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Concetti Chiave

  • L'anno 1848 è stato cruciale per l'Europa con rivoluzioni che hanno scosso la Francia e l'intero continente, portando a significative crisi economiche e politiche.
  • In Francia, la monarchia di Luigi Filippo d'Orleans è crollata sotto la pressione delle rivolte, portando alla proclamazione della Seconda Repubblica.
  • La crisi del 1848 ha colpito l'Impero Asburgico, con insurrezioni a Vienna e altre capitali, minacciando l'unità dell'impero ma mantenuta grazie all'esercito e al sostegno della nobiltà.
  • In Italia, le rivolte del 1848 hanno portato alla prima guerra d'indipendenza e all'ascesa dei Savoia, ma il fallimento militare ha ritardato l'unificazione nazionale.
  • Personaggi chiave come Cavour e Garibaldi hanno guidato il processo di unificazione italiana, culminato con la formazione del Regno d'Italia nel 1861.

Indice

  1. 1848 - crisi economica e politica della Francia
  2. Napoleone III
  3. 1848 - Austria e Germania
  4. 1848 - Italia
  5. Democratici in Italia nel 1848
  6. Cavour in Crimea
  7. Seconda guerra d'indipendenza
  8. Garibaldi e i Mille

1848 - crisi economica e politica della Francia

Il 1848 fu un anno cruciale sia per la storia d’Europa che per quella italiana, fu un anno di rivoluzioni che venne soprannominato: “la terza fase”. Questa ondata rivoluzionario chiamata “primavera dei poveri” riguardò tutta Europa; ma in primo luogo in Francia, dove essa ebbe il significato e caratteristiche particolarmente avanzate Successivamente si estese all'Europa Centrale all’Impero Asburgico; che entrò in una crisi interna con l’inizio di un lento declino che terminerà nel 1918.
Dunque anche in Germania e in Prussia vi furono significati politici con lotte all'assolutismo e volontà di chiedere una monarchia costituzionale. In Italia invece la prima guerra d'indipendenza determinerà l’ascesa dei Savoia e la concessione da parte di Carlo Alberto di una costituzione: il famoso statuto Albertino. Complessivamente ci fu da un lato la crisi politica, e dall’altro una crisi economica. La crisi economica può essere riconosciuta in due crisi: la agricola tradizionale segnata all’inizio dello scarseggio raccolto di grano nel 46/47. Mentre nel Nord Europa ci fu la crisi della patata che era un alimento base che determinò una partecipazione popolare alle proteste da parte di molti. Ci fu anche una crisi industriale ovvero del settore fondamentale, in quanto mancava il denaro speso nei prodotti manuali. Il Nord Europa si stava industrializzando e vi era una forte capacità produttiva, e dunque vi fu una crisi di sovrapproduzione verso aziende che erano diventate vere e proprie imprese che richiedevano molti capitali: nacquero dunque le società a operazioni. Le società a operazioni erano società che mettevano dei titoli a prezzo e valore nominale e chi li acquistava diventava azionista dell’impresa; e cioè comproprietario della società stessa in quanto acquistando l’azione cedeva una quota all’azienda che quindi diventava anche lui il proprietario dell’azienda e dunque diventava anche lui parte del profitto: questo metodo divenne molto di successo. I titoli azionari si potevano acquistare ma non si era obbligati a tenerli siccome si potevano vendere. Essi erano veri e propri beni il cui valore poteva variare in base alla legge della domanda e dell’offerta nella borsa: se c’è molta richiesta il prezzo sale mentre se ce n’è poca il prezzo scende. Il profitto veniva realizzato quando il bene veniva venduto se c’era molta domanda, in quanto esso sta nella differenza del prezzo di acquisto più basso e il prezzo di vendita più alto e ciò era l’attività speculativa. Negli anni precedenti a questo c’era stata una corsa alla borsa, ma con l’inizio della crisi i profitti non vi erano e dunque vengono venduti i titoli azionari e inizia una cosa alla vendita ma si verifica successivamente un crollo dei prezzi dei titoli azionari in quanto l’offerta era maggiore della domanda. Il caso famoso della Francia fu quello avvenuto a Parigi nel Febbraio del 1848: all’epoca lo stato era una monarchia costituzionale con al potere il re Luigi Filippo d'Orleans, ed il governo era tenuto dai liberali dove il potere e dunque il diritto di voto stava in mano alla bassa borghesia. A questo regime si opposero due forze di opposizione: I democratici; ovvero coloro che si ispirano ai principi della monarchia contestando il carattere elitario, chiedendo il cambiamento da una legge elettorale censitaria ad una legge di suffragio universale con il diritto di voto esteso a tutti i cittadini maschi adulti I socialisti, movimenti vicini al mondo operaio con interesse non solo al suffragio universale ma anche ai diritti sociali come il posto di lavoro, il diritto all'istruzione ecc.. Essi si associarono alla rivolta scoppiata il 22 Febbraio, dopo essere che delle manifestazione fossero state vietate. Il re fugge e viene proclamata una repubblica nominata una seconda repubblica con un governo provvisorio dove al capo vi era anche il socialista Blanc, che fece eleggere gli ateliers nationaux; ovvero uffici nazionali con il compito di assumere disoccupati e combattere dunque la disoccupazione. Un'assemblea costituente doveva essere eletta per assemblare la nuova costituzione della Francia.

