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Sintesi

Introduzione Back to Black, tesina



Questa tesina di terza media parla della storia dei neri. La tesina permette anche i seguenti collegamenti: in geografia Africa, Sudafrica, Nelson Mandela, in storia la storia dei neri dalla scoperta dell'America ai giorni nostri, in scienze l'AIDS, in italiano il decadentismo e in musica spirituals, gospel e jazz.

Collegamenti


Back to Black, tesina



Geografia: Africa, Sudafrica, Nelson Mandela.
Storia: La storia dei neri dalla scoperta dell'America ai giorni nostri.
Scienze: Aids
Italiano: Il decadentismo.
Musica: Spirituals, Gospel, Jazz.
Estratto del documento

Fin dal Medioevo gli Arabi commerciavano in schiavi africani, che erano destinati

all’esercito o agli harem dell’impero ottomano. Fra

gli Europei, i primi mercanti di schiavi neri furono

i Portoghesi, presto seguiti da tutti i paesi che

avevano colonie in America. Gli schiavi erano

impegnati soprattutto nel massacrante lavoro

delle miniere e delle piantagioni (di tabacco, canna

da zucchero, cacao, caffè, cotone).

In un primo momento i coloni provarono a servirsi

delle popolazioni indigene dell’America, ma gli

Indios erano pochi, indeboliti dalla fame e dalle

malattie, e non resistevano alla fatica. Furono

impiegati anche degli europei, soprattutto criminali condannati al lavoro forzato, ma

anche adulti e bambini rapiti. Il loro numero, tuttavia, rimaneva sempre insufficiente.

La manodopera nera invece non solo resisteva ai climi caldi, ma costava poco e

sembrava inesauribile.

Questo determinò lo sviluppo del cosiddetto “commercio triangolare”, in quanto i traffici

avvenivano lungo una rotta a forma di triangolo. Le navi partivano dall’ Europa cariche di

prodotti artigianali, che nei porti africani venivano scambiati con gli schiavi; con parte del

ricavato dalla vendita dei neri, i negrieri riempivano le stive di zucchero, tabacco, spezie

ed altri prodotti, poi tornavano in Europa, dove vendevano le merci facendo guadagni da

capogiro.

All’inizio gli schiavi erano catturati dagli stessi negrieri, che circondavano di sorpresa i

loro villaggi e tendevano reti nelle foreste per intrappolarli, proprio come se fossero stati

animali.

Successivamente, quando la richiesta di schiavi divenne più pressante, alcuni re africani

accettarono di collaborare con gli Europei, organizzando razzie o guerre contro le altre

tribù per procurare prigionieri. 4

Dai luoghi di cattura all’interno del continente gli schiavi venivano incolonnati verso i

porti d’imbarco. Vi

giungevano in lunghe file,

a volte dopo mesi di

cammino, stretti l’uno

all’altro da collari chiusi

intorno al collo. Chi non

resisteva alla lunga marcia

veniva abbandonato o

lasciato morire. Prima

dell'imbarco gli schiavi

erano marchiati con un

ferro rovente e battezzati

con una frettolosa

cerimonia.

Iniziava poi il tormentoso viaggio verso l'America su navi stipate fino all'inverosimile,

dove gli schiavi venivano ammassati in locali non più alti di un metro e mezzo, quasi privi

di aria e luce. Qui, nudi e incatenati a due a due, avendo a disposizione uno spazio di non

più di cinquanta centimetri ciascuno, compivano traversate che potevano durare anche

due o tre mesi.

Naturalmente, la mortalità era altissima. Molti si ammalavano e morivano per il

sudiciume, per la facilità di contagio, per malattie come la dissenteria, lo scorbuto,

l’influenza e per l'alimentazione inadatta: alcuni, spinti dalla disperazione, si suicidavano;

quelli che sopravvivevano venivano lavati, rasati, lucidati con olio perché facessero bella

figura e venduti all'asta al mercato. Li attendeva nelle piantagioni e nelle miniere una vita

durissima e logorante, a cui si aggiungeva, spesso, la ferocia di padroni disumani. Nelle

piantagioni di canna da zucchero uno schiavo riusciva a sopravvivere in media non più di

dieci anni; ancora meno se lavorava nelle miniere.

Non sappiamo con certezza quanti schiavi neri siano stati portati in America nei tre,

quattro secoli in cui si praticò la tratta. Furono certamente molti milioni, almeno dieci

(ma alcuni storici calcolano cifre assai più alte).

