Concetti Chiave
- Il rapimento delle Sabine è stato orchestrato da Romolo per popolare la nuova città di Roma, invitando i popoli vicini a una festa e rapendo le giovani donne Sabine.
- La leggenda narra che le donne Sabine, intervenendo durante la battaglia tra Romani e Sabini, hanno fermato il conflitto, portando alla riconciliazione e all'unione dei due popoli.
- Il ratto delle Sabine è considerato una fusione tra realtà storica e leggenda, simboleggiando la forza delle donne nel ristabilire l'ordine e rafforzare Roma.
- Numerose opere d'arte, come la scultura di Giambologna e i dipinti di Jacques Louis David e Nicolas Poussin, rappresentano il ratto delle Sabine, enfatizzando temi di forza, riconciliazione e caos.
- L'evento storico ha ispirato anche il cinema, con film come "Il ratto delle Sabine" di Mario Bonnard e "Romolo e Remo" di Sergio Corbucci, oltre a "Sette spose per sette fratelli" di Stanley Donen.

Il rapimento delle Sabine
La città appena fondata (753 a.C) da Romolo, Roma, aveva un problema: la sua popolazione era essenzialmente maschile, le donne erano pochissime. Bisognava popolarla, affinché avesse un futuro.
Ma come fare?
Le richieste di alleanze e di matrimoni avanzate da Romolo ai popoli vicini erano state respinte, allora il re ricorse a uno stratagemma: organizzò una festa, il 21 agosto, in onore del dio Conso, appunto chiamata Consualia, e invitò i popoli vicini. Questi accorsero numerosi, curiosi di vedere la nuova città. Arrivarono anche i Sabini, con donne e bambini, un popolo che viveva nell'epoca pre romanica nell'odierna Rieti, fino all'Alto Aterno, cioè la Sabinia. La loro città non aveva mura difensive perché non ne necessitavano: i Sabini essere molto, molto forti. Iniziò la festa e, sul più bello, al segnale di Romolo, i Romani rapirono le ragazze più giovani. I Sabini, non riuscendo a riavere le loro donne, guidati dal loro re Tito Tazio, assediarono Roma. Una giovane romana, Tarpea, tradì la sua città e permise ai Sabini di conquistare la cittadella.
Così Romani e Sabini si scontrarono sul terreno paludoso tra Campidoglio e Palatino.
Nel bel mezzo della battaglia, le donne sabine rapite dai Romani si misero in mezzo ai due eserciti dicendo: "Fermatevi! E' inutile combattere: servirebbe solo a renderci orfani o vedove". Il loro intervento ebbe successo. I due popoli si riconciliarono, per cui i Sabini e Tito Tazio entrarono a far parte della città di Roma che diventò così più grande e più forte.
Tra storia e leggenda
Il ratto delle Sabine è la leggenda più famosa in assoluto tra le vicende della Roma antica tramandataci. Da Plutarco l'atto è spiegato non come un rapimento o una cattiveria, bensì una necessità: mescolare i due popoli. Infatti molte erano le donne ma altrettante quelle vergini: nessuna maritata fu presa in ostaggio e per coloro che furono rapite non ci furono violenze ma anzi libera scelta se accettare o meno i diritti civili e politici della città di Roma, diventandone cittadine. A questo proposito, Roma, seppure sembra un nome femminile, è sempre stata associata alla forza maschile poiché leggenda narra che a crearla furono due uomini: Romolo e Remo. In realtà, proprio tramite il ratto delle sabine, abbiamo una nuova concezione della città: le donne riescono, senza la forza, a ristabilire l'ordine e fare di Roma una città ancora più forte. Se ci si sofferma meglio, anche un'altra guerra vide l'inizio e la conclusione proprio grazie e a causa di una donna: Elena di Troia nello scontro tra troiani e greci.
Ad oggi, il termine "ratto delle sabine" ha preso ad indicare in generale una violenza: il rapimento di donne.
Non si tratta puramente di una leggenda poiché davvero i due popoli in questione si unirono pacificamente, e oggi molte sono le città che portano la memoria di questa impresa: Collato Sabino, Villaromana, Montesabinese, Carsoli.
