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Concetti Chiave

  • Il conflitto israelo-palestinese ha radici storiche profonde, risalenti a oltre 3.000 anni fa, con scontri tra Filistei e tribù israelitiche.
  • L'Occidente, attraverso accordi come Sykes-Picot e la Dichiarazione di Balfour, ha avuto un ruolo significativo nello sviluppo del conflitto moderno, spesso per interessi economici e politici.
  • La nascita dello Stato di Israele nel 1948 ha innescato una serie di guerre con gli stati arabi, complicando ulteriormente la situazione per i palestinesi, che hanno perso gran parte delle loro terre.
  • Gli Accordi di Oslo del 1993 rappresentano un passo verso la pace, ma la continua espansione degli insediamenti israeliani ha ostacolato la realizzazione di una soluzione a due stati.
  • L'attuale situazione è aggravata da interessi geopolitici e risorse naturali, come il giacimento di gas al largo di Gaza, complicando ulteriormente la possibilità di una pace duratura.

Indice

  1. Origini del conflitto
  2. Antiche popolazioni ebraiche e filistee
  3. Invasioni e dominazioni successive
  4. Rivolte e diaspora ebraica
  5. Promesse non mantenute
  6. Accordi Sykes-Picot e conseguenze
  7. Tensioni e terrorismo
  8. Creazione dello Stato di Israele
  9. Guerre arabo-israeliane
  10. Intifada e accordi di Oslo
  11. Espansione degli insediamenti
  12. Hamas e blocco di Gaza
  13. Conflitti recenti e geopolitica
  14. Interessi economici e geopolitici
  15. Strategie e complotti
  16. Obiettivi e prospettive future
  17. Conclusioni e speranze

Origini del conflitto

Oggi tratterò del tormentato conflitto Israelo-Palestinese, un conflitto che, come vedremo, non nasce con la nascita dello Stato di Israele nel 1948 ma, tra fasi alterne, va avanti da oltre 3.000 anni.

Antiche popolazioni ebraiche e filistee

I Palestinesi, Filistiin in arabo, quindi quelli che l’Antico Testamento chiama "Filistei", sono un’antica popolazione che nel 12^ secolo AC, immigrarono nell’attuale Palestina, probabilmente provenendo dalla Cappadocia, nell’odierna Turchia centrale, oppure da Creta e che, sottomettendo le popolazioni Fenicie che vivevano in quell’area, si stabilirono sulle coste dell’attuale Israele

Gli Ebrei, invece, stando a cosa ci racconta l’Antico Testamento, nell’11^ Secolo AC, sotto la guida di Mosé, fuggirono dall’antico Egitto e, dopo aver vagato per 40 anni nel deserto, andarono ad occupare le terre delle attuali Cisgiordania e Giordania Occidentale, sulle sponde del Mar Morto.

Inevitabilmente, iniziarono i contrasti ed i Filistei, iniziarono a scontrarsi con le Tribù israelitiche.

Sempre stando ai racconti dell’Antico Testamento, in questo contesto va inquadrata la vicenda di Sansone, Ebreo, che, catturato dai Filistei, si immola facendo crollare le colonne del tempio ed uccidendo un gran numero di palestinesi (Filistei)

C’è poi l’iconografia secondo la quale, gli Ebrei riuscirono a liberarsi dai Filistei quando Davide che era Ebreo, sconfisse Golia che, invece, era Filisteo.

Invasioni e dominazioni successive

Poi, quelle Terre, nei secoli successivi, furono invase dagli Assiri, dai Babilonesi, dai Persiani ed, infine, dai Romani.

Nel 63 a.C., i Romani occuparono la Palestina meridionale, costituita, in gran parte, dall’antico regno di Giudea e presero d’assalto Gerusalemme.

Come tutte le terre conquistate, anche la Palestina diventò una “provincia” romana, che venne chiamata GIUDEA.

Rivolte e diaspora ebraica

Ma poiché gli Ebrei si consideravano un Popolo superiore in quanto prediletto da Dio, essi non si rassegnarono mai ad essere passati sotto il dominio romano e, nel 66 d.C., scoppiò una violenta sommossa degli ebrei per liberarsi dalla dominazione romana.

Cosa che portò ad una guerra di 4 anni. Gli ebrei opposero una strenua resistenza ma alla fine dovettero cedere e Gerusalemme fu incendiata e distrutta

Un altro tentativo di rivolta ebbe luogo circa 70 anni dopo nel 132 D.C.

La rivolta fu domata dai romani con estrema crudeltà moltissime ebrei furono fatti prigionieri e diverse città rase al suolo.

Da quel momento iniziò la diaspora cioè la dispersione degli Ebrei che lasciarono quelle terre per trovare rifugio in molti Paesi stranieri e l’Imperatore Giuliano, per vendicarsi della rivolta giudaica cambiò il nome della Giudea, rinominandola Palestina.

