Concetti Chiave
- Le foreste alpine sono state profondamente alterate dall'intervento umano, con poche tracce delle foreste primigenie rimaste.
- Molti boschi alpini sono oggi frammentati e modificati, con fauna originaria in gran parte scomparsa a causa della trasformazione degli habitat.
- I Romani furono tra i primi a sfruttare intensivamente le foreste alpine, creando strade e utilizzando il legno per vari scopi.
- Nel corso dei secoli, le foreste alpine sono state depauperate per esigenze belliche, carestie, e successivamente per l'industria mineraria.
- Interventi legali per preservare le foreste hanno portato a ulteriori modifiche, favorendo specie arboree di maggiore utilità economica a scapito di altre.
I boschi alpini
Senza dubbio le foreste sono le forme di vegetazione che più importa conoscere quando si vogliano inquadrare scientificamente i paesaggi vegetali di un determinato paese; esse costituiscono nei singoli ambienti le espressioni più evolute e caratteristiche della vegetazione.È ben noto però che l’uomo, dopo aver distrutto i boschi della pianura, ha depauperato e spesso devastato anche quelli delle montagne, affaticandosi poi tardivamente a ricostruirne almeno una modesta parte. Ben poco ormai o nulla rimane delle foreste primigenie che dovevano rendere inaccessibili, ancora in tempi storici, molte valli e dorsali alpine. Anche quando ci sembra di aver scoperto qualche angolo di foresta particolarmente bello per la selvatica libertà della sua vegetazione, ci inganneremmo se volessimo considerarlo un esempio puro e incontaminato di foresta primeva. Può trattarsi di un ritorno verso forme più libere e incontrollate di sviluppo, con tronchi che cadono e marciscono nel sottobosco, con muschi lussureggianti che ammantano di un lucente tappeto le foglie e i detriti, ma troppa storia di precedenti manomissioni ne ha alterata la forma e la composizione in confronto ai protòtipi antichissimi.
Più spesso ci accade di trovare sulle Alpi boschi intersecati da sentieri e da strade, interrotti da pascoli e da prati, diradati, ben ripuliti nel sottobosco, spesso schematizzati in fustaie coetanee. La stessa fauna originaria che popolava queste foreste le ha ormai in gran parte abbandonate, non solo perché perseguitata dall’uomo, ma anche perché gli ambienti che ne costituivano l’originaria dimora sono profondamente mutati. Cervi, caprioli, orsi, lupi, che già popolavano fino a un secolo addietro abbastanza frequentemente le Alpi, sono quasi ovunque divenuti un ricordo più o meno remoto.
Aprirono i primi profondi varchi nelle selve alpine i Romani,specialmente durante l’impero, per tracciare le strade verso i principali valichi, per ricavare la pece dai legni resinosi, per utilizzare il legno, allora assai pregiato, del làrice. Segnarono una tregua alla distruzione, e qua e là forse anche una ripresa, le invasioni barbariche, ma ben presto guerre locali e carestie diedero occasione a nuovo depauperamento. Non solo si richiedeva sempre più legname per le costruzioni di navi, ma i debiti di ogni sconfitta, di ogni carestia si pagavano localmente con legnami e carboni.
Tuttavia intorno al 1500 ancora lussureggiavano foreste profonde e intricate in molte montagne alpine, se possiamo prestar fede alle descrizioni dei cronisti. Per citare solo un esempio, nel bacino del Lago d’Iseo, oggi certo non ricco di foreste, esistevano a quel tempo foltissime foreste piene di selvaggina, infestate da feroci lupi, dove tuttavia cercavano rifugio sicuro gli abitanti durante le guerre.
Venne più tardi lo sfruttamento più intenso delle miniere; su tutte le nostre montagne ferrifere si utilizzavano forni a legna, in cui si bruciavano in special modo tronchi contorti di pino montano. Venne pure la decimazione di specie arboree pregiate e poi, per compensazione, la distruzione di specie meno redditizie. Furono ridotte a pascolo larghe estensioni di pendici selvose, specialmente in terrazzi meno ripidi o quasi pianeggianti. Culminò nel secolo scorso quello che venne chiamato « il fatale sterminio dei boschi resinosi ».
Tentarono di ovviare a ciò i governanti, sulle orme di quanto già aveva fatto, per i boschi del Cadore, la Repubblica di Venezia. Emanarono leggi più o meno appropriate e anche questo significò un ulteriore profondo inter¬vento modificatore dell’uomo nelle poche foreste che ancora avevano conservato alcuni segni dell’antico splendore. Guadagnarono terreno specie arboree di più larga utilità, ma ne persero irrimediabilmente altre, che già erano forse in decadenza per mutamenti climatici.
Domande da interrogazione
- Qual è l'importanza delle foreste alpine nel contesto dei paesaggi vegetali?
- Come ha influenzato l'uomo le foreste alpine nel corso della storia?
- Quali sono le conseguenze della modifica delle foreste alpine sulla fauna originaria?
- Quali misure sono state adottate per contrastare la distruzione delle foreste alpine?
- Quali cambiamenti hanno subito le foreste alpine nel tempo?
Le foreste alpine rappresentano le espressioni più evolute e caratteristiche della vegetazione in un determinato ambiente, essendo cruciali per comprendere scientificamente i paesaggi vegetali.
L'uomo ha distrutto e depauperato le foreste alpine, iniziando dai Romani che aprirono varchi per le strade e sfruttarono il legno, fino al secolo scorso con il "fatale sterminio dei boschi resinosi".
La fauna originaria, come cervi, caprioli, orsi e lupi, ha in gran parte abbandonato le foreste alpine a causa della persecuzione umana e dei cambiamenti ambientali che hanno alterato i loro habitat.
I governanti hanno emanato leggi per proteggere le foreste, seguendo l'esempio della Repubblica di Venezia, ma questi interventi hanno ulteriormente modificato le foreste rimaste.
Le foreste alpine sono state intersecate da sentieri e strade, diradate e schematizzate in fustaie coetanee, con una perdita di specie arboree pregiate e un aumento di specie di più larga utilità.