Concetti Chiave
- Durante la Restaurazione, i principi italiani affrontarono il dilemma tra continuare il riformismo illuminato e il ritorno all'assolutismo, influenzati dall'eredità napoleonica.
- Il Piemonte vide tentativi di ritorno alle riforme settecentesche, con iniziative promosse da Prospero Balbo per cancellare le leggi napoleoniche.
- Nel Regno del Lombardo-Veneto, l'Austria cercò di mantenere un regime di tolleranza per soddisfare le aspirazioni della borghesia e dell'aristocrazia favorevoli all'autonomia politica.
- Il Ducato di Parma e la Toscana cercarono di riprendere la tradizione illuminista, promuovendo riforme economiche e legislative per lo sviluppo.
- Nel Regno delle due Sicilie, l'estremo assolutismo di Ferdinando I e la politica centralizzatrice portarono a tensioni interne, nonostante brevi tentativi riformatori.
Indice
La restaurazione in Italia
In Italia, la cappa di piombo della Restaurazione, voluta da Vienna, non è calata ovunque nello stesso modo. Orma era crollata la speranza in un nuovo assetto politico-territoriale nuovo e nei nuovi principi di libertà che avevano attraversato l’Europa durante il periodo napoleonico e che costituiranno una delle principali componenti del movimento romantico. Restava il desiderio per un dispotismo illuminato, l’unica esperienza di governo felice per l’Italia. Nacque così il mito del ritorno al Settecento con cui si riproponeva l’ammodernamento paternalistico degli Stati, bruscamente interrotto dalla Rivoluzione francese. Tale esperimento ebbe tuttavia una durata molto breve perché le condizioni storiche erano molto diverse.
Il dilemma dei principi italiani
D’altra parte, l’opera innovatrice, soprattutto in campo legislativo, portata da Napoleone e dalla sua famiglia regnante non poteva essere ignorata. Pertanto, i principi italiani si trovato di fronte ad un dilemma, il che spiega un comportamento da essi tenuto, spesso contraddittorio. Essi possono continuare la tradizione del riformismo, tenendo conto dell’esperienza napoleonica, riproponendo forme di paternalismo, ormai superate, ma conservando nello stesso tempo una legislazione sostanzialmente moderna, oppure ritornare ai metodi tipici del governo assoluto che avevano preceduto il periodo del dispotismo illuminato. In quest’ultimo caso, però, le opposizioni si sarebbero rafforzate e l’Italia sarebbe stata condotta verso uno stato di grande arretratezza civile e politica con tutti i rischi che ciò avrebbe comportato.
Riforme in Piemonte e Lombardia
In Piemonte, sembrò ristabilirsi l’alleanza fra l’aristocrazia illuminata e i sovrani sabaudi. Qui Prospero Balbo, padre di Cesare Balbo e ministro di Vittorio Emanuele I, si rese promotore di tutta una serie di iniziative il cui scopo era di ricondurre lo Stato verso le riforme settecentesche, dopo saver cancellato tutta la legislazione che si ispirava a Napoleone.
Nel Regno del Lombardo-Veneto, sembro che l’Austria volesse instaurare un regime di tolleranza per non urtare le aspirazioni degli aristocratici e della ricca borghesia che sosteneva l’esperienza napoleonica e sperava in una autonomia politica.
Politiche nei ducati e in Toscana
Nel Ducato di Parma, Maria Luigi d’Asburgo, con l’aiuto del ministro e amante Neipperg, continuò la tradizione illuminista di stampo paternalistico, mentre nel Ducato di Modena e Reggio non mancarono, specialmente nei primi annui, iniziative di un certo interesse.
Anche in Toscana, dove alcuni ministri, che erano stati partecipi all’opera di Pietro Leopoldo, ritornarono al governo, l’attività riformatrice si rifece al dispotismo illuminato settecentesco. Lo scopo era di assicurare al Granducato un adeguato sviluppo economico e una moderna legislazione, caratterizzata dalla restaurazione delle leggi volute da Pietro Leopoldo e dalla lotta ai privilegi.
Lo Stato della Chiesa, benché tendenzialmente molto reazionario, con il cardinale Consalvi vide un tentativo di apertura alle nuove esigenze. Sotto la pressione della diplomazia europea, le responsabilità politiche ed amministrative furono affidate a dei laici; inoltre, i metodi di governo furono cambiati, in quanto particolarmente disastrosi per le regioni emiliane, assai progredite e che già al tempo di Napoleone avevano fatto parte della Repubblica Cisalpina e del Regno d’’Italia.
Contraddizioni nel Regno delle due Sicilie
Molto complessa e contraddittoria si presentava, invece, la situazione del Regno delle due Sicilie in cui l’assolutismo estremo di Ferdinando I era tale da preoccupare la stessa Austria. I rischi erano tanti: l’assolutismo intollerante e clericale del monarca poteva provocare l’opposizione delle tradizioni giacobine sempre vigili e quella dell’attività riformatrice o dalla classe amministrativa e militare che si era formata sotto il governo di Giovacchino Murat. Il ministro Medici, ben visto dall’Austria, per breve tempo, riuscì a combattere la nefasta influenza reazionaria del Principe di Canosa, riuscendo anche a dar vita ad un governo moderatamente riformatore. In sostanza si trattava di un ritorno anacronistico al riformismo del XVIII secolo che fallì a causa della politica centralizzatrice del Medici che si scontrava con le tendenze autonomistiche. Un altro elemento negativo fu dato dalla necessità di concludere un gravoso concordato con la Santa Sede, siglato nel 1818. Esso non solo era in contrasto con i principali indirizzi del dispotismo illuminato, ma riproduceva la tradizionale confusione fra trono e altare, di ispirazione fortemente opportunistica.
Occorre aggiungere che ovunque, eccetto nel Granduca di Toscana, fu ripristinata la Compagnia di Gesù.
Domande da interrogazione
- Qual era il dilemma principale affrontato dai principi italiani durante la Restaurazione?
- Come si manifestò la politica di Restaurazione in Piemonte?
- Qual era l'approccio dell'Austria nel Regno del Lombardo-Veneto durante la Restaurazione?
- Quali furono le iniziative nel Ducato di Parma sotto Maria Luigia d'Asburgo?
- Quali furono le problematiche nel Regno delle Due Sicilie durante la Restaurazione?
I principi italiani dovevano scegliere tra continuare la tradizione del riformismo, tenendo conto dell'esperienza napoleonica, o ritornare ai metodi del governo assoluto precedente, rischiando di rafforzare le opposizioni e portare l'Italia verso un'arretratezza civile e politica.
In Piemonte, sembrò ristabilirsi l'alleanza tra l'aristocrazia illuminata e i sovrani sabaudi, con Prospero Balbo che promosse iniziative per riportare lo Stato verso le riforme settecentesche, cancellando la legislazione napoleonica.
L'Austria sembrava voler instaurare un regime di tolleranza per non urtare le aspirazioni degli aristocratici e della ricca borghesia che sostenevano l'esperienza napoleonica e speravano in un'autonomia politica.
Maria Luigia d'Asburgo, con l'aiuto del ministro Neipperg, continuò la tradizione illuminista di stampo paternalistico nel Ducato di Parma.
Il Regno delle Due Sicilie affrontò l'assolutismo estremo di Ferdinando I, che preoccupava l'Austria, e il ministro Medici cercò di combattere l'influenza reazionaria del Principe di Canosa, ma il riformismo fallì a causa della politica centralizzatrice e del concordato con la Santa Sede.