Napoleone III

Si tennero le elezioni per l’assemblea nazionale costituente nell’Aprile del 1848 a Parigi: per la Sinistra e quindi i socialisti furono una delusione mentre la Destra quindi i moderati vinsero siccome questi ultimi erano la stragrande maggioranza visto che le elezioni si stendevano in tutto il paese. Dunque si formò una nuova tendenza politica con un nuovo governo provvisorio, mentre l’assemblea nazionale costituente continuava a svolgere il suo lavoro, che era contraria ai provvedimenti presi da Blanc e dai socialisti; in particolare gli atelier nationaux perché costavano molto le loro tasse e spesso erano improduttivi. La decisione di chiudere gli atelier nationaux in Giugno causò però una seconda ondata di rivoluzioni da parte degli operai e dei socialisti, tuttavia lo Stato rispose a mano forte rispondendo con la violenza siccome il nuovo governo stesso aveva paura di essi in quanto per la prima volta si parlò di pericolo rosso: cioè di una rivolta proletaria contro gli interessi della borghesia. Venne proclamata una nuova Repubblica Presidenziale con potere legislativo, parlamento e assemblea legislativa eletta a suffragio universale maschile; tuttavia si iniziò a parlare solo di lotta ai diritti politici. Un’altra figura importante era il presidente; ovvero il capo del governo eletto dal popolo dei cittadini che assumeva pienamente il forte potere esecutivo. Le elezioni si tennero sia per l’assemblea legislativa, che era una forza moderata di centro destra, sia per la presidenza che portarono a Luigi Napoleone Bonaparte III; il nipote di Napoleone Il Grande che vinse le elezioni in quanto egli si presentò come un uomo d’ordine capace di restaurare una Repubblica. In realtà una volta diventato presidente egli attuerà uno stato di tipo autorito: restringendo il diritto di voto, limitando la libertà di stampa e addirittura a farsi proclamare imperatore nel 1852 dopo che il 2 Dicembre 1851 quando stava per scadere il suo mandato riuscì a farsi assegnare la presidenza per ben 10 anni. La rivoluzione in Francia fu affossata dopo questo ristabilimento grazie ad una serie di colpi di stato. Per dare l’apparenza di una democraticità, tutti i mutamenti costituzionale venivano fatti approvare da dei plebisciti; ovvero dei referendum dove il popolo era chiamato ad accettare questi mutamenti ottenendo sempre del consenso tenendo conto però che tutte le opposizioni erano state eliminate. La Francia dunque iniziò un periodo di questo governo autoritario.