Opere del Rapimento delle Sabine
Oltre alle città appena citate, il ratto delle sabine ha dato modo a diversi artisti di esprimere la loro bravura tramite la rappresentazione di questa leggenda. Il primo esempio è sicuramente Il ratto delle Sabine di Giambologna, oggi alla Loggia dei Lanzi a Firenze. Si tratta di una scultura in marmo, alta 410 cm, creata tra il 1580 e il 1583. I personaggi sono tre, tutti nudi: la giovane in alto, bloccata tra le braccia del giovane uomo a metà, in basso un anziano signore. La giovane ragazza e l'uomo in basso appaiono senza forze, una perché intrappolata dalle forti braccia del rapitore, l'altro perché anziano e impotente. In mezzo invece il rapitore, giovane uomo di spalle che appare con tutta la sua ferocia e la sua forza, anche tramite l'anatomia perfetta della composizione. L'opera è accanto al Perseo di Cellini, entrambi esempi di un'impeccabile capacità: quella citata pocanzi. Il torace del giovane è ruotato e i personaggi sono disposti ad S, creando una sorprendente armonia.
Altra opera ispirata all'avvenimento storico sopra citato è Le Sabine: quadro di Jacques Louis David. Oggi al Louvre, realizzata nel 1794, l'opera è uno dei tanti segnali politici che l'artista esprimeva tramite le sue creazioni. In questo caso David si trova ad esprimere il proprio parere sulla Francia rivoluzionaria di Robespierre: riporre le armi, riconciliarsi dopo l'epoca di terrore della Rivoluzione. Segnale di pace già espresso dalle donne Sabine, che in quest'opera prendono il messaggio di David e lo traducono in arte. Lo stile è realistico e morbido, anche in questo caso ci sono i corpi nudi (nonostante fosse illegale in epoca rivoluzionaria) ma lo sono solo i soldati, sia i sabini sia i romani e i bambini. Le donne, invece, sono al centro, in piedi a chiedere la deposizione delle armi, vestite, forti e decise.
Infine c'è un'anziano anche qui: si tratta di una donna, per terra, vestita di verde, che si sta spogliando in segno di ribellione e disperazione, per attirare l'attenzione dei combattenti.
Nicolas Poussin, invece, mostrerà il suo dipinto dal titolo Il ratto delle Sabine, nel 1634, oggi al Louvre. Romolo, in quest'opera, è rappresentato con il mantello rosso, si erge verso l'alto in onore della creazione di Roma. Un quadro tipicamente barocco che sarà d'esempio per la maggior parte dei dipinti "di guerra" successivi, da Degas a Picasso, per via della sua perfetta prospettiva. Nicolas lascia da parte gli elementi della scultura romana per dare spazio ad un'ambientazione caotica e violenta, come quella narrata dalla leggenda. La prospettiva e i movimenti appaiono esprimere a pieno il rifiuto all'unione dei due popoli. Nonostante questo, nessun sangue è sparso e la vista della violenza appare quasi sfocata, data la moltitudine di uomini in azione, tra cui una donna anziana, anche in questo caso, piegata in avanti e un cavallo bianco tramite il quale il suo padrone è intento a rapire una giovane donna in abito blu.
Per quanto riguarda l'arte cinematografica abbiamo questi esempi:
- Il ratto delle Sabine di Mario Bonnard
- Romolo e Remo di Sergio Corbucci
- Sette spose per sette fratelli di Stanley Donen
Domande da interrogazione
- Qual era il problema principale della città di Roma appena fondata?
- Come si risolse il conflitto tra Romani e Sabini?
- Qual è il significato storico e leggendario del ratto delle Sabine?
- Quali opere artistiche sono ispirate al ratto delle Sabine?
- Quali film sono stati ispirati dal ratto delle Sabine?
La città di Roma, fondata da Romolo nel 753 a.C., aveva un problema di popolazione essenzialmente maschile, con pochissime donne, il che minacciava il suo futuro.
Il conflitto si risolse grazie all'intervento delle donne sabine rapite, che si misero tra i due eserciti e chiesero di fermare la battaglia, portando alla riconciliazione dei due popoli.
Il ratto delle Sabine è una leggenda che simboleggia la necessità di unire i due popoli, Romani e Sabini, e rappresenta un esempio di come le donne abbiano ristabilito l'ordine senza l'uso della forza.
Tra le opere ispirate al ratto delle Sabine ci sono la scultura di Giambologna alla Loggia dei Lanzi, il quadro di Jacques Louis David al Louvre, e il dipinto di Nicolas Poussin, anch'esso al Louvre.
Alcuni film ispirati dal ratto delle Sabine includono "Il ratto delle Sabine" di Mario Bonnard, "Romolo e Remo" di Sergio Corbucci, e "Sette spose per sette fratelli" di Stanley Donen.