
Con l’emergenza coronavirus la didattica negli atenei italiani è passata in modalità digitale e molti studenti fuori sede sono ritornati a casa. Le organizzazioni che tutelano gli inquilini hanno fatto richiesta al governo per ridurre al minimo le perdite economiche e azzerare le tasse sugli affitti non riscossi. Non sono stati avviati particolari interventi ma ecco come gli studenti fuori sede possono regolarsi con l’affitto.
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Affitti universitari: lasciare casa o ridurre il canone?
La pandemia ha suscitato preoccupazione tra gli studenti universitari fuori sede che sono rientrati a casa dopo l’emergenza coronavirus. Vista la difficoltà ad ipotizzare una potenziale data di ripresa a regime delle lezioni e l’impossibilità negli spostamenti, in molti stanno pensando di lasciare la stanza in affitto per restare a casa fino all’inizio del nuovo anno accademico. Ma come bisogna comportarsi? La migliore soluzione è contattare il proprietario di casa, far presente la situazione di difficoltà e chiarire la volontà di rimanere o meno nella locazione. Ma ecco i due casi che si possono verificare:
Studenti fuori sede: cosa pagare se si lascia l’appartamento
Tutti gli studenti universitari fuori sede hanno un contratto regolamentato dalla legge 431/1998 sugli affitti per uso abitativo. La durata va da 6 a 36 mesi ed è prevista una cauzione massima di tre mesi. La disdetta del contratto può essere chiesta solo tre mesi di preavviso ma cosa succede se non si paga l’affitto? A fronte di un accordo scritto, il proprietario e l’inquilino possono decidere di trattenere la cauzione come rimborso del mancato preavviso di disdetta. Infatti, se l’affitto non è pagato, il contratto prevede la messa in mora dell’inquilino e il proprietario può solo disdire il contratto.
Data pubblicazione 31 Marzo 2020, Ore 13:49