Per l'Africa la tratta significò un'enorme catastrofe. I negrieri sceglievano di preferenza

uomini e donne forti e sani, ancora in età da potersi riprodurre. A causa del loro forzato

trasferimento, famiglie e villaggi furono distrutti, intere regioni si spopolarono e lo

sviluppo dell'Africa fu interrotto, con conseguenze che pesano ancora oggi sull'economia

del continente. 5

Gli europei, invece, trassero dal commercio e dalla colonizzazione grandi vantaggi

economici e l'errata convinzione di essere superiori ad ogni altra razza, soprattutto a

quella nera.

La terribile condizione a cui gli schiavi erano costretti, nelle navi

Gli schiavi africani non erano considerati come persone e non avevano alcun diritto

giuridico, esattamente come avveniva secoli prima per gli schiavi dell'Impero Romano, e

anzi molti pensatori cristiani li giudicano esseri sub‐umani, non dotati di anima e destinati

a servire l'uomo civilizzato europeo, riproponendo argomenti che erano già stati usati

per giustificare lo sfruttamento e lo sterminio degli Indios. Fu solo con l'Illuminismo e col

progredire degli ideali di fratellanza e solidarietà umana che lo schiavismo cominciò ad

essere messo seriamente in discussione, dapprima nelle società europee (dove iniziò a

diffondersi il movimento dell'abolizionismo, specialmente in Inghilterra) e poi anche

oltreoceano, il che portò a una progressiva diminuzione della tratta marittima degli

schiavi e alla sua definitiva scomparsa nella prima metà del XIX sec. Lo schiavismo in ogni

caso sopravvisse a lungo in molte zone delle Americhe e solo alla fine del secolo esso fu

formalmente abolito, in seguito a un processo storico contraddittorio e non privo di

risvolti sanguinosi, come ad esempio negli USA. 6

Negrieri olandesi che

trasportano schiavi africani

dall'interno verso la costa, in

una stampa del XIX sec. Gli

schiavi venivano catturati dai

trafficanti in seguito a vere e

proprie battute di caccia,

legati e gettati in catene

nelle stive delle cosiddette

navi "negriere", con cui

venivano deportati nelle

Americhe e destinati al

lavoro nelle piantagioni. Le

condizioni del viaggio erano

terribili e molti prigionieri

morivano durante la

traversata, anche per i duri

maltrattamenti subiti da

parte dei negrieri

che, ovviamente, erano

individui senza scrupoli. L'abolizionismo nel XIX sec.

Come detto, il movimento che proponeva l'abolizione della schiavitù iniziò a diffondersi

in Europa a partire dalla fine del XVIII sec. con il progredire delle idee illuministe che

concepivano gli schiavi come esseri umani con pieni diritti, il che diede vita a una

massiccia propaganda abolizionista soprattutto in Inghilterra, dove nel 1807 venne

emanata una legge che proibiva la tratta marittima degli schiavi. L'esempio inglese venne

presto imitato da altri Stati, a cominciare dagli USA dove il traffico degli schiavi venne

abolito nel 1807 (anche se lo schiavismo perdurava negli Stati del Sud per ragioni sociali

ed economiche), mentre la Francia proibì la tratta dei neri nel 1815 e la schiavitù venne

in seguito abolita in tutti gli Stati dell'America Meridionale al momento

dell'indipendenza, con l'eccezione del Brasile in cui la manodopera schiavi le veniva

mantenuta nelle piantagioni di caffè (il Brasile abolì formalmente la schiavitù solo nel

1886). Negli USA tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX sec. lo schiavismo venne abolito per

legge in tutti gli Stati a nord del Maryland, ma esso rimase profondamente radicato negli

Stati del Sud dove gli schiavi erano impiegati soprattutto nelle piantagioni di cotone,

prodotto fortemente richiesto dalle industrie tessili inglesi: la proibizione della tratta

dopo il 1807 non frenò il commercio degli schiavi e il loro numero crebbe in modo

7

notevole nella prima metà del XIX sec.. Il dibattito abolizionista animò quindi la società

americana e diventava sempre più evidente il contrasto tra gli Stati del Nord, più

industrializzati e aperti a una società evoluta di tipo europeo, e quelli del Sud, ancora

legati a un'economia fondiaria e con una cultura più tradizionale e arretrata. I motivi di

divergenza tra Nord e Sud esplosero nel 1860 con l’elezione a presidente degli Stati Uniti

di Abramo Lincoln, che voleva abolire la schiavitù. La risposta all’ elezione di Lincoln fu la

separazione di 11 stati schiavisti dagli Stati Uniti che formarono gli Stati Confederati

d’America. Fu l’inizio della guerra civile o Guerra di Secessione tra 1861 e 1865, dalla

quale il Sud uscì sconfitto e che portò alla formale abolizione della schiavitù in tutti gli

Stati Uniti. Lo schiavismo venne di fatto eliminato a partire dal 1865, ma questo non

migliorò molto la condizione degli ex‐schiavi né favorì un loro immediato inserimento

nella società americana, specie negli Stati del Sud dove erano odiati dalla popolazione.