1848 - Austria e Germania

La crisi del 1848 colpì anche l’Europa Centrale, che riguarda le zone dell’Impero Asburgico e della vera e propria Germania. Nell’Impero Asburgico, a Vienna, giunsero le notizie delle rivolte francesi avvenute a Parigi che come nel 1789 si erano poi diffuse in gran parte del resto del continente. Nei primi di Marzo esplosero le proteste nella capitale; il principale bersagliato è Metternich che sarà poi costretto a dare le dimissioni dopo essere stato eletto cancelliere dal congresso di Vienna. La richiesta dei ribelli era quella che il sovrano concedesse una costituzione; si trattava dunque di una rivoluzione liberale. Mentre a Vienna la dinastia perdeva il controllo sulla capitale, scoppiarono insurrezioni anche nelle altre capitali del regno; come a Praga, capitale del regno di Boemia che faceva parte dell’impero dei ciechi e al Sud a Budapest, nell’Ungheria che faceva parte sempre dell’Impero Asburgico. Le richieste qua però si estendevano al principio di nazionalità e all’indipendenza da Vienna, siccome non volevano più la dominazione straniera e dunque l’Impero Asburgico rischiò di sfasciarsi completamente. Ciò che salvò l’Impero furono dei pilastri a cui la monarchia potette appoggiarsi nella seconda metà del 1848 e nel 1849: il primo pilastro era l’esercito; si mostrò fedele alla dinastia siccome guidato da generali come Mindisgrech in Boemia e Radeschi in Italia. Il secondo pilastro era la burocrazia; vi erano apparati burocratici e funzionari che mostrarono la loro fedeltà. Il terzo e ultimo pilastro: grande nobiltà e chiesa che sostiene alleanza trono-altare invitando i popoli alla sottomissione. Praga cadde per prima nel Giugno del 1848 dove Mindisgrech bombardò la città, egli subito dopo trasferì l’esercito a Vienna che nell’Ottobre dovette risottometersi alla dinastia. A Budapest il leader era Kossuth che chiedeva l’Indipendenza, quest'ultimo esempio fu indebolito da divisioni interne siccome essi dominavano altre nazionalità minori come croati e sloveni, serbi, romeni/transilvani… Gli ungheresi infatti chiedevano l’autonomia da Vienna ma non volevano chiedere l’indipendenza da queste personalità. Essi seguirono la logica “divide et impera” che significava cercare di dividere queste popolazioni minori promettendo la loro autonomia solo se avessero sostenuto gli Asburgo. Quindi la resistenza dell’Ungheria fu resa più fragile. L'Austria non fu più in grado di riprendere il controllo dell’Ungheria ma dovette nel 1849 chiedere aiuto per l’invio di nuovi eserciti. Dunque quest’insieme di pressioni dell’Agosto del 1849 attuò la repressione. Questi episodi resero molto fragile l’Austria che non ridiventerà mai più una delle potenze principali europee, ma cominciò la crisi dell'Impero Asburgico che durerà mezzo secolo. Il sovrano abdicò e il potere passò a Francesco Giuseppe che ristabilirà l’assolutismo non essendo legato a nessuna promessa, egli regnerà per un lungo periodo che va dal 1948 al 1916. In Germania, che era uno stato confederale, scoppiarono rivolte nei vari stati che chiedevano ai sovrani la costituzione. A Berlino, uno dei più grandi epicentri rivoluzionari, il re Federico Guglielmo della dinastia degli Hohenzollern dovette concedere una costituzione. I tedeschi sollevarono anche il problema dell'unificazione nazionale; un sogno che molti giovani, intellettuali e borghesi accarezzavano da tempo. Così si tennero delle elezioni a suffragio universale maschile per creare un parlamento, conosciuto come “il parlamento di Francoforte”; che era un’assemblea costituente che avrebbe dovuto risolvere entrambi i problemi. Si formarono tre grandi partiti all’interno di esso: il primo era quello dei grandi austriaci; coloro che volevano creare un unico Grande Stato Germanico che comprendesse Germania, Austria, e anche tutti i piccoli stati di dominio Asburgico che era appunto sostenuto dall'Impero stesso. Il secondo era quello dei grandi tedeschi; che volevano una situazione mediata, in quanto volevano che a loro si unisse solo l'Austria senza i piccoli stati slavi e italiani. Il terzo e ultimo era il partito tedesco; che voleva l’unificazione del paese con l’unica Germania, prevarrà quest'ultimo partito. Il parlamento dunque, dopo che gli austriaci si tolsero di mezzo, offrì la corona al re di Prussia ma egli la rifiutò siccome egli era di convinzione assolutista e accettare una proposta del parlamento avrebbe significato accettare la sovranità popolare. Il parlamento di Francoforte si sciolse e dunque questa questione dell'unificazione della Germania non venne risolta, dopo qualche anno la Prussia risolverà da sé con ferro e sangue.