Ho illustrato questo aspetto storico della vicenda tra ebrei e palestinesi, per far capire come, oggi, nessuna popolazione, nessuna etnia, possa rivendicare le proprie origini geografiche in una determinata area.

In effetti se si parla di Palestina, né i Palestinesi e né gli Ebrei, possono pretendere di essere gli indigeni originali di quelle terre.

Comunque, per provare a capire l’attuale esasperata situazione ebreo-palestinese, dobbiamo soffermarci su quello che accadde al termine della prima Guerra Mondiale.

Promesse non mantenute

Il Ruolo nefasto dell’Occidente nello sviluppo della “Nazione Araba” è ben esplicitato nel libro “I sette pilastri di saggezza” di Thomas Edward LAWRENCE, il famoso Lawrence d’Arabia, raccontato nel film del 1962, vincitore di 7 premi Oscar.

Il libro racconta l’esperienza di quando Lawrence, un archeologo esperto di Medio Oriente, viene inviato nella Penisola Arabica per organizzare le varie Tribù, in modo da combattere l’Impero Ottomano che, non dimentichiamolo, durante la 1^ GM era alleato dei Tedeschi e degli Austro-Ungarici.

In questo avrà successo e, tra il 1916 ed il 1919, le Tribù Arabe forniranno un fonda-mentale contributo alla disfatta degli Ottomani. Il libro è anche importante perché ci fa capire quale fosse l’atteggiamento spregiudicato degli Occidentali nei confronti degli Arabi.

Lawrence era un idealista che credeva in quello che stava facendo, in particolare, credeva che, come promesso agli Arabi dal Governo Inglese, una volta liberata la Penisola Arabica dagli Ottomani, gli Arabi avrebbero avuto una loro Nazione indipendente.

Ecco quello che scrive, quanto entusiasmo all’inizio,- e quanta disillusione una volta che scopre che le promesse dell’Occidente non saranno mantenute.

“Eravamo esaltati da idee inesprimibili e favolose, ma per le quali, si doveva combattere. Abbiamo vissuto molte vite in quelle battaglie vorticose, senza mai risparmiarci; ma quando ci riuscimmo, all’alba di un nuovo mondo, tornarono di nuovo i vecchi uomini a prendersi la nostra vittoria, per ricostruire il mondo precedente che già conoscevamo”.

“Intendevo costruire una nuova Nazione, ristabilire un influenza perduta, dare a venti milioni di arabi le basi su cui costruire un illuminato palazzo dei sogni per le loro idee nazional….. ma mi venne rivolta l’accusa di aver messo in pericolo i profitti petroliferi britannici in Mesopotamia e la politica coloniale francese nel Levante”.

“Quindi li abbiamo gettati a migliaia nel fuoco della peggiore delle morti, non per vincere la guerra, ma perché il grano, il riso ed il petrolio della Mesopotamia potessero essere nostri”.

In altri termini, la lucida sintesi della politica Occidentale del XIX e XX Secolo nel Vicino Oriente e nel Maghreb.

Accordi Sykes-Picot e conseguenze

Quelli di cui fa cenno Lawrence nel suo libro, sono gli Accordi Sykes-Picot, due funzionari dei rispettivi Governi, Britannico il primo e francese l’altro. Accordi che, nel maggio 1916, sancirono la spartizione del Vicino Oriente tra Francia ed Inghilterra.

La Francia avrebbe preso sotto controllo il Libano, la Siria e la parte nord dell’Iraq – mentre la GB avrebbe preso sotto il suo controllo la Palestina, la Giordania e la maggior parte dell’Iraqk.

Si trattò, di confini del tutto arbitrari che non tenevano conto delle etnie e delle religioni dei popoli che in quelle terre vivevano, con la conseguenza che, da allora, il Medioriente sarebbe stato una polveriera pronta ad esplodere.

Se possibile, ancor più gravi conseguenze nei rapporti tra Occidente e Vicino Oriente le generò la cosiddetta “Dichiarazione di Balfour”.

Lord Arthur Balfour era Ministro degli Affari Esteri della Gran Bretagna quando, il 2 novembre del 1917, annunciò che Sua Maestà Giorgio V, avrebbe visto di buon occhio l’istituzione di un focolaio ebraico in Palestina (Palestina che, lo ricordiamo, era un protettorato britannico) ed impegnava il Governo a favorirne la realizzazione.

Adesso, senza entrare nel merito del diritto o meno del Popolo Ebraico ad insediarsi in un territorio in cui già vivevano altri popoli, è chiaro come l’intento britannico fosse quello di tutelare gli interessi di Londra nell’area, nella convinzione che le influenti minoranze ebraiche, sia negli Stati Uniti che in Russia, sarebbero state riconoscenti alla Corona per la sua decisiva presa di posizione a loro favore.