Nord e Sud continuavano a restare divisi e l'assassinio di Lincoln nel 1865 sotto i colpi di

pistola di un Sudista, ne fu drammatica testimonianza. Negli Stati ex‐confederati i neri

continuavano ad essere oggetto di discriminazioni e di veri e propri attacchi terroristici,

specie ad opera dei fanatici razzisti del Ku‐Klux‐Klan, che compivano spedizioni punitive

torturando ed uccidendo selvaggiamente non solo i neri ma anche coloro che erano

favorevoli alla loro emancipazione. Gli ex‐schiavi venivano di fatto esclusi dai diritti civili

e politici, nonostante nel 1870 fosse stato approvato il 15° emendamento alla

Costituzione che vietava le limitazioni di voto per questioni legate alla razza. Una delle

conseguenze fu la massiccia emigrazione di neri dagli Stati del Sud verso le ricche città

industriali del Nord, dove la manodopera nelle fabbriche era molto richiesta e dove si

formarono ben presto dei veri e propri quartieri‐ghetto destinati a ospitare gli Afro‐

americani, oggetto di una discriminazione meno violenta rispetto agli Stati meridionali

ma altrettanto efficace nell'escluderli dalla piena partecipazione sociale.

LA DISCRIMINAZIONE RAZZIALE NEGLI USA ALL’INIZIO DEL XX SEC. 8

All’inizio del xx secolo, la maggioranza dei cittadini neri viveva negli Stati meridionali degli

USA, ed era vittima di una rigidissima discriminazione: furono approvate leggi che

avevano come obiettivo la segregazione razziale, cioè la separazione dei neri dai bianchi.

I neri non potevano esercitare il diritto di voto ed erano esclusi da tutte le cariche

pubbliche; inoltre, non potevano frequentare le scuole migliori, riservate ai bianchi, ed

erano obbligati a viaggiare in carrozze ferroviarie separate e a vivere in ghetti, quartieri

privi di servizi e collegamenti nei quali vivevano in miseria. L’esplosione della prima

guerra mondiale mise in moto una serie di complessi meccanismi demografici; innanzi

tutto, interruppe il grande flusso di emigranti che dall’ Europa si riversava in America in

cerca di lavoro, proprio quando l’industria americana aveva bisogno di manodopera per

produrre armi, navi e altro materiale che gli stati Uniti vendevano ai loro alleati. Così, gli

imprenditori delle città settentrionali cominciarono a inviare propri incaricati al sud, per

reclutare operai, promettendo lavoro sicuro, buoni salari e, spesso, persino il viaggio

gratuito. L’esplosione della seconda guerra mondiale accentuò ulteriormente questo

fenomeno migratorio: i neri giunsero in massa nelle industrie del Nord. Di fronte a un

afflusso così massiccio, i lavoratori bianchi iniziarono a preoccuparsi; per venire loro

incontro, le autorità cercarono di limitare l’assunzione di neri nelle industrie legate alla

difesa. Tra i neri stessi, però, aveva cominciato a farsi strada una consapevolezza tutta

nuova della loro forza contrattuale. Così, all’inizio del 1941, la NAACP (National

Association for the Advancement of Colored People – Associazione nazionale per

l’avanzamento delle persone di colore, fondata a Boston nel 1909) minacciò di

organizzare una grande marcia su Washington di migliaia di lavoratori neri. Per il

presidente Roosevelt, che voleva presentare l’America come l’arsenale delle democrazie

in lotta contro la ferocia razzista del nazismo, sarebbe stato uno scacco insopportabile,

pertanto, il governo emanò il cosiddetto Executive Order 8802, che vietava ogni

discriminazione razziale nell’assunzione di personale sia nell’industria bellica sia

nell’amministrazione federale. L’ordinanza non fu spesso rispettata, in quanto non

vennero istituite misure particolari per sorvegliarne l’applicazione effettiva, tuttavia,

l’importanza storica dell’Executive Order non può essere sminuita o sottovalutata: esso

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