Concetti Chiave
- Durante la Seconda Guerra Mondiale, le truppe italiane e naziste adottano tecniche repressive violente, bombardando villaggi e deportando civili in Grecia e Jugoslavia.
- Il generale italiano Mario Roatta ordina operazioni repressive in Dalmazia e Croazia, simili a quelle in Grecia, includendo rastrellamenti e fucilazioni sommarie.
- In Serbia, nel villaggio di Kraljevo e nella città di Kraguievać, le truppe tedesche massacrano migliaia di civili, compresi studenti e insegnanti.
- In Grecia, numerosi villaggi come Kalavryta, Komeno, Distomo e Klissura subiscono stragi di massa da parte delle forze naziste durante le repressioni.
- Le repressioni causano pesanti perdite civili in diversi paesi europei occupati, evidenziando il carattere della guerra contro i civili, oltre ai conflitti tra eserciti.
Violenza in Grecia e Jugoslavia
In Grecia tra il 1942 e il 1943 le azioni di bombardamenti e repressioni diventano particolarmente violente. L'esercito italiano ricorre alla tecnica di bombardare e incendiare villaggi, di saccheggiarne le riserve di viveri e gli attrezzi da lavoro, di deportare gli ostaggi nei campi di concentramento locali, nel tentativo di spezzare i rapporti (veri o presunti) tra comunità rurali e gruppi partigiani.
Non meno dure sono le azioni repressive ordinate dal generale Mario Roatta (1887-1968), che dal 19 gennaio 1942 è il comandante della Seconda Armata che opera nella parte di Jugoslavia affidata alle truppe italiane. Come in Grecia anche in Dalmazia e in Croazia le truppe italiane procedono a rastrellamenti, fucilazioni sommarie e internamento di sospetti nei campi di concentramento.Repressione nazista in Europa
Stessa tecnica repressiva viene adottata dalle truppe naziste normalmente su una scala molto più ampia e sistematica. Per fare solo qualche esempio, in Serbia nel villaggio di Kraljevo nell'ottobre del 1941 tra 4000 e 5000 persone sono falciate dalle mitragliatrici di reparti della Wehrmacht e gettate in fosse comuni; nella vicina città di Kraguievać vengono uccisi 2300 civili, compresa intere classi scolastiche con i loro insegnanti. Nel dicembre del 1943 nella cittadina greca di Kalavryta 674 uomini e 22 tra donne e bambini sono uccisi a colpi di mitragliatrice. Stesso trattamento è riservato ai villaggi greci di Komeno (317 morti, uomini, donne e bambini cui fa seguito la distruzione del villaggio), di Distomo (228 morti) e di Klissura (215).
Bilancio delle repressioni
Ma le azioni di repressione non riguardano solo la Grecia e la Jugoslavia. La lista potrebbe proseguire a lungo, ricordando iniziative analoghe che in questi anni le truppe tedesche mettono in atto in Boemia, in Francia, in Olanda e altrove. Un bilancio parziale degli azioni di repressione, presentata dallo storico Gustavo Corni, un docente di storia contemporanea all'Università di Trento, ci dice che durante la guerra esse hanno portato alla morte di 30.000 civili in Francia, 2000 nei Paesi Bassi, 150.000 in Grecia, fra 300.00 e 500.000 nei paesi occupati dell'Urss. Già le cifre di queste rappresaglie, unite ai dati relativi allo sterminio degli ebrei e alle vittime dei bombardamenti aerei, operati sia dalle truppe tedesche sia dalle forze alleate, ci suggeriscono che questa guerra è una guerra contro i civili oltre che una guerra tra esercito o tra formazioni combattenti.
Domande da interrogazione
- Quali furono le tecniche repressive utilizzate dall'esercito italiano in Grecia tra il 1942 e il 1943?
- Quali furono le conseguenze delle azioni repressive in Serbia e Grecia durante la Seconda Guerra Mondiale?
- Qual è il bilancio delle vittime civili a causa delle azioni repressive durante la guerra secondo lo storico Gustavo Corni?
L'esercito italiano utilizzò bombardamenti, incendi di villaggi, saccheggi, deportazioni di ostaggi nei campi di concentramento per spezzare i legami tra comunità rurali e partigiani.
In Serbia, nel villaggio di Kraljevo, tra 4000 e 5000 persone furono uccise, mentre a Kraguievać furono uccisi 2300 civili. In Grecia, a Kalavryta, furono uccisi 674 uomini e 22 tra donne e bambini.
Gustavo Corni stima che le azioni repressive abbiano causato la morte di 30.000 civili in Francia, 2000 nei Paesi Bassi, 150.000 in Grecia e tra 300.000 e 500.000 nei paesi occupati dell'Urss.