In particolare, dobbiamo tenere conto che l’Impero Russo stava per cadere a causa della Rivoluzione d’Ottobre (in realtà, era Novembre, ma i russi non avevano adottato il calendario Gregoriano ed utilizzavano ancora quello Giuliano che era di circa 13 giorni indietro).

I britannici temevano che Lenin avrebbe abbandonato il conflitto in corso (come in effetti avrebbe fatto) ponendoli in difficoltà nella guerra.

Pertanto, Lord Balfour, sperava che i molti ebrei nell’entourage di Lenin, lo avrebbero potuto convincere a continuare il conflitto contro gli imperi Germanico ed Austro-Ungarico. Speranza che, a posteriori, si rivelo vana. La Russia, infatti, non rientrò più nel primo conflitto mondiale.

Comunque, la convivenza forzata sulla stessa terra tra i due Popoli, ma soprattutto, tra due culture differenti, divenne, da subito, un fattore decisivo.

Una valida soluzione avrebbe potuto essere la divisione del territorio tra i due Popoli, ma la politica britannica fu, come loro abitudine, ambigua ed altalenante.

La Gran Bretagna si rese così responsabile del peggioramento della situazione conflittuale.

Infatti, mentre appoggiava le rivendicazioni sioniste, allo stesso tempo non voleva scontentare gli arabi che gli fornivano il petrolio.

È evidente come già allora, la politica estera degli Stati Occidentali in genere e della Gran Bretagna in particolare, fosse dettata da mere ragioni di interessi economico-commerciali.

Tensioni e terrorismo

La situazione in Palestina durante la seconda Guerra Mondiale divenne incandescente. Gli ebrei avevano fondato due organizzazioni paramilitari nazionaliste: l’Irgun ed il Lehi (anche conosciuto come “Banda Stern”) che portarono ad un’escalation terroristica anti-britannica impressionante.

Nel novembre 1944 venne assassinato Lord Moyne,plenipotenziario britannico in Palestina; nel febbraio 1946 vennero colpiti tre aeroporti; nel giugno vennero fatti saltare ponti e ferrovie; in agosto vi fu un attentato a Gerusalemme all’Hotel King David, sede dell’Autorità mandataria britannica che provocò un centinaio di vittime.

Senza tacere sull’attentato terroristico del 17 settembre 1948, perpetrato da elementi della Banda Stern, che causò la morte del diplomatico svedese Conte Folke Bernadotte, inviato dell’ONU in Palestina per negoziare la pace tra Arabi ed Israeliani.

Come è agevole notare, tutti, prima o poi siamo terroristi…. la sola differenza è che, se per mezzo degli atti terroristici si riesce a sovvertire il regime, allora si è considerati eroi, dei combattenti partigiani che hanno salvato la Patria dal cattivo di turno… viceversa, in caso di sconfitta si è considerati dei criminali.

Così è la storia, così è sempre stata e così sempre sarà.

Creazione dello Stato di Israele

Tornando alla Palestina, la Gran Bretagna sentì che la situazione le stava sfuggendo di mano e, nel 1948, manifestò il proposito di abbandonare quei territori.

I sionisti felici videro profilarsi all’orizzonte l’occasione propizia per creare finalmente uno Stato ebraico; i palestinesi erano, invece, preoccupati ed erano convinti che si stesse tramando contro di loro.

La Lega Araba che avrebbe dovuto sostenere la causa palestinese, era spaccata al suo interno da diversi interessi nazionali.

Così della questione vennero investite le NU che formarono una commissione: l’UNSCOP (United Nations Special Committee on Palestine).

La Commissione ONU propose una soluzione “a due Stati” che, sebbene sfavorevole ai Palestinesi, che avrebbero perso oltre il 60% delle loro terre avrebbe forse, potuto risolvere definitivamente le secolari dispute tra Palestinesi ed Israeliani.

Anche se occorre evidenziare come i territori assegnati ai palestinesi fossero non omogenei e non comunicanti tra loro.

Comunque, mentre gli ebrei favorirono i lavori della commissione, gli arabi, compiendo un grave errore politico, li boicottarono.

I sionisti, inoltre, seppero orchestrare un’abilissima azione di propaganda sfruttando le persecuzioni naziste subite dagli ebrei.

Comunque sia, il 29 novembre del 1947 l’Assemblea delle Nazioni Unite votò a favore della divisione in due stati della Palestina e con la Risoluzione 181, definiva la fine del mandato ed ritiro delle truppe britanniche e che, due mesi dopo il ritiro britannico, sarebbero nati i due Stati indipendenti di Israele e Palestina.

Ma, quando la Gran Bretagna, nel maggio del ‘48 ritirò le proprie truppe e pose fine al mandato, i sionisti proclamarono in gran fretta lo Stato di Israele ignorando i 2 mesi di attesa stabiliti all’ONU.

Stato che venne immediatamente riconosciuto da Stati Uniti ed Unione Sovietica.

Subito gli Arabi dichiararono guerra e gli eserciti di Egitto, Siria, Libano, Iraq e Giordania entrarono in Palestina.

