Concetti Chiave
- L'Italia ha vissuto un'inversione nei flussi migratori, passando da un paese di emigrazione a una destinazione per immigrati, con oltre 5 milioni di presenze nel 2015.
- Le principali comunità di immigrati provengono da paesi dell'Est Europa, come la Romania e l'Albania, oltre a nazioni africane, mediorientali e asiatiche.
- Molti migranti affrontano difficoltà di integrazione a causa della complessa burocrazia per ottenere il permesso di soggiorno, vivendo spesso in clandestinità.
- I migranti sono spesso accusati di contribuire alla criminalità e al declino economico, nonostante il basso costo della loro manodopera.
- Il pregiudizio e il senso di superiorità ostacolano l'integrazione, impedendo ai migranti di contribuire pienamente alla società e relegandoli a ruoli marginali.
La percezione del diverso
L’Italia, si sa, è il paese dei paradossi. Per gran parte della sua storia, dall’unità in poi, è stata soggetta ad un tasso di emigrazione tale da vedere la sua popolazione ridotta di oltre la metà. È solo negli ultimi decenni che i bilanci si sono invertiti e che il Bel paese si è trasformato in una terra di “accoglienza” per quanti tentino di trovare fortuna fuori; e pare proprio siano in molti, stando al censimento dell’Istat del 1° gennaio 2015, quando il numero di immigrati ha superato i 5 milioni di individui.
Provengono da regioni di tutti i continenti, anche se la presenza più massiccia è originaria dei paesi dell’Est Europa, in particolar modo Romania(23%) ed Albania( 9%), seguite a ruota dai paesi africani, mediorientali ed asiatici. Popoli dalle culture e gli stili di vita molto diversi, che trovano il loro comun denominatore nelle condizioni di miseria o guerra in cui versano i paesi da cui fuggono. È così che i più di loro, stipandosi in carri bestiame o imbarcazioni poco sicure,giungono in Italia dopo aver intrapreso i cosiddetti “viaggi della speranza”, la linfa vitale alla quale ricorrono per alimentare con rassicurazioni e rosee prospettive i loro corpi stremati.Una volta a destinazione, tuttavia, la fatica del viaggio si tramuta in un difficile percorso di integrazione sociale, il cui primo ostacolo è rappresentato dal rilascio del permesso di soggiorno. Una considerevole percentuale di migranti vive in clandestinità, e così, in attesa che vengano varate apposite leggi che regolino la loro permanenza, migliaia di uomini e donne senza nome popolano quartieri di periferia e vagabondano per le strade alla ricerca di espedienti con cui tirare avanti. Nel corso degli anni, questa cattiva gestione amministrativa e politica sulla messa in regola dei documenti ha leso in primo luogo gli stessi migranti, spesso additati come colpevoli di episodi di violenza e criminalità; il che risulta vero, se si guarda al numero dei casi di stranieri denunciati per furti, violenze sessuali ed omicidi. Un’altra accusa rivolta loro, inoltre, è l’essere in parte responsabili del declino economico del paese, visto il basso costo della manodopera straniera e le quote destinate al mantenimento dei profughi. Tutto ciò, chiaramente, libera le coscienze della popolazione da colpe e preoccupazioni; delega la responsabilità ad altri.
In una società in crisi, che non riesce a risolvere i propri problemi economici e d’identità, lo straniero diventa un nemico e un capro espiatorio ideale.
Statistiche e numeri, infatti, non riportano quello che in realtà è il nocciolo del problema: il pregiudizio ed il senso di superiorità radicati nel pensiero comune, che spingono a guardare l’altro da una prospettiva sopraelevata. Porre i cittadini stranieri davanti alla legge dovrebbe comportare non solo che vengano puniti quando colpevoli, ma che sia concessa loro l’equiparazione di diritti e doveri, che sia offerta loro l’opportunità di contribuire alla vita economica e culturale esprimendo al massimo le proprie potenzialità. Il più delle volte, il loro ruolo all’interno della società viene stabilito da altri, che agendo tempestivamente ostacolano i meccanismi di integrazione e li destinano a compiere i lavori più umili e faticosi, rifiutati a gran voce dalla popolazione, la quale si mostra dimentica nel momento in cui occorre attribuire colpe per l’ingente disoccupazione che “attanaglia lo Stato”. In altri casi vengono irretiti dalla criminalità organizzata ed inseriti in un circolo vizioso che compromette ineluttabilmente la loro permanenza; per loro non è di certo contemplato un posto alla pari nelle dinamiche della nazione.
Questo perché tutte le civiltà tendono al narcisismo (…). Noi, abitanti dell’Europa, trattiamo l’altro soprattutto come un estraneo. E, soprattutto, lo trattiamo come una minaccia.
Una minaccia perché costringe a mettersi in gioco, ad essere aperti verso nuove realtà, a superare rigide convenzioni sociali a cui ci si aggrappa in assenza di saldi princìpi interiori. L’ipocrisia spinge ad inneggiare al cosmopolitismo solo quando se ne è diretti fruitori, e a celare sentimenti razzisti e discriminatori nel nome della salvaguardia dell’entità culturale del proprio paese, dimenticando che la diversità e lo scambio di vedute è il principale motore alla base del progresso.
Domande da interrogazione
- Qual è stato il cambiamento demografico significativo in Italia negli ultimi decenni?
- Da quali regioni proviene la maggior parte degli immigrati in Italia?
- Quali sono le principali difficoltà che affrontano i migranti una volta arrivati in Italia?
- Come viene percepito lo straniero nella società italiana in crisi?
- Qual è l'ipocrisia evidenziata nel testo riguardo al cosmopolitismo?
Negli ultimi decenni, l'Italia è passata dall'essere un paese di emigrazione a una terra di accoglienza, con oltre 5 milioni di immigrati registrati al censimento del 2015.
La maggior parte degli immigrati in Italia proviene dai paesi dell'Est Europa, in particolare Romania e Albania, seguiti da paesi africani, mediorientali e asiatici.
I migranti affrontano difficoltà nell'ottenere il permesso di soggiorno e spesso vivono in clandestinità, affrontando pregiudizi e accuse di contribuire alla criminalità e al declino economico.
Nella società italiana in crisi, lo straniero è spesso visto come un nemico e un capro espiatorio, con pregiudizi e un senso di superiorità che ostacolano l'integrazione.
L'ipocrisia risiede nel fatto che si inneggia al cosmopolitismo solo quando se ne beneficia direttamente, mentre si celano sentimenti razzisti e discriminatori per proteggere l'identità culturale nazionale.