Gugliemo III (che governa insieme a Maria II) è chiamato al trono per mezzo di un documento, il Bill of Rights del 1689, che vuole rappresentare la base e il fondamento di monarchia e Parlamento. Ha valore particolare non tanto per quanto si afferma nel suo testo, ma piuttosto perché segna il momento in cui i sovrani, accettandolo, non faranno mai più venire meno la collaborazione con le Camere, prefigurando una forma di governo che si può definire monarchico-costituzionale. Il Re ha dei doveri da rispettare nei confronti del Parlamento, che ha sua volta possiede dei diritti, e tenta di venire a compromesso con il Re, piuttosto che contrapporglisi direttamente. Se la Petition era stata un progetto di legge, il Bill è una legge vera è proprio, ma funzionano nello stesso identico modo. Diventa legge proprio quando Guglielmo e Maria lo sottoscrivono, fatto che segna la prima volta in cui i sovrani sono insediati legalmente da un Parlamento, e non viceversa. Si tenta anche di risolvere i problemi di successione al trono e si decide che, se ci saranno eredi, saranno loro i legittimi sovrani. In caso contrario, la successione passerà all’altra figlia di Giacomo, Anna, e alla sua discendenza. I sudditi non sono obbligati all’obbedienza ad un sovrano cattolico, e possono ribellarvisi, qualora non sia legittimo in base a quanto affermato nel Bill.
Si ottiene che qualsiasi legge dello Stato deve essere approvata dal monarca e dal Parlamento. Si ribadisce nuovamente il Triennal Act abolito da Carlo II. Di fianco ai diritti del Parlamento si ribadiscono quelli dei protestanti nei confronti dei cattolici, quindi si ha il trionfo dell’anglicanesimo, il compattamento di Stato e Chiesa, sancito dal Toleration Act del 1689 che, a dispetto del nome, tollera solo i culti protestanti.