La guerra durò da maggio 1948 al gennaio 1949 e fu vinta dagli israeliani, grazie, soprattutto, ad un migliore armamento ed al fatto che gli eserciti delle nazioni arabe non erano coordinati tra di loro, non utilizzavano una strategia comune e, spesso, erano in aperto contrasto tra loro.

Per i palestinesi fu una tragedia in quanto, l’esercito israeliano aveva occupato, in pratica, l’intero territorio della Palestina con le sole eccezioni della Striscia di Gaza, una parte limitata della Cisgiordania ed un’area intorno a Gerusalemme.

L’evoluzione della perdita di territori da parte dei palestinesi a favore degli ebrei, è ancora più impressionante se si considera che, in poco più di due anni, i palestinesi persero il controllo di circa il 70% delle loro terre.

Dopo questa vicenda, che per i palestinesi rimane nel ricordo come la “Nakba” (al nakba: il disastro), al popolo palestinese occorsero diversi anni per riorganizzarsi.

Infatti, è solo nel 1959 che il nuovo leader palestinese Yasser Arafat, crea Al Fatah (la Vittoria), una formazione patriottica che diverrà tristemente nota negli anni ‘70 ed ‘80 per una serie di attacchi terroristici anche all’estero. Famosi quelli delle Olimpiadi di Monaco del ‘72 ed il dirottamento della nave da crociera italiana Achille Lauro del 1985.

Guerre arabo-israeliane

Le guerre Arabo-Israeliane sono continuate. Disastrosa per la coalizione araba fu la Guerra dei Sei Giorni del 1967, quando, con un attacco a sorpresa, l’aviazione israeliana distrusse al suolo l’aviazione dell’Egitto ed Israele si impossessò della penisola del Sinai, della Cisgiordania e delle alture del Golan, nel territorio siriano.

Famosa anche la guerra dello Yom Kippur (una festa religiosa ebraica) del 1973, questa volta scatenata dagli arabi e che si concluse con un intervento delle Nazioni Unite.

Il conflitto, nel 1978, si sposta in Libano dove si erano rifugiati i profughi palestinesi, dopo che furono cacciati dalla Giordania nel settembre del 1970.

Credo resti nella memoria storica l’eccidio di vecchi, donne e bambini perpetrato, nel settembre 1982, a Beirut, nei Campi palestinesi di Sabra e Chatila, dalle Milizie Cristiano Maronite, protette dai soldati israeliani che impedirono ai palestinesi di fuggire ed ai media internazionali, di entrare a vedere cosa stava succedendo nei Campi profughi.

Genocidio che spinse Stati Uniti, Francia ed Italia ad intervenire a Beirut con la Forza Multinazionale di Pace, per garantire la sicurezza dei palestinesi superstiti e supportare la sovranità del Governo libanese.

Una missione di pace che, nonostante l’impegno e gli sforzi dei nostri militari, fallì e, dopo 18 mesi dallo sbarco a Beirut, fummo costretti a lasciare il Libano ed a far ritorno in Italia.

Da allora molta acqua è passata sotto i ponti, ed abbiamo assistito a conflitti più o meno cruenti che si alternavano a tentativi di realizzare una pace duratura tra i due Popoli tentativi, fino ad ora, tutti falliti.

Intifada e accordi di Oslo

Nel 1987, dopo 20 anni di occupazione israeliana in Cisgiordania ed a Gaza, con una presenza di 70.000 coloni israeliani in Cisgiordania e 2000 a Gaza, iniziò una sollevazione popolare chiamata “Intifada” (in arabo significa scossa, lotta).

Una rivolta per contrastare l’occupazione israeliana dei territori, che prevedeva scioperi e disobbedienza civile, oltre al lancio di pietre.

Nel 1992, intanto, i coloni ebrei nei territori occupati erano saliti a quasi 100.000 in Cisgiordania e circa 4.000 a Gaza, cosa che spinse l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) a ricercare un negozia-to di pace con Israele.

Infatti, a settembre del 1993, il Premier israeliano Yitzhak Rabin ed Arafat si scambiarono lettere in cui, Arafat, riconosceva il “diritto di Israele ad esistere in pace e sicurezza” e rinunciava al terrorismo, mentre Israele riconosceva l’OLP come rappresentante del Popolo palestinese.

Nello stesso mese, qualche giorno più tardi, Arafat e Rabin si incontrarono a Washington alla presenza del Presidente Clinton, dove siglarono quelli conosciuti come gli “Accordi di Oslo” con cui Israele si sarebbe ritirata da Gaza e da parte della Cisgiordania, che avrebbe lasciato ad un autogoverno palestinese detto Autorità Nazionale Palestinese (ANP).

Per questi accordi, due anni più tardi, a Rabin, al Presidente israeliano Shimon Peres ed ad Arafat, fu assegnato il Nobel per la pace.

