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Inglese: Biography Steve Jobs
Storia: Prima Guerra Mondiale
Ragioneria: Bilancio d'esercizio
Tecnica: Fido Bancario
Matematica: Statistica ed Interpolazione Lineare
Diritto: I Diritti degli Imprenditori
Scienza Delle Finanze: Le Privatizzazioni
l'entrata in guerra. Alla fine, il 26 aprile del 1915, al termine di un'ardua
trattativa, l'accordo con l'Intesa si concretizzò nel Patto di Londra, firmato da
Sonnino all'insaputa sia del parlamento italiano sia per l’opinione pubblica. Con
il Patto di Londra l'Italia ricevette la promessa di ottenere, in caso di vittoria, i
territori rivendicati: Istria e Venezia. L’interventismo sembrava tuttavia votato
all’insuccesso a causa della maggioranza neutralista presente il parlamento,
legata al nome di Giovanni Giolitti. Così, il 13 maggio Salandra presentò al re le
dimissioni, il quale però era apertamente favorevole all’intervento e, quindi, lo
invitò a restare al governo, così, Giolitti lasciò Roma. Il parlamento disorientato
e scosso da tutti questi eventi finì per votare i pieni poteri a Salandra. L’Italia
entrò perciò in guerra per volontà di un gruppo di relativa minoranza,
chiamando a combattere i militari lungo più di 750 chilometri di fronte, che
andavano dal mar Adriatico al confine svizzero.
1915
La guerra di posizione Al termine del primo anno di guerra, ebbe inizio
una nuova fase e il conflitto si trasformò in una
guerra di posizione combattuta nel fango delle
trincee. La guerra di trincea ha rappresentato
una caratteristica tipica e unica del primo
conflitto mondiale; alla fine del 1914 buona
parte dell’Europa era attraversata da un
complesso sistema di trincee, fossati scavati
a zigzag e muniti di muretti, postazioni di tiro e
rinforzati con piastre d'acciaio per il tiro da cui i soldati potevano sparare al
riparo. Nelle retrovie si sviluppò un complesso d’infrastrutture comprendenti
posti di comando, centri di medicazione, strade e ferrovie. Forse l'aspetto
peggiore dell'esperienza dei soldati in trincea, oltre a convivere spesso in
condizioni igieniche e metereologiche spaventose (pioggia neve fango e topi)
fu la continua stanchezza. Le uniche possibilità di vita, anche se i soldati
venivano sostituiti in media ogni quattro giorni dalla prima linea, erano l'alcol,
l'arrivo della posta da casa, lo spirito di corpo e le occasionali licenze.
Naturalmente tutto ciò fu un supplizio quotidiano e indescrivibile, uno scenario
grigio, triste, che solo la forza d'animo e una testardaggine di uomini che
seppero accettare sacrifici disumani, affrontando prove indicibili, riuscirono a
ridare contorni umani a una vicenda altrimenti incomprensibile.
La guerra si trascinò fino al 1916 senza che nessuno dei paesi belligeranti fosse
in grado di risolvere a proprio favore il conflitto.
Fronte occidentale 15
La situazione di stallo era molto evidente, poiché anche se era stato
possibile contenere la pressione germanica sulle linee di difesa, le forze anglo-
francesi non riuscivano a passare al contrattacco.
Fronte orientale
Le maggiori difficoltà per l’Intesa provenivano però dal fronte orientale, dove i
russi erano stati ricacciati dalla Galizia, dalla Polonia e dalla Lituania. Mentre le
truppe Zariste si ritiravano gli Austro-Tedeschi con l’appoggio della Bulgaria,
riuscivano a mettere fuori combattimento la Serbia e costituire insieme alle
truppe Turco-Bulgare con un fronte ininterrotto dal Mar Baltico al Mar Egeo.
Fronte italiano
L’entrata in guerra dell’Italia costituì l’unico elemento decisamente positivo per
l’intesa. Il nostro esercito al comando di Luigi Cadorna entrò in azione proprio
mentre era in atto la rottura del fronte Russo. Subito l’avanzata fu portata di là
del confine austriaco sia pure a costo di gravi perdite, ma l’esercito italiano
dovette arrestarsi presso Gorizia, a causa della tenacissima resistenza
austriaca. Tra il giugno e dicembre del 1915 furono combattute le quattro
battaglie dell’Isonzo risoltesi con perdite ingentissime e con risultati assai
modesti, nonostante il valore e lo spirito di sacrificio dimostrati dai soldati
italiani, male equipaggiati, scarsamente armati e guidati da comandi spesso
no all’altezza della situazione, che si ostinavano a seguire le ormai superate
regole tattiche e strategiche ottocentesche. Con il sopraggiungere dell’inverno
anche sul fronte italiano aveva inizio così un’estenuante guerra di posizione.