1848 - Italia

La crisi del ‘48 coinvolse profondamente anche la realtà italiana. Erano scoppiate diverse rivolte un po’ in tutta Italia, ma la più importante fu quella nel territorio Lombardo-Veneto sotto dominazione austriaca. Qui tra il 17 e il 23 Marzo erano giunte le notizie delle rivolte prima a Parigi e poi a Vienna, di seguito insorsero anche nelle due capitali di questo regno ovvero Milano e Venezia. A Milano vi furono le famoso 5 giornate di insurrezioni popolari, che costrinse il generale austriaco Radetzky a presidio di Milano ad abbandonarla a se stessa e a fuggire in attesa di forze rifugiandosi nel quadrilatero delle quattro fortezze: Pavia, Mantova, Verona e Peschiera. A Venezia venne proclamata la Repubblica di San Marco, mentre a Milano si venne a verificare una spaccatura fra le forze: i moderati, i liberali, la nobiltà favorevole ad una monarchia costituzionale, ma l’area più radicale con a capo Cattaneo aveva in testa l’idea di una Repubblica. I moderati e i nobili, chiesero l’aiuto e l’intervento sia per raggiungere una Repubblica e sia per continuare la guerra contro gli austriaci ai Savoia, che possedevano un forte esercito espansionistico, e a Carlo Alberto; re del regno di Sardegna, per instaurare una monarchia tra Milano e il regno di Sardegna. Carlo Alberto, che già aveva ceduto la costituzione dello statuto albertino in Piemonte, decise di intervenire e aderire alla richiesta dei lombardi anche per proteggere il suo trono dallo scongiuramento di una vittoria dei democratici. Mentre egli interveniva insorsero patrioti un po’ in tutta Italia; essi chiedevano una costituzione e truppe che si affiancasse a Carlo Alberto per cacciare gli austriaci: tutta la nazione doveva collaborare. Ben presto però iniziò un grave periodo di crisi, in primo luogo per la condotta di Carlo Alberto che era più interessato più all’assedio di Lombardia e Piemonte che alla vera e propria cacciata degli austriaci che ben presto insospettì tutti gli altri sovrani che si erano ritrovati a spendere numerose risorse. Tuttavia, determinare la vera e propria crisi di questa alleanza fu l’allocuzione del Papa Pio IX che il 29 Aprile del 1848 disse che: in quanto Papa non poteva accettare la guerra contro un popolo cristiano che aveva sempre favorito la Chiesa per ma doveva abbracciare tutte le genti e popoli essendo a capo della cristianità. Il Papato dunque si ritirò da questa guerra federale facendo fallire le truppe. Il Papato si trovava dunque davanti ad una situazione di bivio e contraddizione tra potere spirituale e temporale di esso: il Papa era il capo spirituale della cristianità, ma era anche re di uno stato che poteva mostrarsi interessato alla manifestazione di questa guerra. Visto l’esempio del Papa anche altri sovrani come il granduca di Toscana, il re di Napoli e il re delle due Sicilie ritirarono le loro truppe; così facendo il solo Carlo Alberto si vide a combattere questa guerra da solo. In Giugno però la situazione cambiò siccome il generale Mindisgrech vinse la battaglia a Praga e potette inviare truppe in aiuto in Italia per Radetsky lasciandole passare per la valle dell’Adige. Il 25 Luglio si arrivò alla battaglia decisiva che vide le truppe di Carlo Alberto ritirarsi, Milano e Venezia si sentirono entrambe molto tradite e dunque il 9 Agosto Sabaudo Salasco scrisse l'armistizio di Salasco che poneva un provvisorio termine alla guerra che sembrava ormai fallita. A questo punto presero l’iniziativa i radicali e i democratici promuovendo insurrezioni e rivolte in tutti gli stati italiani a cominciare dallo stato della Chiesa stesso. I democratici insorsero con a capo Mazzoni, Pio IX fu costretto a fuggire a Napoli e fu successivamente instaurata una Repubblica con un’assemblea costituente eletta a suffragio universale maschile che avrebbe dovuto dare una nuova costituzione repubblicana ponendo fine al potere temporale del Papa nella capitale. Il governo provvisorio venne dato ad un triumvirato tra cui vi era anche Mazzini. L’esempio di Roma fu contagioso; infatti a Firenze avvenne una cosa analoga con il granduca Leopoldo che dovette dimettersi e fu messo in fuga. I democratici presero il potere e venne proclamata la Repubblica con un’assemblea nazionale costituente per attuare un processo di unificazione.

