Concetti Chiave
- Le elezioni del 1919 in Italia introdussero un sistema di voto proporzionale, creando problemi di governabilità.
- I liberali ottennero la maggioranza relativa dei voti ma meno della metà dei seggi in Parlamento, circa 200.
- I socialisti divennero il primo partito con 150 seggi, mentre i popolari ottennero un buon risultato con circa 100 seggi.
- La diversità ideologica tra i partiti, come l'anticlericalismo socialista, amplificava l'ingovernabilità.
- Francesco Saverio Nitti faticò a mantenere il governo stabile, portando il re a nominare nuovamente Giolitti come primo ministro.
Indice
Elezioni del 1919 e governabilità
I risultati delle elezioni che si svolsero in Italia nel 1919 con l’introduzione del nuovo sistema di voto proporzionale crearono una situazione di difficile governabilità del paese: infatti i liberali, che si erano presentati non come unico partito, ma con tre o quattro liste, riuscirono ad avere la maggioranza relativa dei voti, ma ottennero meno della metà dei seggi in Parlamento, circa 200; i socialisti invece divennero il primo partito del Paese, in quanto da soli ottengono 150 seggi, comunque insufficienti per governare; i popolari invece, che si erano presentati per la prima volta alle elezioni, ottennero un ottimo risultato con circa 100 seggi.
Contrasti ideologici in parlamento
La ripartizione dei seggi così strutturata favoriva quindi l’ingovernabilità e anche il fatto che le formazioni entrate in parlamento avessero delle idee completamente diverse e su molte idee fossero in netto contrasto tra di loro lasciava trasparire sempre più questa situazione: ciò era evidente per il fatto che i socialisti erano fortemente anticlericali e le stesse dottrine marxiste erano atee e non riconoscevano l’autorità della chiesa.
Debolezza del governo e Giolitti
In questa situazione di debolezza del parlamento Francesco Saverio Nitti, che allora era il capo del governo, cerca di destreggiarsi con i numeri in parlamento ma alla fine il re è costretto a formare un nuovo governo che aveva come primo ministro nuovamente Giolitti, ormai ottantenne. Giolitti, appartenendo alla vecchia classe politica liberale, di fronte alla crescente situazione di rivolta e isapprovazione dell'operato precedente che si manifestava in Italia, non seppe però rispondere adeguatamente alle domande e al desiderio di cambiamento che il popolo italiano chiedeva