Concetti Chiave
- Il "Libro dei Buoni Costumi" di Paolo da Certaldo offre una guida dettagliata sulle abitudini alimentari nel periodo dei Medici a Firenze, con un focus sulle differenze sociali.
- Nel Rinascimento, la giornata era scandita dalla luce solare e i pasti principali includevano una colazione leggera, il desinare a metà giornata e una cena serale.
- Il pane, elemento base della cucina fiorentina, era senza sale a causa del suo costo elevato e veniva cotto nei forni pubblici per controllare le condizioni economiche delle famiglie.
- Le spezie erano un lusso riservato ai ricchi, utilizzate non solo per insaporire, ma anche per mascherare l'odore delle carni non fresche; lo zucchero era raro e spesso sostituito dal miele.
- La dieta dei più ricchi era soggetta a regolamentazioni per moderare gli eccessi, con limitazioni sulle portate di carne e pesce imposte sia dalla Chiesa che dallo Stato.
Indice
Le regole del mangiar bene
Per conoscere le regole del mangiar bene nelle Firenze del tempo dei Medici, il Libro dei Buoni Costumi di Paolo da Certaldo costituisce una testimonianza molto preziosa.
Bisogna premettere che tali regole sono differenziate a seconda della classe sociale.
L’autore raccomanda, soprattutto ai poveri, di cuocere il cibo, la mattina, una volta al giorno, di conservare il cibo cotto per la sera e soprattutto di star leggeri per poter dormire meglio.La dieta dei poveri
Nel Rinascimento le attività della giornata continuano ad essere regolate dalla luce del sole; ci si alza presto e la sera, al calar del sole, la giornata termina attorno alla tavola, diversamente imbandita, a seconda della famiglia. Prima di lasciare la casa per recarsi al lavoro, viene consigliata una colazione composta da una fetta di pane e mezzo bicchiere di vino. Questa è la regola dei più poveri che, nella giornata consumeranno altri due pasti: la comestio, cioè il desinare, verso le 11:00 e il prandium, ossia la cena, subito dopo il tramonto. In genere, quest’ultimo ha una durata maggiore perché le persone libere da impegni lavorativi possono trattenersi più a lungo con parenti o amici.
Secondo i commenti d’epoca, la cena della povera gente è sobria; il menu è composto soprattutto da pane, erbe, verdure, marmellata e frutta, oltre che da fave, farinata di miglio e castagne. Le erbe che i poveri, specialmente quelli delle campagne usano molto frequentemente sono anche usate come conservanti. Con alcune di queste erbe, si possono preparare piatti che si conservano per un paio di giorni. Arricchisce la mensa qualche uovo che diventa piatto unico quando, fritto e arrotolato su stesso, prende l’aspetto di una frittata: è chiamato pesce d’uovo.
Il pane e la sua importanza
Il pane è senza sale, sicuramente per il fatto che il sale è molto costoso ed è molto difficile da procurare. Addirittura, i fiorentini arrivavano fin sulle rive del mare che bagna il Grossetano per poterlo acquistare. Chi se lo può permettere economicamente, si fa spedire il sale da Genova o dalla Provenza. Forse questa è questa l’origine dell’uso di chiamare “salata” una cosa che si paga cara. Comunque, il pane è alla base della cucina fiorentina: i poveri lo mangiano da solo, mentre i ricchi lo usano come base su cui appoggiare pezzi di arrosto. Viene preparato in casa, ma cotto nei forni pubblici. A questo proposito, a Firenze vige una rigida regolamentazione in proposito: al cittadino è consentito di impastare la propria pagnotta, ma ha l’obbligo di rivolgersi al “panicocolo” ossia al fornaio per farlo cuoce. In tal modo, le autorità possono controllare, attraverso il consumo di ogni famiglia, la possibilità economiche di ognuno e procedere, così, la relativa tassazione.