Democratici in Italia nel 1848

I democratici nel 1848 stavano prevalendo in buona parte dell’Italia centrale. Carlo Alberto si rese conto che la situazione stava diventando pericolosa per lui siccome si era guadagnato una cattiva fama: si era reso noto come traditore del movimento patriottico dopo aver sottoscritto quel famoso armistizio ed in più notò che in Italia stavano prevalendo i democratici con il rischio di un’insurrezione democratica con un potenziale danno del suo trono e della sua corona. Così egli decise di ritirare l’armistizio Salasco e riprendere le ostilità con l’Austria: impresa disperata in quanto vi era il piccolo stato piemontese contro il forte e immenso esercito austriaco, ma allo stesso tempo atto politico in quanto con questo gesto egli voleva dimostrare di non essere un traditore della patria italiana ristabilendo il prestigio di casa Savoia. Nel Marzo del ‘49 vi fu la famosa battaglia di Novara dove gli austriaci varcarono il Ticino e sconfinarono in Piemonte e a sbaragliare l’esercito piemontese. Si tentò di arrivare subito ad un nuovo armistizio, ma non appena l’Austria pose al Piemonte condizioni umilianti il re Carlo Alberto abdicò e andò in esilio in Portogallo dove morì. Successivamente salì al trono il figlio Vittorio Emanuele II che prese in mano le redini sottoscrivendo l’armistizio per arrivare ad una pace: vennero imposte alcune condizioni gravose: il pagamento di un’indennità di guerra e l’occupazione di Alessandria piemontese finché non fosse stata pagata l'indennità. Questa prima guerra d’indipendenza si rivelò essere un grande fallimento per il Piemonte, tuttavia entrambi i re si dimostrarono essere impegnati per la causa Italiana e Vittorio Emanuele II in particolare si rivelò essere l’unico che mantenne la costituzione eletta dal padre; ovvero lo Statuto Albertino. Il Piemonte fu l'unico stato che nel 1848 si trasformò in una monarchia costituzionale, mentre in tutti gli altri vennero restaurate le monarchie assolute. Come nel caso di Ferdinando II a Napoli o in Toscana l’Austria inviò delle truppe per sconfiggere i democratici e riportare al potere Leopoldo II. Nel caso un po’ più particolare del Lazio l’Austria fu preceduta dalla Francia con al potere Luigi Napoleone, egli era riuscito ad ottenere il potere eletto da una maggioranza di conservatori cattolici che chiedevano di prendere le difese di Pio IX riportandolo al potere e ripristinando lo stato pontificio. Napoleone dunque decise di inviare una spedizione contro la Repubblica Romana con a capo Garibaldi e il 2 Luglio la Repubblica fu costretta ad arrendersi dopo aver appena approvato la nuova costituzione. Roma cadde e l’esercito francese permise di ripristinare il potere temporale del Papa con una monarchia assoluta. Venezia fu l’unica città rimasta a combattere, in quanto l’unica città che gli austriaci non erano ancora riusciti a sottomettere che resistette fino all’Agosto di quell’anno. Gli austriaci minacciarono di bombardarla e i veneziani furono costretti a cedere dopo che i viveri cominciarono a scarseggiare perché circondati ovunque con anche la diffusione di una pandemia di colera. Gli austriaci tuttavia si dimostrarono abbastanza miti e poco aggressivi nei confronti di Venezia. Il 1848 si concluse così con la restaurazione della monarchia assoluta in tutti gli stati italiani eccetto il caso particolare del Piemonte e il regno di Sardegna.

