Concetti Chiave
- L'Italia affrontò una diffusa delusione post-bellica a causa della "vittoria mutilata" e del mancato rispetto del Patto di Londra da parte dell'Inghilterra.
- La questione di Fiume divenne centrale, con l'Italia che cercava di annettere la città contro il parere di Francia, Inghilterra e Stati Uniti.
- Il governo Orlando fu sostituito da Nitti, che raggiunse un accordo per far ritirare le truppe italiane da Fiume.
- Gabriele D’Annunzio guidò i nazionalisti a Fiume, instaurando un governo provvisorio noto come reggenza del Carnaro.
- Le elezioni del 1919 segnarono la crisi del partito liberale e il rafforzamento del PSI e del PPI, portando alle dimissioni di Nitti e all'ascesa di Giolitti.
La vittoria mutilata e Fiume
Con la fine del conflitto l’Italia dovette far fronte anche a un diffuso senso di frustrazione e di delusione riguardo l’esito della guerra, la cosiddetta “vittoria mutilata”, in seguito al mancato rispetto delle clausole firmate dall’Italia e dall’Inghilterra nel Patto di Londra. La questione finì per riguardare la città di Fiume, che l’Italia intendeva annettere contro il volere di Francia, Inghilterra e Stati Uniti.
Il governo Nitti e le elezioni
Nel frattempo il governo Orlando cadde e venne sostituito da un altro governo liberale retto da Nitti. Costui raggiunse un accordo con le potenze vincitrici per cui le truppe italiane avrebbero lasciato la città di Fiume, che veniva affidata ai reparti alleati, in attesa di una definitiva soluzione al problema.
Nel frattempo, la decisione non fu ben presa dai nazionalisti, che, guidati da Gabriele D’Annunzio, marciarono su Fiume dove si instaurò un governo provvisorio, passato alla storia come reggenza del Carnaro.
La crisi liberale e Giolitti
Dopo aver fatto approvare nel Parlamento il sistema elettorale proporzionale, Nitti indisse le elezioni politiche generali del 16 Novembre 1919.
Queste elezioni premiarono l’organizzazione del PSI e del PPI, mentre evidenziarono l’ormai chiara crisi dello schieramento liberale.
Nitti quindi, dopo essersi reso conto dell’impossibilità di comunicare con socialisti e cattolici, decise di dimettersi. Vittorio Emanuele III allora convocò al Quirinale Giolitti, a cui fu affidata la reggenza del nuovo governo.