Concetti Chiave
- La Germania nazista ha utilizzato strategie di repressione basate su esperienze belliche passate per terrorizzare i civili e sopprimere eventuali insurrezioni nei territori occupati.
- Prima del 1939, le pratiche repressive tedesche includevano la distruzione di villaggi e l'esecuzione di ostaggi, giustificate come "necessità della guerra".
- Nel 1941, le Einsatzgruppen furono impiegate per massacrare civili, in particolare gli ebrei, segnando l'inizio dell'Olocausto come parte della propaganda contro il nemico "giudeo-bolscevico".
- Tra il 1942 e il 1945, la repressione si intensificò con esecuzioni di massa, deportazioni e la creazione di "villaggi fortificati" per combattere i partigiani, con variazioni dipendenti dalla regione.
- La collaborazione con le autorità locali fu fondamentale in Occidente, dove la polizia tedesca collaborò con quella francese per reprimere la resistenza, usando tecniche di interrogatorio estremo e deportazioni.
Indice
- La strategia di deterrenza nazista
- Origini storiche della repressione
- Conferenze internazionali e limiti
- Rappresaglie nella prima guerra mondiale
- Einsatzgruppen e l'Olocausto
- Repressione in Serbia e Francia
- Resistenza e reazioni draconiane
- Collaborazione in Occidente
- Radicalizzazione della repressione
- Tradizioni e ideologia nella repressione
La strategia di deterrenza nazista
La repressione della Germania nazista nei territori occupati durante la Seconda guerra mondiale porta l'impronta delle esperienze delle guerre passate, pur basandosi su una strategia di deterrenza.
L'anno 1941 segnò il definitivo abbandono delle norme internazionali e l'inizio della sistematizzazione della violenza su larga scala contro i civili, a cominciare dagli ebrei. Nonostante situazioni spesso molto diverse, esistevano forti legami e scambi tra le regioni occupate. Le esperienze circolavano; metodi e strategie venivano osservati, trasferiti e testati da un territorio all'altro.
La repressione nazista degli atti di resistenza occupa un posto importante nella memoria dell'Europa di oggi.
Origini storiche della repressione
Le pratiche repressive tedesche contro i movimenti insurrezionali hanno le loro origini nel diciannovesimo secolo e anche prima. Di fronte alla "rivolta di massa" di civili come nel 1793 o nel 1870-1871, gli eserciti tedeschi reagirono con grande durezza, attraverso la presa e l'esecuzione di ostaggi, la distruzione di interi villaggi la cui popolazione fu espulsa, pratiche che, agli occhi dei tedeschi, facevano parte della "necessità della guerra".
Conferenze internazionali e limiti
La conferenza internazionale organizzata nel 1874 a Bruxelles non riuscì a imporre limiti a tali metodi: i piccoli stati (Belgio, Svizzera) sostenuti dalla Francia e dall'Inghilterra a favore del diritto all'autodifesa incontrarono l'opposizione categorica delle potenze tedesca e russa che rifiutavano ogni legittimazione della "piccola guerra". La questione rimase dunque aperta: il preambolo della convenzione firmata – e confermata all'Aia nel 1899 e nel 1907 – rinviò tutte le questioni irrisolte ai principi del diritto delle nazioni "come risultano dagli usi stabiliti tra le nazioni civili, i principi dell'umanità e i dettami della coscienza pubblica", sebbene la concezione di questi "usi" differisse notevolmente da un paese all'altro.
Rappresaglie nella prima guerra mondiale
Durante la prima guerra mondiale, la paura del dissidente portò a pesanti rappresaglie tedesche contro civili e soldati sparsi nelle retrovie del fronte. A ovest e a est, villaggi e città furono rasi al suolo e gli ostaggi civili giustiziati. In Ucraina, fu solo nel 1918 che l'occupante tedesco abbandonò la sua strategia di deterrenza, a favore di un maggiore coinvolgimento delle forze amministrative e politiche locali per ottenere una relativa "pacificazione" del territorio.
Einsatzgruppen e l'Olocausto
Nella guerra contro l'URSS, le Einsatzgruppen agirono preventivamente, secondo la strategia di deterrenza: seminare il terrore per stroncare sul nascere qualsiasi atto di insurrezione o sabotaggio. La loro azione assunse una dinamica omicida su larga scala, con massacri perpetrati indiscriminatamente, in particolare contro la popolazione ebraica dei territori appena occupati. Questa azione, che fino alla fine del 1941 aveva mietuto mezzo milione di vittime, faceva quindi parte della prima fase di quello che stava diventando l'Olocausto in Europa. Per giustificare i massacri, gli ebrei furono sistematicamente assimilati ai combattenti della resistenza e ai partigiani, un pretesto che faceva parte della propaganda nazista contro il nemico "giudeo-bolscevico" e la "lobby ebraica". Queste pratiche sono applicate anche in altri territori occupati.