Cavour in Crimea

Mentre nel 1848 tutti gli stati italiani erano tornati alla monarchia assoluta, in Piemonte era rimasto in vigore lo Statuto Albertino e dunque la Costituzione che il re Carlo Alberto aveva concesso per primo e Vittorio Emanuele II aveva mantenuto per secondo. Oltre al re dunque, aveva un certo potere anche il Parlamento che era a suffragio censitario dove circa il 2% della popolazione votava; vi erano presenti partiti di destra conservatrice, destra liberale e partiti di sinistra liberale o sinistra democratica. Camillo Benso conte di Cavour, un uomo parte della nobiltà piemontese, era un secondogenito che si dedicò a studi di economia rivelandosi un abile agricoltore e gestore ed ebbe una formazione politica di tipo aperto avvicinandosi sempre più agli ideali liberali favorevole ad una monarchia costituzionale con un parlamento che esercitasse un ruolo decisivo e che i governi piemontesi ottenessero la fiducia anche del parlamento stesso. Egli farà anche dei viaggi in gioventù in Francia e Inghilterra dove vide esempi di monarchie costituzionali già avanzate e della rivoluzione industriale, progressi economici, progressi dei trasporti ecc… Egli una volta tornato in Italia si fece eleggere nel parlamento nella destra liberale, dove sosterrà i progetti di riforma che questo governo cercava di promuovere; come le leggi siccardi. Con questa approvazione delle leggi egli riuscì a mettere su in piedi una nuova maggioranza; ovvero il famoso connubio Cavour-Rattazzi; cioè un’alleanza politica tra Cavour ovvero la destra liberale e Rattazzi della sinistra moderata: ciò era finalizzato a creare una maggioranza che avrebbe sostenuto il nuovo governo e attuato diversi progetti di riforma sia all’interno che in politica estera come il progetto dell’unificazione italiana. Cavour divenne dunque presidente del consiglio approvato da questa maggioranza nel 1852. Per quanto riguarda la politica interna si occupò di: promuovere lo sviluppo economico del Piemonte che era ancora in condizione molto arretrate e pietose, promuoverà la meccanizzazione, promuovere nuove colture, la creazione di canali irrigatori con il canale Cavour, l’esportazione di prodotti agricoli all’estero, creazione di infrastrutture di base come Torino-genova, favorire il trasporto dei commerci, favorire l’industrializzazione, promuovere reti ferroviarie per il trasporto militare ecc… tutto ciò però causò l'aumento delle tasse e della pressione fiscale sul deficit dello stato. Per quanto riguarda la politica estera, Cavour ei suoi uomini presero molto a cuore il tema del patriottismo e del risorgimento italiano che vedeva la cacciata dello straniero e l’unificazione dello stato, ma non aspira come Mazzini ad una Repubblica ma bensì ad espandere il potere dei Savoia a tutta Italia per creare una Monarchia Costituzionale con l’idea e il progetto dell'annessione dei vari stati al Piemonte e l’espansione dello Statuto Albertino Piemontese all’Italia. Per quanto riguarda la cacciata degli austriaci, cavour realizzò che lo stato piemontese non era in grado di farcela da solo e dunque rivolse le sue attenzioni a Napoleone III; che si era autoproclamato imperatore e la sua politica estera era diventata molto ambiziosa siccome voleva realizzare l’egemonia della Francia in Europa dove si sarebbe inevitabilmente scontrato anche con l’Italia. Cavour volle dunque sfruttare a suo vantaggio questa ambizione espansionistica di Napoleone III, L’occasione arrivò presto nel 1853 con la Guerra di Crimea, nel Mar Nero. La Russia aveva occupato molti stati come la Moldavia e la Valacchia che appartenevano all’Impero Ottomano, ovvero la moderna Romania. La Russia attaccò l’Impero Ottomano per espandersi nei balcani con l’obiettivo di raggiungere Costantinopoli ed avere accesso al Mar Mediterraneo. Di fronte a questa prospettiva si opposero Francia, e dunque Napoleone III, e l’Inghilterra che si opposero creando una lega per sostenere l’Impero Ottomano e sconfiggere la Russia. Essi chiesero aiuto anche all’Austria di intervenire, ma essa rimase neutrale per tre motivi: primo aveva problemi interni in quanto era molto indebolita dopo l’uscita dal 48’, secondo non voleva intraprendere una guerra contro la Russia siccome si trattava di un paese che l’aveva aiutata, terzo anch’essa aveva ambizioni a espandersi in quei territori. Il motivo che però l’Austria diede per rifiutare la proposta di Francia e Inghilterra fu quello che se si fosse impegnata nei balcani contro la Russia sarebbe stata pugnalata alle spalle a Ovest dallo stato del Piemonte che voleva riprendersi la Lombardia. Francia ed Inghilterra per convincere l’Austria a dare aiuto convinsero il regno di Sardegna a partecipare alla Guerra di Crimea. Alla fine Vittorio Emanuele II e lo stesso Cavour decisero di accettare l’invito e mandarono un contingente di 15’000 uomini nella guerra di Crimea che tuttavia non ebbero un ruolo di primo piano; infatti se il Piemonte fosse stato impegnato nella guerra di Crimea non avrebbe potuto attaccare l’Austria. Nonostante ciò, il rinnovamento della richiesta all’Austria non fu soddisfacente in quanto rifiutò ancora e ancora fino a riportarsi all’isolamento perenne che fu per lei molto dannoso. La Guerra di Crimea si concluse con la sconfitta della Russia che dovette evacuare e non avere più accesso nei distretti degli stati conquistati; tutto questo deciso in un congresso tenutosi a Parigi nel 1856. Il vantaggio per il Piemonte fu quello di partecipare alla stessa conferenza di Pace avendo l'occasione di sollevare il problema dell'unificazione italiana e dell'atmosfera di pressione sotto la quale si trovava, suscitando lo scandalo e l'opposizione dell'Austria ma fu comunque un fatto favoloso per la diplomazia del tempo che segnò per la prima volta l’ascesa di cavour a livello internazionale e la questione della diplomazia italiana nelle diplomazie europee.