Espansione degli insediamenti

Tuttavia, nonostante questi progressi nella marcia verso la pace, gli anni novanta si caratterizzarono anche per numerosi episodi di violenza. Anche perché, nel frattempo, gli insediamenti israeliani nei territori occupati in Cisgiordania, erano raddoppiati, arrivando a 200.000 persone.

Fatti che, nel 2000, portarono ad una seconda Intifada, caratterizzata da attentati suicidi palestinesi che, il neo Premier israeliano Sharon punì scatenando una vasta offensiva delle Forze Armate israeliane in Cisgiordania e, due anni dopo, iniziò la costruzione di un muro ABUSIVO, per proteggere gli insediamenti, anch’essi abusivi, israeliani.

Nel novembre 2004, muore Arafat e nel 2005 si tennero nuove elezioni vinte da Mahmud Abbas (Abu Mazen) che diventa il capo dell’OLP ed il Presidente dell’ANP (Autorità Nazionale Palestinese).

Hamas e blocco di Gaza

Nel 2006 succede un fatto da molti inaspettato, infatti, nelle elezioni politiche dell’ANP (Autorità Nazionale Palestinese), il partito al Fatah di Abu Mazen vince in Cisgiordania, ma viene sconfitto a Gaza da HAMAS, (acronimo di Ḥarakat al-Muqāwama al-Islāmiyya), un Movimento Islamico di Resistenza, che veniva considerato un gruppo paramilitare ed una organizzazione terroristica.

In seguito a questo, Israele impose un blocco terrestre, aereo e marittimo della Striscia di Gaza che scatenò continui lanci di razzi verso Israele e le ritorsioni del Governo di Sharon.

Conflitti recenti e geopolitica

Nel dicembre 2008, scoppiò una vera e propria guerra tra Israele ed Hamas, ed Israele lanciò un’offensiva di terra nella striscia di Gaza, accompagnata da violenti attacchi aerei e da droni, che causarono più di millecento morti tra i civili palestinesi, molti dei quali, bambini.

Nel frattempo, con il ritorno al Governo israeliano di Netanyahu nel 2009, continua l’espansione degli insediamenti di coloni ebraici nei territori palestinesi che portarono la popolazione degli insediamenti a raggiungere, nel 2014, oltre il mezzo milione.

Finalmente, dopo oltre 60 anni dalla sua creazione anche l’ONU ha fatto sentire la sua voce, infatti il 23/12/2016, con la Risoluzione numero 2334, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha condannato l’espansionismo coloniale di Israele ed ha richiesto al Governo israeliano di porre fine alla sua politica di insediamenti nei territori palestinesi, ribadendo che restano sempre validi i confini tracciati nel 1967.

Questa volta, la mozione è potuta passare grazie all’astensione degli Stati Uniti che non si sono opposti alla sua approvazione.

Dobbiamo considerare, infatti, che, dal 1951 ad oggi, erano state oltre centocinquanta le Risoluzioni ONU contro Israele che gli USA hanno bloccato ricorrendo all’antidemocratico ed anacronistico “diritto di veto”.

I Presidenti USA sono sempre stati fervidi sostenitori (forse sarebbe più corretto dire servitori) dello Stato di Israele, per due motivi principali:

1. il peso dell’elettorato “ebraico” negli USA ha ancora un impatto determinante sulle elezioni presidenziali. Se non hai l’appoggio delle lobbies ebraiche, negli USA, non diventi Presidente;

2. ed anche perché Israele è considerata il baluardo per arginare l’IRAN degli Ayatollah

Venendo adesso ai giorni nostri….. tutto il mondo dovrebbe essere indignato dal comportamento tenuto dal Governo israeliano nello sterminio della popolazione palestinese, soprattutto, dei bambini, la cui conta delle vittime ammonta intorno ai 12.000 palestinesi, di cui, appunto, circa la metà, bambini.

Invece, sui media si è teso enfatizzare le vittime causate dall’attentati di Hamas dello scorso 7 ottobre e la sorte dei 230 ostaggi. Attenzione, non voglio essere frainteso, non sto dicendo che l’efferata azione terroristica di Hamas non debba essere condannata, al contrario, sto solo dicendo che, troppo spesso, esistono morti di serie “A” e di serie “B” che, apparentemente, non importano a nessuno.

Inoltre, tutto questo non può non farmi riflettere sul fatto che la creazione di gruppi terroristi armati, è stata una strategia spesso utilizzata in passato dagli USA per sostenere, in loro vece, le “guerre di esportazione della loro Democrazia”.

Il primo esempio di cui si abbia evidenza fu, negli anni ’70, l’invio di armi in Afghanistan per contrastare l’espansione sovietica in quella Regione; ma non solo, gli USA trovarono proficuo anche l’addestra-mento di combattenti “locali”, in quel caso vennero utilizzati gli studenti delle Scuole coraniche, i famosi Talebani che, ancora oggi, tristemente, governano il Paese.

