impegnata nell’attività mineraria. Con
la dominazione spagnola ci fu di nuovo una
decadenza dell’attività mineraria.
Con l’arrivo dei Piemontesi riprese
nuovamente l’attività mineraria. Le
concessioni passarono al conte Mandel che
portò, con il suo sistema, un ulteriore
sviluppo. Dopo la morte di Mandel, il
controllo delle miniere fu affidato a Mameli,
che migliorò le condizioni della miniera di
Monteponi e chiarì che lo Stato possedeva il Miniera di
sottosuolo di ogni terreno e i privati Monteponi
possedevano il suolo. Queste nuove
condizioni diedero uno slancio alle attività
minerarie che si svilupparono ulteriormente.
STORIA
19 Durante l’800 le materie prime erano sempre più richieste,
tanto che vennero utilizzate anche le discariche minerarie.
Vennero costruite ulteriori miniere e fonderie e la
produzione di piombo e zinco era pari al 10% della
produzione mondiale. Vennero scoperti nuovi giacimenti e
nacquero nuove città. Un esempio è Buggerru che in poco
tempo raggiunse i 6000 abitanti. A contribuire allo
sviluppo minerario furono le nuove tecnologie: esplosivo e
energia elettrica per dirne alcune. Lavoratori di fine
800
La Miniera di
Montevecchio,
costruita nell’800
STORIA
20 Il Novecento inizia con gli scioperi nelle
miniere. Infatti tra il 1901-1903 si svolsero più
scioperi che tra il 1800 e il 1900. Lo sciopero
più grande fu quello di Montevecchio del
1903 a cui parteciparono 1500 lavoratori, di
cui 18 vennero arrestati. Protestarono per
portare a otto le ore lavorative. Questi
scioperi venivano repressi spesso con la forza,
come nel caso dell’Eccidio di Buggerru nel
1904, in cui morirono quattro operai.
Con la crisi del 1929 ci fu un calo delle
produzioni e molte miniere chiusero, ma il
Officina di Monteponi governo fascista continuò a sviluppare
infrastrutture e produzioni; così nacquero
nuovi impianti come la Miniera di Serbariu e
la successiva città di Carbonia, inaugurata il
18 dicembre 1938 da Mussolini stesso.