Seconda guerra d'indipendenza

Cavour sfruttò la Guerra di Crimea per avvicinarsi ad Napoleone III, infatti il suo scopo era di sfruttare le sue ambizioni espansionistiche ed egemoniche a suo vantaggio. Cavour sperava che Napoleone III fosse disposto ad aiutarlo in questa guerra contro l’Austria. Tuttavia questo progetto diplomatico rischiò di fallire a causa di un attentato causato dall' italiano Felice Orsini che gettò una bomba sulla carrozza in cui viaggiava Napoleone III che miracolosamente si salvò. Cavour però seppe sfruttare anche questo avvenimento, siccome egli fece presente a Napoleone III che se non si fosse intervenuto a livello internazionale a risolvere il problema italiano ci sarebbe stata una degenerazione della situazione politica in Italia dove sarebbero riuscite a prevalere le forze democratiche alle quali apparteneva anche Orsini e questo caso si sarebbe diffuso in tutta Italia. Cavour riesce a convincere Napoleone III a stipulare i famosi patti segreti di Plombier nel Luglio del 1858, che prevedeva un’alleanza secondo la quale: nel caso il Piemonte fosse stato attaccato dall’Austria, allora la Francia sarebbe intervenuta in sua difesa militarmente e in caso di vittoria ci sarebbe stata una ridefinizione dell’assetto italiano: il Nord Italia sarebbe spettato al Piemonte e in cambio avrebbe ceduto alla Francia le aree francofone e tutta la Savoia con la formazione di due grandi stati dell’Italia Centrale e dell’Italia Meridionale e Napoleone sperava di mettere a capo di questi regni i suoi uomini e sostituire all’egemonia austriaca l'egemonia francese. Cavour, cercò di provocare l’Austria a dichiarare guerra al Piemonte. Vittorio Emanuele tenne un discorso in parlamento nel 1859 dove annunciò che: “mentre rispettiamo i trattati non siamo insensibili al grido di dolore che dalle tante parti d’Italia si eleva verso di noi.” Il re e quindi lo stato si mostrava sensibile nei confronti dei patrioti italiani che non sopportavano più la dominazione straniera, le monarchie assolute e i sovrani oppressori di tutta Italia. Questo bisogno di libertà, indipendenza e unificazione era approvato e appoggiato dal regno di Sardegna che sosteneva l’idea del Risorgimento Italiano. L’Austria cadde in questo tranello e inviò al regno di Sardegna un ultimatum che imponeva la smobilitazione dei volontari. Cavour, che non aspettava altro, respinse l’ultimatum e l’Austria dichiarò guerra al Piemonte. Così iniziò la guerra che fece scattare gli accordi di Plombier e dunque Napoleone III mandò truppe in aiuto che sbarcarono a Genova: Il primo grande scontro fu la battaglia di Magenta il 4 Giugno del 1859 Mentre gli austriaci cominciarono a ritirarsi ed iniziava l’avanzata francese e i franco-piemontesi occupavano la Lombardia, cominciarono a scoppiare insurrezioni in tutta Italia e in particolare nel centro a Modena, Parma, Firenze. Per evitare il peggio Napoleone III decise di firmare un armistizio con l’Austria a Villafranca l’11 Luglio del 1859 con il raggiungimento di un compromesso: l’Austria manteneva il Veneto e cedeva la Lombardia alla Francia la quale a sua volta le avrebbe ceduto il Piemonte. Cavour si sentì tradito quando seppe di questo armistizio e dunque decise di dimettersi, in questa situazione di stallo organizzò dei plebisciti a suffragio universale machile per decidere se entrare a far parte del Regno di Sardegna nel Marzo del 1860. Essi videro un trionfo dei sì per l’annessione e a questo punto la Toscana e tutta quanta l’Emilia Romagna entrarono a far parte del nuovo regno di Sardegna che già ormai comprendeva la Lombardia. Una parte del Centro e una gran parte del Nord Italia ne entrarono a far parte, Napoleone non era contento di questa situazione ma dovette fare buon viso a cattivo gioco e chiese che gli venissero cedute secondo i patti Nizza e Savoia. A questo punto sembrava dunque impossibile raggiungere un’unificazione del paese.