L’esperimento della generazione del cosiddetto “terrorismo islamico”, sebbene diede vita ad Al Qaeda di Osama Bin Laden, fu considerato dagli USA, un successo da replicare.

E, com’era immaginabile, venne replicato nel 2001, questa volta non creando gruppi armati ma attribuendo a Bin Laden la responsabilità dell’attentato dell’11 settembre alle Torri Gemelle, e con la scusa che, a detta del Governo George W. Bush, il Governo afghano proteggeva Bin Laden, gli USA, quattro settimane dopo la tragedia delle Torri Gemelle, invasero l’Afghanistan.

Ma non l’invasero per catturare il “terrorista” Bin Laden, bensì per riuscire a realizzare nel Paese, una pipeline che potesse portare il gas ed il petrolio greggio delle riserve del Turkmenistan, nell’area del Caucaso, fino ai porti del Pakistan, nell’Oceano Indiano. Progetto che poi, oltre vent’anni dopo, fu abbandonato perché gli USA dovettero ritirarsi dall’Afghanistan lasciando il Paese di nuovo in mano agli integralisti islamici Talebani.

Qualche anno più tardi, come si è potuto apprendere da una intervista di Madame Clinton al Web-Magazine “The Atlantic” e da documenti della CIA, gli USA ritenevano vi fosse la necessità di proteggere lo Stato di Israele dalle minacce di Iran e Siria, creando un nemico dell’Islam Sciita che minasse la stabilità di quei territori. Per ottenere questo risultato, la CIA addestrò Abu Bakr al Baghdadi, prigioniero delle prigioni americane di Camp Bucca, in Irak, dove venne addestrato alle tecniche base del terrorismo, come realizzare auto-bombe o perpetrare attacchi suicidi. Qualche anno dopo, in seguito al parere favorevole di una commissione che ne raccomandava il rilascio incondizionato, verrà rilasciato e, qualche tempo dopo,.

Il 16 maggio del 2012, Al-Baghdadi diviene capo dello Stato islamico dell’Irak e della Siria (Islamic State of Iraq and Syria - ISIS), anche conosciuto come DAESH (al-Dawla al-Islāmiyya fī lʿIrāq wa l-Shām), organizzazione terroristica che, come apprendiamo dalla rivelazioni dell’ex Agente della National Security Agency – NSA, Edward Snowden, fu armata ed addestrata dalla CIA e dal MOSSAD israeliano, attraverso l’operazione segreta che prese il nome di “Nido dei calabroni” (Hornet’s nest). L’ISIS, un’organizzazione terroristica che tante tragedie avrebbe causato in occidente.

Alla luce di quanto sin qui evidenziato, non posso non riflettere sul fatto che anche la nascita di Hamas nel 1987, il gruppo terroristico palestinese tristemente noto nell’ultimo mese, sia stata, per così dire, agevolata, se non voluta, da Israele.

Alcuni esperti, infatti, ritengono che Israele avrebbe permesso ad Hamas di esistere perché si opponesse al movimento laico OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina). Cito, per tutti, Tony Cordesman, l'analista per il Medio Oriente del Center for Strategic Studies, che ha affermato che Israele “ha aiutato Hamas in modo diretto e indiretto per usarla come antagonista dell'OLP”.

Arriviamo così, ai tragici fatti del 7 ottobre scorso, quando militanti di Hamas compiono un raid nel territorio israeliano, vicino alla Striscia di Gaza, causando la more di oltre 1.400 persone e rapendone circa 230.

Un’offensiva che non esito a definire tragicamente sbagliata, non solo per le vittime innocenti israeliane che ha causato, ma per le tragiche conseguenze per il futuro del popolo e della Nazione palestinese.

Infatti, questo intervento armato che ha causato vittime e distruzione sul suolo israeliano, ha fatto sì che ad Israele, nonostante abbia intensificato i regolari bombardamenti nella la Striscia di Gaza ed in Siria ed abbia favorito e sostenuto con l’esercito il continuo ingresso illegale di coloni israeliani in Cisgiordania, sia stata riconsegnata la targa di “vittima” del terrorismo.

Ma mi chiedo, perché Hamas ha fatto tutto questo? Per colpire Israele? Per dire al mondo che loro sono in grado di combattere? Che no li si può battere?

Non credo. Non dobbiamo dimenticare che, fino al giorno dell’efferata azione di Hamas, il Governo Netanyahu, non era poi così ben visto, sostenuto ed ossequiato.

Infatti, Netanyahu, imputato di corruzione e di altri gravi capi di accusa come l’abuso d’ufficio (dei quali, tuttavia, egli si dichiara “non colpevole”), lo scorso marzo, ha fatto approvare dal Parlamento ebraico, una legge per impedire che un Premier in carica, possa essere dichiarato inadatto alle sue funzioni e, quindi, rimosso attraverso una decisione della Corte Suprema. Una legge che, mirando a salvaguardare la posizione del Premier, ha minato l’indipendenza della Magistratura.