Repressione in Serbia e Francia
In Serbia, dall'agosto 1941, uomini della comunità ebraica furono presi in ostaggio insieme ai comunisti e giustiziati come rappresaglia come reazione alla rivolta jugoslava. Tutti gli uomini ebrei furono fucilati quando, nell'autunno del 1941, la sicurezza delle truppe e delle linee di comunicazione, nonché lo sfruttamento economico del paese, furono seriamente minacciati dall'insurrezione.
In Francia, i primi rastrellamenti di ebrei, seguiti dall'internamento, furono organizzati nel maggio, agosto e dicembre 1941, anche se la resistenza non sembrava particolarmente minacciosa.
Resistenza e reazioni draconiane
Nel 1942 e nel 1943, il potere dei partigiani sovietici e jugoslavi aumentò, prendendo di mira i collaboratori locali e le linee di comunicazione tedesche. L'occupante si affidò sempre alla deterrenza e reagì con misure draconiane. Nel corso delle "grandi operazioni", intere regioni furono circondate e "rastrellate", la popolazione locale fu colpita da esecuzioni di massa o misure di deportazione come l’invio in Germania di manodopera per l'industria tedesca. Negli ultimi mesi dell'occupazione, i tedeschi fondarono addirittura dei "villaggi fortificati" abitati da collaboratori nativi, dotati di per combattere i partigiani.
Collaborazione in Occidente
In Occidente, invece, e in particolare in Francia, il coinvolgimento delle autorità locali era al centro del sistema. La polizia tedesca e francese collaborarono molto efficacemente fino all'autunno del 1943: i Francesi consegnarono molte persone sospettate di atti o azioni di resistenza ai tedeschi. Dopo un interrogatorio "aggravato" (sotto tortura), i detenuti furono trasferiti nei campi del Reich: queste deportazioni, chiamate "notte e nebbia", furono praticate nell'Europa occidentale e settentrionale dal 1942 e non lasciarono tracce o informazioni sulla persona.
Radicalizzazione della repressione
Infine, dalla fine del 1943, i tedeschi, preparandosi per uno sbarco alleato in Francia, spostarono unità da est a ovest, un fronte considerato decisivo per la guerra. Le pratiche di repressione si radicalizzarono poi, ispirandosi a quelle sviluppate in Oriente: "grandi operazioni" sull'altopiano di Glières nel marzo 1944 e nel Vercors nel luglio-agosto 1944, massacri del giugno 1944 commessi a Tulle e Oradour-sur-Glane.
Tradizioni e ideologia nella repressione
La repressione nazista nei paesi occupati fu quindi alimentata da tradizioni risalenti a conflitti del passato. Tuttavia, a questo si aggiunsero considerazioni ideologiche per stroncare sul nascere qualsiasi opposizione. A seconda della regione geografica e del corso del conflitto, le pratiche oscillavano tra metodi di violenza estrema – in particolare nell'Europa orientale e sudorientale – e la collaborazione con le forze locali.
Domande da interrogazione
- Qual è stato il ruolo delle esperienze delle guerre passate nella repressione nazista durante la Seconda guerra mondiale?
- Come è cambiata la strategia di repressione nazista nel 1941?
- Quali furono le pratiche repressive adottate dai nazisti in Serbia e in Francia durante l'occupazione?
- Come si sono evolute le pratiche repressive naziste tra il 1942 e il 1945?
- Quali fattori hanno influenzato la variazione delle pratiche repressive naziste nei diversi territori occupati?
Le esperienze delle guerre passate hanno influenzato la repressione nazista, fornendo un precedente per le pratiche repressive, come la presa e l'esecuzione di ostaggi e la distruzione di villaggi, considerate dai tedeschi come parte della "necessità della guerra".
Nel 1941, la repressione nazista ha segnato un definitivo abbandono delle norme internazionali, iniziando la sistematizzazione della violenza su larga scala contro i civili, in particolare contro gli ebrei, come parte della prima fase dell'Olocausto.
In Serbia, gli uomini della comunità ebraica furono presi in ostaggio e giustiziati come rappresaglia alla rivolta jugoslava. In Francia, furono organizzati rastrellamenti di ebrei seguiti dall'internamento, anche in assenza di una minaccia significativa dalla resistenza.
Tra il 1942 e il 1945, di fronte all'aumento del potere dei partigiani, i nazisti reagirono con misure draconiane, come esecuzioni di massa, deportazioni e la creazione di "villaggi fortificati". In Occidente, la collaborazione con le autorità locali fu centrale, con la polizia tedesca e francese che collaborò efficacemente nella repressione della resistenza.
Le pratiche repressive variavano a seconda della regione geografica e del corso del conflitto, oscillando tra violenza estrema, particolarmente nell'Europa orientale e sudorientale, e la collaborazione con le forze locali, influenzate da tradizioni belliche passate e considerazioni ideologiche.