Garibaldi e i Mille

A completare il processo di unificazione contribuì l’ala democratica della politica italiana. I democratici avevano una loro propria organizzazione ovvero un partito d’azione con a capo Mazzini; il quale si proponeva di realizzare l’unità italiana ma con un regime repubblicano che prevedeva la cacciata dei re e dei savoia chiedendo la convocazione di un’assemblea nazionale costituente per l'emanazione di una costituzione repubblicana. A questo progetto si opponeva il movimento d’ispirazione sostenuto da Cavour favorevole all’annessione del Centro-Sud da parte dei Savoia per avere un’Italia unita resa una monarchia costituzionale con il mantenimento dello statuto albertino. Dopo il fallimento di Cavour dunque il partito d’azione volle prendere in mano la situazione. Il progetto prevedeva di agire nell’italia meridionale e organizzare una spedizione per cacciare il re borbone Francesco II, che era salito al potere da poco ovvero dal maggio del 1859. A capo di questa insurrezione si impose Garibaldi, un leader e uomo d’azione che con l’appoggio dei democratici organizzò una spedizione navale che partiva da Genova con due navi a disposizione e “i mille” volontari armati che sarebbero dovuti sbarcare in Sicilia e promuovere l’insurrezione. Vittorio Emanuele II si mostrò fin dall’inizio a favore di questo progetto per l’unificazione italiana, mentre Cavour si mostrò titubante siccome temeva che se garibaldi avesse avuto successo nel Meridione i democratici avrebbero avuto successo nel mettere in atto un regime monarchico in Italia. La spedizione partì nel maggio del 1860 arrivando a Marsala in Sicilia, nel giro di poco tempo Garibaldi riuscì prima ad occupare Palermo e poi tutta quante la Sicilia: il regno borbonico si sfaldò. Garibaldi riuscì ad avere l’appoggio delle masse popolari dei contadini picciotti che speravano di vedere migliorate le loro condizioni di vita; con una rivoluzione agraria, l’eliminazione dei latifondi ecc… Garibaldi si dimostrarono però poco propensi a soddisfare le richieste dei contadini utilizzando spesso anche le armi contro questa rivolta contadina per reprimerla, in quanto egli aveva obiettivi politici: questo segnò una prima delusione da parte delle classi povere, siccome si rivelò essere solidale con gli interesse delle classi dominanti che scatenò un interesse dei latifondisti di passare dalla parte dei Garibaldini. Garibaldi non trovò barriere e ostacoli ne sui mari, ne sullo stretto di Messina e neanche quando entrò in Sicilia; ciò significo che ne Francia ne Inghilterra avessero preso posizione opponente a questo movimento ma si erano rivelati neutrali. Una volta arrivato in Sicilia Garibaldi assunse la carica di dittatore, e ciò preoccupò Cavour che temeva che con questo potere lui e i democratici che lo sosteneva prendessero l’intero controllo del meridione e che attuassero quel loro progetto che prevedeva l’elezione di un’assemblea costituente e la formazione di una Repubblica in Italia. Quando Garibaldi raggiunse Napoli si sollevò il timore che volesse raggiungere anche Roma per distruggere il potere del Papa e instaurare definitivamente una Repubblica. A questo punto Cavour decise di intervenire per porre un freno a Garibaldi: chiese a Napoleone III il permesso di intervenire mandando truppe dal Nord attraversando lo stato pontificio per fermare l’invasione garibaldina e salvare il Papa: Napoleone III diede il consenso in quanto aveva bisogno dei voti del consenso dell’elettorato cattolico. Le truppe piemontesi iniziarono ad agire in teoria per proteggere lo stato pontificio, in realtà occuparono queste regioni che suscitò le proteste sia del Papa PIo IX sia dei garibaldini. Il sovrano Francesco II si era rifugiato nella fortezza di Gaeta. Durante il famoso incontro tra Garibaldi e Vittorio Emanuele II vi fu l’accessione dei poteri: Cavour e Vittorio Emanuele II estromisero Garibaldi e presero in mano il controllo del potere: fu scongiurato il pericolo di arrivare all’elezione di un’assemblea costituente e dunque il pericolo della Repubblica, vennero eletti dei plebisciti nell’Italia Meridionale e poi al Centro riguardanti l’annessione del Piemonte. Fra Ottobre e Novembre del 1860 si tennero queste elezioni che videro vincere per la stragrande maggioranza l’annessione e dunque tutta Italia entrò a far parte del regno. Il 17 Marzo del 1861 nel Parlamento riunito a Torino venne proclamato il Regno d’Italia con a capo il Re Vittorio Emanuele II. L’unificazione non era però ancora del tutto completa, infatti vi erano ancora regioni che non facevano parte dell’Italia: come il Lazio che era lo stato pontificio e tutta la parte nordica che comprendeva Veneto, Trentino Alto-Adige e Friuli Venezia GIulia che erano ancora parte dell’Impero asburgico. Tuttavia il “grosso” del lavoro era già stato compiuto grazie una parte all’iniziativa di Cavour e dei liberali, e dall’altra da Garibaldi e dei democratici con le loro insurrezioni popolari.

Domande da interrogazione

  1. Qual è stato il ruolo della Francia nelle rivoluzioni del 1848?
  2. La Francia ha avuto un ruolo centrale nelle rivoluzioni del 1848, essendo il paese dove la "primavera dei poveri" ha avuto inizio con caratteristiche particolarmente avanzate. Questo ha portato alla fuga del re Luigi Filippo d'Orleans e alla proclamazione della Seconda Repubblica.

  3. Come ha reagito l'Impero Asburgico alle rivoluzioni del 1848?
  4. L'Impero Asburgico ha affrontato una grave crisi interna a seguito delle rivoluzioni, con insurrezioni in diverse capitali come Vienna, Praga e Budapest. La monarchia ha mantenuto il controllo grazie all'esercito, alla burocrazia e al sostegno della grande nobiltà e della chiesa, ma l'Impero ha iniziato un lento declino.

  5. Quali furono le conseguenze delle rivoluzioni del 1848 in Italia?
  6. In Italia, le rivoluzioni del 1848 hanno portato alla prima guerra d'indipendenza, che ha visto l'ascesa dei Savoia e la concessione dello Statuto Albertino da parte di Carlo Alberto. Tuttavia, la guerra contro gli austriaci si concluse con un fallimento per il Piemonte, ma segnò l'inizio del processo di unificazione italiana.

  7. Quali furono le implicazioni economiche delle crisi del 1848?
  8. Le crisi del 1848 ebbero importanti implicazioni economiche, tra cui una crisi agricola dovuta allo scarseggio di raccolti e una crisi industriale caratterizzata da sovrapproduzione e crisi di liquidità. Questo ha portato a una diffusa partecipazione popolare alle proteste in tutta Europa.

  9. Come ha influenzato Napoleone III il contesto politico europeo dopo il 1848?
  10. Napoleone III ha influenzato profondamente il contesto politico europeo, instaurando un regime autoritario in Francia e intervenendo negli affari italiani per sostenere il potere temporale del Papa e opporsi all'unificazione italiana sotto i democratici. La sua politica estera ambiziosa ha anche portato alla Guerra di Crimea e alla Seconda guerra d'indipendenza italiana.

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