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Un'area contesa
I principali fattori di tensione nel mondo arabo-islamico furono dettati, negli ultimi decenni del ‘900, dalla competizione per il petrolio, dalla ripresa del conflitto arabo-israeliano per la Palestina, e dalla rinascita, in forma nuove e aggressive, del fondamentalismo islamico, quale elemento fondante dell’identità collettiva.Questa corrente, sulla base di un’interpretazione rigida delle norme del Corano, mirava a una “reislamizzazione” della società e chiamava i musulmani al “jihad” (guerra santa) contro gli infedeli e, soprattutto, l’Occidente.
Il rilancio dell’islam fondamentalista si accompagnò al riacutizzarsi delle antiche divisioni religiose interne al mondo musulmano, a cominciare da quella fra sunniti e sciiti.
La pace fra Egitto e Israele
Dopo la “guerra del Kippur”, il presidente egiziano Anwar Sadat si impegnò a trovare una soluzione pacifica al conflitto con Israele, grazie anche alla mediazione degli Stati Uniti.Nel settembre 1978, Menachem Begin (alla guida del governo israeliano) e Sadat si incontrarono a Camp David e sottoscrissero un accordo che prevedeva un trattato di pace fra i due paesi (che sarebbe stato sottoscritto l’anno successivo): l’Egitto ottenne la restituzione della penisola del Sinai, ma la maggioranza degli Stati arabi condannò la scelta di Sadat, che nell’ottobre 1981 fu ucciso al Cairo in un attentato organizzato da un gruppo fondamentalista islamico.
La rivoluzione iraniana
In Iran, nel 1979, una rivoluzione rovesciò la monarchia e instaurò una repubblica di stampo teocratico e fondamentalista guidata dall’ayatollah Khomeini. Violentemente antioccidentale, il nuovo regime entrò subito in contrasto con gli Stati Uniti e tenne sequestrato per più di un anno il personale dell’ambasciata americana a Teheran.Nel 1980 l’Iran, in grave dissesto economico, fu attaccato dall’Iraq, che, con l’appoggio degli Usa, cercò di impadronirsi di alcuni territori da tempo contesi fra i due paesi: la guerra durò otto anni e si risolse in un’inutile carneficina.
La guerra del Golfo
L’invasione del Kuwait nel 1990 da parte dell’Iraq di Saddam Hussein – che mirava al controllo della penisola arabica – provocò la condanna immediata della Nato e, nel ’91, l’intervento militare di una coalizione guidata dagli Stati Uniti, che agiva sotto la bandiera dell’Onu. La campagna fu rapida e vittoriosa, ma il regime di Saddam rimase in piedi.La questione palestinese
Dopo l’attentato a Sadat, il processo di pace fra Israele e i palestinesi subì un rallentamento, anche a causa dello scoppio della guerra civile in Libano, dove l’Olp aveva spostato le sue basi operative.Nel 1987 i palestinesi diedero vita a una lunga rivolta (intifada) nei territori occupati da Israele. Il dialogo riprese nel 1993, quando a Oslo il primo ministro israeliano Rabin e il leader palestinese Arafat firmarono un accordo che prevedeva la graduale restituzione dei territori di Gaza e della Cisgiordania e la nascita dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) sancita ufficialmente a Washington.
L’intesa fu tuttavia minacciata sia dalla recrudescenza del terrorismo palestinese, sia dall’azione dei gruppi estremisti in Israele, dopo l’attentato che nel 1995 costò la vita a Rabin.
Nel 2000, dopo un fallito tentativo di giungere a un accordo generale a Camp David, gli scontri e gli attentati ripresero con rinnovata violenza. La seconda intifada coinvolse anche le città israeliane, teatro di numerosissimi attentati condotti da organizzazioni estremistiche come Hamas.
La diffusione dell'integralismo islamico
Alla fine del ‘900 aumentò la diffusione delle correnti fondamentaliste nell’intero mondo islamico, sia sunnita sia sciita. Questa tendenza – rafforzata dalla rivoluzione iraniana del ’79 – ebbe nuovo impulso in occasione dell’intervento occidentale contro l’Iraq (1991).Nel ’96-97, le tendenze fondamentaliste trovarono una base in Afghanistan sotto il regime dei talebani che approfittarono della situazione di anarchia creatasi dopo il ritiro dei sovietici per assumere il controllo del paese e imporvi un regime rigidamente oscurantista.
In Algeria la reazione dei gruppi fondamentalisti all’annullamento delle elezioni del ’92 provocò una serie di spaventosi massacri. In Turchia, paese di tradizione laica, nel 2002 si affermò il partito di ispirazione islamico-moderata guidato da Erdogan. Il suo governo fu caratterizzato da politiche autoritarie e repressive nei confronti delle minoranze.
Intanto, manifestazioni violente del fondamentalismo islamico si registravano anche in Somalia, in Sudan, in Pakistan, nell’Africa subsahariana e cominciavano a coinvolgere lo stesso Occidente, profilandosi come una emergenza internazionale.
La diffusione del radicalismo islamista suscitò pertanto molte preoccupazioni, tanto che alla metà degli anni ’90 fu evocata la prospettiva di uno “scontro di civiltà”.