Una cosa sgradita ad una consistente parte del Popolo ebraico che ha, per mesi, portato avanti massicce proteste di piazza chiedendo le dimissioni del Governo.

Un governo che, alla luce dei risultati elettorali del 2022, per essere costituito ha obbligato Netanyahu ad accettare l’ingresso di partiti estremisti di destra, quali OTMA YEHUDIT, guidato da Itmar BEN-GVIR, che nonostante il suo passato estremista e di incitamento all’odio razziale, è divenuto Ministro della Sicurezza Nazionale, od anche partiti rappresentanti dell’estremismo religioso di ultra destra, come il Partito Sionista Religioso, o come il Partito SHAS - che rappresenta gli ebrei ultraortodossi - o come il Partito Ebraismo della Torah.

Un Governo che, dal suo insediamento, ha incrementato e sostenuto l’invasione dei territori palestinesi, sfrattato ed abbattuto le legali abitazioni degli abitanti palestinesi, insediando al loro posto coloni ebrei. Operazioni condotte con l’uso della forza e delle Forze Armate, in spregio dei trattati internazionali preesistenti e del Popolo palestinese che vi viveva a pieno diritto.

Cose queste che avevano suscitato la protesta di molti Stati occidentali che non gradivano questi atteggiamenti dittatoriali che scaturivano in atti di prepotenza verso popolazioni innocenti, la cui unica colpa era essere palestinesi.

Quindi, alla luce di tutto ciò, ripeto: ma questa operazione di Hamas, cui prodest?, a chi ha giovato?

Non certo ai palestinesi che, nuovamente, i media occidentali etichettano come “terroristi” e che, a causa dell’atroce bombardamento messo in atto dal Governo israeliano, stanno subendo enormi perdite in vite umane, circa la metà delle quali bambini, e che - cosa che, ovviamente, non mi auguro - nella migliore delle ipotesi, saranno scacciati dai loro territori e costretti ad una diaspora verso Paesi amici.

Chi, invece, avrà sicuramente dei vantaggi sarà proprio Netanyahu ed il suo Governo che, ancora una volta, sventolando la minaccia islamica, magari, otterrà di veder archiviato i processi che lo vedono imputato; otterrà che il Popolo israeliano contrario alle sue scelte di governo, cessi di protestare nelle piazze.

Radendo al suolo Cisgiordania e Gaza realizzerà il sogno della destra estrema israeliana, compiendo la tanto desiderata pulizia etnica e divenendo l’eroe israeliano, colui che sarà riuscito a dare al “Popolo eletto”, l’agognata “Terra promessa”….

Interessi economici e geopolitici

Ma non solo questo, c’è anche un’altra questione che sui media mainstream non viene ricordata, mi riferisco ad una questione sollevata dal giornalista e geologo Manlio Dinucci nell’ormai lontano 15 luglio del 2014, che, dalle pagine de “Il Manifesto”, ci raccontava che "per capire quale sia uno degli obiettivi dell’attacco israeliano a Gaza, bisogna andare in profondità, esattamente a 600 metri sotto il livello del mare, 30 km al largo delle sue coste.

Infatti, nelle acque territoriali palestinesi, c’è un grosso giacimento di gas naturale, Gaza Marine, stimato in 30 miliardi di metri cubi di gas e del valore di svariati miliardi di dollari”

Un giacimento scoperto negli anni ’90.

Questo giacimento, tuttavia, non ha mai potuto essere sfruttato dai palestinesi, in quanto, sebbene nel 1999, un consorzio formato da British Gas Group ed una compagnia privata palestinese, perfori due pozzi, il Gaza Marine-1 ed il Gaza Marine-2, essi sono stati bloccati da Israele, che pretende di avere tutto il gas a prezzi stracciati. Grazie all’intermediazione dell’ex Premier britannico Tony Blair, venne preparato un accordo con Israele che, tuttavia, avrebbe tolto ai palestinesi i tre quarti dei futuri introiti del gas, ma, subito dopo aver vinto le elezioni nel 2006, Hamas rifiuta l’accordo, definendolo un furto, e chiede una sua rinegoziazione. Ma Israele non intende negoziare con Hamas, ed impedisce ai palestinesi di sfruttare la ricchezza naturale di cui dispongono.

Ed arriviamo ai giorni nostri con l’attuale operazione di Israele nella Striscia di Gaza che, una volta acquisitone il totale controllo, potrebbe anche avere come risultato lo sfruttamento totale delle riserve energetiche al largo di Gaza.

Strategie e complotti

Si, forse sarò ritenuto un complottista, perché no? Tuttavia, non riesco a spiegarmi come sia possibile che in un territorio ipercontrollato come la Striscia di Gaza, dove Israele controlla tutto ciò che entra e che esce - perfino l’acqua, sia stato possibile che Hamas vi abbia fatto entrare le migliaia di razzi che sono stati lanciati sul territorio israeliano.