Altri fronti
L’intesa subì un altro insuccesso nel corso di una spedizione navale nei
Dardanelli ideata dal ministro della marina britannica Winston Churchill al fine
di aprire attraverso gli stretti, una diretta comunicazione con la Russia,
l’impresa dovette essere abbandonata dopo alcuni mesi a causa dell’ostinata
resistenza dei turchi. 1916
Il terzo anno di guerra
Il terzo anno di guerra si apri con eserciti numerosissimi di uomini che ancora si
fronteggiavano a breve distanza l’uno dall’altro, dietro i reticoli e immersi nel
fango delle trincee, mentre all’interno dei singoli paesi milioni di uomini e
donne venivano impegnati all’estremo delle loro forze per produrre tutto ciò
che serviva per combattere. Il 1916 fu un anno molto duro per tutti i
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belligeranti: su i fronti di guerra non si
ebbero mutamenti importanti, ma le
perdite furono enormi e si crearono
crescenti difficoltà di approvvigionamento.
Fronte occidentale
I tedeschi iniziarono un’offensiva nel
settore di Verdun e sulla Somme. Le due battaglie si risolsero in vere e
proprie stragi, senza conseguire alcun risultato, malgrado l’uso dei primi lancia
fiamme e delle prime bombe contenenti gas asfissianti.
La guerra sul mare
La Germania, evitò uno scontro diretto, facendo invece un
più largo ricorso ai sommergibili. In questo modo, pensava
di riuscire a rompere il blocco navale imposto dalle potenti
flotte congiunte dall’Inghilterra e dalla Francia. Fu così che si
scateno una guerra sottomarina che mise ben presto, a
dura prova gli equipaggi alleati, impegnati ad assicurare, i
rifornimenti marittimi. La Germania cercò di dare una svolta
al conflitto sul mare sfidando apertamente le forze dell’intesa
nella battaglia dello Jutland. Tale battaglia causò
gravissime perdite da ambo le parti ma non ebbe esiti
risolutivi. Ciò convinse i tedeschi a intensificare la guerra sottomarina che finì
con l’irritare ulteriormente gli Stati Uniti che subivano sempre più spesso
l’affondamento delle loro navi commerciali.
Fronte italiano
Nel maggio del 1916 gli austriaci sferrarono in Trentino, fra l’Adige e il Brenta,
una violenta offensiva, detta Boria militaresca Strafexpedition (spedizione
punitiva), con l’intensione di vendicare il tradimento dell’Italia. L’azione
dell’Austria ebbe inizialmente successo ma il successivo intervento dei russi
giunti in soccorso degli italiani, porto Vienna sull’orlo della capitolazione,
evitata all’ultimo momento solo per l’aiuto in uomini e mezzi ricevuti dalla
Germania. Di fronte al grave pericolo corso nel Trentino, che aveva posto in
drammatica evidenza, l’impreparazione e la debolezza dell’esercito italiano
concentrazione
fecero si che Salandra si dimise. Il nuovo governo, detto di
nazionale, era presieduto da un vecchio partito paolo borselli, il 28 aprile 1916
dichiarò guerra anche alla Germania. Pochi giorni prima il nostro esercito aveva
iniziato una poderosa offensiva sull’Isonzo e il 9 agosto aveva conquistato
Gorizia. 17
1917
Dalla caduta del fronte russo alla fine della guerra
Il quarto inverno di guerra causò difficoltà sempre più gravi alle popolazioni civili e si
moltiplicarono così i casi di diserzione e di autolesionismo. Il senso di stanchezza ormai
ampiamente diffuso tra le popolazioni assumeva in alcuni casi forme di manifestazioni
di piazza.
Fronte orientale
In Russia si crearono gravi tensioni che, nel febbraio, portarono allo scoppio di
una sommossa la quale provocò l’abdicazione dello zar e in seguito
all’instaurazione di un governo rivoluzionario comunista guidato dal capo dei
d’ottobre, ebbe
bolscevichi Lenin. La rivoluzione, detta come conseguenza
immediata il ritiro della Russia dal conflitto. Il nuovo governo stipulò con
l’impero austro-ungarico e con la Germania l’armistizio di Brest-Litovsk, poi
trasformato in pace nel marzo del 1918.