Tutta questa severità permette di contrastare frodi e speculazioni e di mantenere il giusto prezzo del pane. Malgrado queste regole, il pane è un alimento molto ricercato e addirittura costituiva anche un dono in caso di nozze, decesso o nascita Quando il pane è molto duro e quindi immangiabile, si usa fare la “panata”, una sorta di minestra a base di pane duro grattugiato, uova, parmigiano, noce moscata e sale. Molto usate sono anche le minestre e la pasta, compresi i moderni maccheroni; la carne e il pollo si mangiano soltanto nelle grandi occasioni e, quando viene ucciso il maiale, è abitudine regale un po’ di sanguinaccio ai vicini.
L'uso delle spezie e dolcificanti
Presso il popolo è molto limitato l’uso delle spezie, perché molto costose. I documenti dell’epoca ci informano che una libbra di zafferano (= 333 grammi) costa quanto un cavallo e una noce moscata quanto sette buoi. Chiaramente solo una ricca famiglia si può permettere il lusso delle spezie. Le spezie non solo servono a dare sapore alle pietanze, ma spesso anche a mascherare il forte odore delle carni, spesso non sempre fresche. Per dolcificare i piatti, in età rinascimentale si adopera lo zucchero (troppo costoso) e il miele. In alcuni manoscritti, si parla della zucca come dolcificante oltre ad avere qualità gastronomiche e curative eccezionali. Viene consumata prima del pasto, in mezzo ad un banchetto e come frutta al termine della cena.
Di uso molto frequente sono le zuppe a base di bulbi, come la cipolla. Pare che la francese “soupe à l’oignon” abbia proprio un’origine fiorentina. Alcune di queste zuppe esistono anche oggi come la “carabaccia”, a cui, però, a quel tempo si aggiungevano mandorle, cannella e zucchero.
La dieta della media borghesia
La dieta della media borghesia
La dieta della media borghesia era più varia e completa. La cena iniziava con verdure crude (les crudités francesi), seguite da un piccione arrosto, da un formaggio di capra e da frutta come dessert. Si mangiano anche i fegatelli, le polpette di fegato. Ma la base dell’alimentazione quotidiana è la pasta, condita in vari modi e perfino consumata fritta. Chi se lo può permettere, la consumazione della pasta è accompagnata dal vino, Trebbiano o Vernaccia. Si dice che esso procuri buon umore, rassereni l’intelletto, aumenti il calore naturale, purifichi il sangue e stimoli l’appetito. Un esempio dei benefici del vino ci viene fornito dal poeta Luigi Pulci, vissuto nella seconda metà del Quattrocento, nel poema Il Morgante.
Il lusso della classe agiata
La classe più agiata ha un menu di lusso, tanto che numerose sono le prescrizioni per moderarne gli eccessi, sia da parte della Chiesa che da parte del potere civile. La Chiesa prescrive dei giorni fissi per fare digiuno e praticare l’astinenza, mentre le leggi dello Stato promulgano delle leggi per regolare gli inviti. Qualsiasi fiorentino, anche del rango più elevato, non può servire a tavola più di due portate di carne, nei giorni di grasso, o di pesce, nei giorni di magro. E se esiste una varietà d carni bollite e arrosto, queste devono essere servite nello stesso piatto.
Domande da interrogazione
- Quali sono le regole alimentari consigliate per i poveri nel Rinascimento fiorentino?
- Come si svolgeva la giornata alimentare tipica nel Rinascimento?
- Qual è il ruolo del pane nella dieta fiorentina del tempo?
- Perché le spezie erano poco utilizzate dalla popolazione comune?
- Quali restrizioni alimentari erano imposte alla classe più agiata?
Paolo da Certaldo raccomanda ai poveri di cuocere il cibo una volta al giorno, conservarlo per la sera e mantenere pasti leggeri per dormire meglio.
La giornata iniziava con una colazione di pane e vino, seguita da due pasti principali: il desinare verso le 11:00 e la cena dopo il tramonto.
Il pane, spesso senza sale per il suo costo elevato, è un alimento base per i poveri e una base per piatti più elaborati per i ricchi; è anche soggetto a regolamentazione per controllare le risorse economiche delle famiglie.
Le spezie erano molto costose, con prezzi paragonabili a beni di grande valore, quindi solo le famiglie ricche potevano permettersele.
La Chiesa e lo Stato imponevano restrizioni per moderare gli eccessi, limitando il numero di portate di carne o pesce servite a tavola.