Concetti Chiave
- La morte dell'Imperatore Teodosio nel 395 provoca tensioni tra Oriente e Occidente, con i Visigoti di Alarico che minacciano Costantinopoli.
- Arcadio e Onorio, figli di Teodosio, nominano barbari come ministri: Rufino in Oriente e Stilicone in Occidente, ma la rivalità tra loro impedisce un fronte comune contro i Visigoti.
- Alarico, dopo aver ottenuto il permesso di stanziarsi in Illiria, marcia su Roma e la saccheggia nel 410, un evento visto come presagio della fine dell'Impero Romano.
- Stilicone, inizialmente vittorioso contro Alarico a Pollenzo, viene assassinato per gelosie interne, spianando la strada al ritorno di Alarico in Italia.
- S. Gerolamo e S. Agostino documentano la tragedia del saccheggio, con S. Agostino che risponde alle accuse contro il Cristianesimo scrivendo "La Città di Dio".
Indice
La minaccia dei Visigoti
Con la scomparsa dell’ Imperatore Teodosio, avvenuta nel 395, nell’ Impero Romano, la situazione precipita di nuovo. I Visigoti comandati da Alarico minacciano di marciare su Costantinopoli, rivelando il conflitto fra Oriente ed Occidente.
Divisione e rivalità nell'impero
I due imperatori, Arcadio e Onorio figli di Teodosio che si erano divisi l’Impero alla morte del padre, avevano nominati primo ministro e supremo generale due barbari: rispettivamente il goto Rufino (in Oriente) e il vandalo Stilicone (in Occidente). Fra i due non correva buon sangue, per cui, invece di riunire tutte le forze per far fronte all’invasione dei Visigoti, Rufino preferì convogliare l’esercito nemico verso l’ Italia concedendo ai Visigoti di stanziarsi nell’ Illiria.
La difesa di Stilicone
Quasi subito, Alarico riprese la sua marcia e giunse in Italia. Per difendersi, l’imperatore Onorio preferì abbandonare Roma per rifugiarsi a Ravenna perché questa città era considerata più sicura ed inespugnabile in quanto lambita dal mare (da cui potevano arrivare soccorsi da Oriente) e circondata da paludi. Da parte sua, Stilicone affrontò, sconfiggendolo, Alarico a Pollenzo in Piemonte nel 402. Questa vittoria suscitò molto entusiasmo nel mondo romano; in realtà esistevano seri motivi per preoccuparsi perché si era trattato di in barbaro che aveva vinto un popolo barbaro sul suolo italiano. Le gelosie non mancavano: la nobiltà romana vedeva con gelosia la figura del Barbaro Stilicone che stava acquisendo popolarità e lo stesso Onorio nutriva sospetto nei confronti del generale a tal punto da farlo assassinare anche se ne aveva sposato la figlia.
Il saccheggio di Roma
Alarico, approfittando della scomparsa di Stilicone, tornò di nuovo in Italia, giunse a Roma e saccheggiò orrendamente la città (410). Il fatto suscito un forte sgomento e nel saccheggio della città molti vedevano il segno della fine dell’Impero Romano se non del mondo. Due figure importanti ci descrivono la gravità della situazione: S., Gerolamo e S. Agostino. S. Girolamo che paragona il saccheggio di Roma alla rovina di Troia o di Gerusalemme, secondo quanto riportato nella Bibbia. S.Agostino vede giungere in Africa i fuggiaschi, stravolti dal terrore, che accusano il Cristianesimo di aver causato la rovina dell’ Impero. Egli scrive, allora, la Città di Dio per confutare tale accusa.
Domande da interrogazione
- Quali furono le conseguenze immediate della morte dell'Imperatore Teodosio nel 395?
- Come reagì l'imperatore Onorio alla minaccia dei Visigoti guidati da Alarico?
- Quali furono le reazioni al saccheggio di Roma nel 410?
La morte di Teodosio portò a una divisione dell'Impero tra i suoi figli, Arcadio e Onorio, e a un conflitto tra Oriente e Occidente, con i Visigoti di Alarico che minacciavano Costantinopoli.
Onorio abbandonò Roma per rifugiarsi a Ravenna, considerata più sicura, mentre Stilicone affrontò e sconfisse Alarico a Pollenzo nel 402.
Il saccheggio suscitò sgomento e fu visto come un segno della fine dell'Impero Romano. S. Girolamo lo paragonò alla rovina di Troia, mentre S. Agostino scrisse "La Città di Dio" per confutare l'accusa che il Cristianesimo avesse causato la rovina dell'Impero.