Fronte occidentale
Il ritiro russo rappresentò un duro colpo per l’intesa, perché gli austro-tedeschi
poterono concentrare le loro divisioni sul fronte occidentale.
Fronte italiano
Tra il 23 e il 24 ottobre, gli austriaci, rinforzati da divisioni tedesche, riuscirono
a sfondare le linee nemiche a Caporetto; ma sulla linea del Piave gli italiani
comandati dal nuovo comandante dell’esercito Armando Diaz, arrestarono
l’avanzata.
L’intervento degli stati uniti
Nell’aprile del 1917 gli Stati Uniti dichiarano guerra alla Germania, in nome
anche degli ideali del presidente Woodrow Wilson. L’intervento americano fornì
all’intesa un notevole apporto di uomini e mezzi e mise in crisi Germania e
Austria che scatenarono due offensive:
La battaglia di Kaiser contro gli Anglo-francesi che riuscirono a sferrare
una potente controffensiva, cosiddetta seconda battaglia della Marna;
Una contro gli italiani annullata a sua volta sul Piave e seguita da una
controffensiva terminata con la disfatta austriaca a Vittorio Veneto e la
firma dell’armistizio di Villa Giusti.
Sull’onda della sconfitta subita, l’impero tedesco e quello austro-ungarico
dichiarano decaduti i rispettivi regnanti e si trasformano in repubbliche.
La fi ne della guerra e i trattati di pace
Il 18 gennaio 1919 si aprì a Versailles la conferenza di pace alla quale
parteciparono solo le nazioni vincitrici con lo scopo di elaborare un trattato che
sarebbe stato in seguito imposto ai governi delle nazioni vinte. A differenza del
passato, una novità fu che per la prima volta venivano affrontati problemi che
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riguardavano l’equilibrio europeo insieme a potenze non europee come il
Giappone, ma soprattutto gli Stati Uniti. Si notò subito la differenza tra le
posizioni delle potenze vincitrici: Wilson poneva alla base di ogni discussione i
“quattordici punti”
principi formulati nei suoi con i quali intendeva garantire un
futuro assetto pacifico del mondo, affermare il principio della libertà di
navigazione e di commercio, respingeva le intese della diplomazia segreta in
nome del principio di nazionalità e di autodeterminazione dei popoli. I governi
europei, invece, sentivano il bisogno di risarcimenti per lo sforzo e per le
sofferenze subite mediante ingrandimenti territoriali. Per iniziativa degli Stati
Uniti, fu firmato un accordo per la nascita della Società delle Nazioni, con
sede a Ginevra, che doveva comprendere tutti gli stati vincitori con lo scopo di
garantire la pace e nel caso di violazione della stessa pace venivano applicate
delle sanzioni economiche contro la nazione colpevole. La Società delle nazioni
era un organismo cui si partecipava volontariamente e liberamente: non
poteva quindi imporsi, non aveva un’autorità né un proprio esercito e quindi
poteva contare solo sulle forze dei paesi membri. Quindi si verificarono gli
stessi conflitti politici e diplomatici che si erano avuti in precedenza. Inoltre, gli
Stati Uniti si rifiutarono di far parte della Società a causa delle sue tendenze
isolazioniste: mancava quindi la forza della maggiore potenza internazionale. Il
riassetto politico europeo uscito dalla conferenza di Parigi fu debole e
contraddittorio e lasciò questioni irrisolte sia tra le nazioni vinte, sia tra quelle
vincitrici. Con la scomparsa degli imperi secolari vi furono molte rivalità fra i
nuovi stati. In Italia si parlava addirittura di una “vittoria mutilata” a causa del
mancato mantenimento delle promesse della Dalmazia, secondo il patto di
Londra. La soluzione diplomatica che prevalse al termine della guerra disegnò
un quadro politico dell’Europa completamente differente da quello del 1914.
Tale quadro politico venne designato nel 1919 nella reggia di Versailles e vi
presero parte i capi di governo delle principali potenze vincitrici: l’americano
Wilson, il francese Clemenceau, l’inglese Lloyd George, e l’italiano Orlando (il
quale svolse però un ruolo marginale). Il contrasto fra una pace democratica e
l’obiettivo di una pace punitiva risultò evidente soprattutto quando furono