Com’è possibile che Israele, che ha mappato ogni centimetro della Striscia e dei suoi tunnel, bombardi a tappeto, riducendo Gaza in una discarica di materiale edile ed uccidendo migliaia di cittadini innocenti, quando potrebbe condurre operazioni chirurgiche mirate per colpire i miliziani di Hamas e liberare gli ostaggi?

Forse la vittoria su Hamas e la liberazione degli ostaggi, non sono il vero obiettivo dell’operazione in corso?

Obiettivi e prospettive future

Certamente l’obiettivo del Governo israeliano non è arrivare velocemente ad una pace. Infatti, la Pace è possibile laddove vi sia l’interesse di entrambi i contendenti e, purtroppo, non è certo questo il caso.

È, infatti, palese come il Governo Netanyahu, con i bombardamenti indiscriminati a Gaza e con l’inarrestabile invasione dei coloni israeliani in Cisgiordania, non abbia alcuna intenzione di attuare il progetto “due Stati” ristabilendo i confini del 1967, ma, al contrario, abbia messo in piedi un’inaccettabile pulizia etnica nei confronti dell’inerme Popolo palestinese.

Intenzione che Netanyahu ha recentemente ribadito affermando che, terminata la guerra contro Hamas, “Israele assumerà la responsabilità generale della sicurezza a Gaza a tempo indeterminato”; in altre parole, adesso ci prendiamo Gaza e poi la governiamo noi e non l’Autorità Nazionale Palestinese, come fu stabilito con gli “Accordi di Oslo” del 2005.

Ma non solo Netanyahu, anche Ben Gvir, Ministro della Sicurezza Nazionale e Leader del Partito di estrema destra “Otzma Yehudit” (Potere ebraico), ha affermato che “fu un errore lo sgombero dei coloni da Gaza nel 2005” e che lui vede bene l’opportunità di tornare ad effettuarvi degli insediamenti di coloni israeliani.

Esempio paradigmatico di ciò é che, qualche giorno fa, Reparti dell’Esercito israeliano hanno conquistato il parlamento di Gaza; Parlamento che, due giorni dopo, è stato fatto esplodere, a riprova che l’interesse del Governo di Nethanyahu é cancellare la presenza della popolazione palestinese residente a Gaza.

Una situazione particolarmente complessa e delicata che il Mondo non sembrerebbe voler vedere ed intervenire diplomaticamente per risolvere e mettere fine, una volta per tutte, alle stragi di popolazioni innocenti, in larga parte bambini, donne ed anziani, che, con la guerra ed il terrorismo, non hanno nulla a che fare.

Tra l’altro, se in un azione militare si uccidono 100 terroristi e 3 civili innocenti, si può parlare di “danni collaterali” (Collateral damages), ma se, invece, si uccidono 3 terroristi e 1000 civili inermi, allora si tratta di “crimini di guerra” e “crimini contro l’umanità”… se poi si uccidono più di 11.000 civili inermi…, allora é “genocidio”.

Conclusioni e speranze

Oggi non sappiamo ancora quale sarà l’epilogo finale di questa tragica guerra in atto, tuttavia io auspico che il conflitto non si concluda con il completo annientamento od espulsione dalla Palestina del Popolo palestinese, ma che si riesca a trovare una soluzione pacifica che soddisfi gli interessi di entrambe le parti e che, soprattutto, interrompa le stragi di bambini innocenti.

A cura di Fabrizio Maltinti.

Domande da interrogazione

  1. Da quanto tempo va avanti il conflitto israelo-palestinese?
  2. Il conflitto va avanti da oltre 3.000 anni.

  3. Chi sono i Palestinesi secondo l'Antico Testamento?
  4. I Palestinesi, chiamati anche Filistei, sono un'antica popolazione che immigrò nell'attuale Palestina nel 12° secolo a.C.

  5. Quali sono stati gli eventi storici che hanno coinvolto la Palestina nel corso dei secoli?
  6. La Palestina è stata invasa dagli Assiri, dai Babilonesi, dai Persiani e infine dai Romani. Successivamente, è stata occupata dalla Gran Bretagna e ha subito conflitti tra Ebrei e Palestinesi.

  7. Quali sono stati gli accordi che hanno cercato di risolvere il conflitto israelo-palestinese?
  8. Gli Accordi di Oslo, firmati nel 1993, hanno stabilito il ritiro di Israele da Gaza e da parte della Cisgiordania, creando un'autorità palestinese.

  9. Qual è stata la reazione internazionale alla situazione israelo-palestinese?
  10. L'ONU ha emesso numerose risoluzioni condannando l'espansionismo coloniale di Israele e chiedendo il ritiro degli insediamenti nei territori palestinesi. Tuttavia, gli Stati Uniti hanno spesso bloccato queste risoluzioni con il loro diritto di veto.

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