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I due Risorgimenti, storia d'Italia tra le guerre d'indipendenza e il biennio finale della seconda guerra mondiale
E' possibile trovare storia e riflessioni su due periodi tanto diversi quanto simili per obiettibi: fare l'Italia unita e indipendente prima, fare l'Italia ancora unita e libera dopo. Negli anni dopoguerra, si sentì il bisogno ed insieme anche il dovere, di dare una solida base ad un Paese, l’Italia, che usciva da un conflitto lungo e divisorio.
Era avvertita soprattutto la voglia e il dovere di dare una nuova democrazia e una nuova identità nazionale ad un paese in cui le già misere condizioni sociali erano state messe a dura prova da una guerriglia che molti ritengono essere stata una vera e propria guerra civile.
Forse è proprio da queste considerazioni che nasce quest’analisi di un periodo complesso almeno come quello che portò all’Unità d’Italia nel 1861, e non a caso dunque si parla di Nuovo Risorgimento.
Giorgio Napolitano, ex Presidente della Repubblica, durante la celebrazione del 150° anniversario della spedizione dei Mille si prodigò con forza nell’affermazione che l’Unità del nostro paese si è realizzata una prima volta nel 1861 e una seconda volta nel 1945, intendendo “unificare” per davvero lotte tanto diverse quanto uguali e soprattutto propedeutiche per l’affermazione della nostra nazione.
Questo lavoro si è articolato secondo un percorso cronologico che propone i temi rilevanti con uno sguardo critico.
Analizzare il periodo che va dall’8 settembre ’43 al 25 Aprile ’45 significa infatti dare il giusto spazio allo scontro tra gli stessi italiani: quelli del nord “sotto” la Repubblica di Salò, e quelli del sud con gli anglo-americani.
Non è interessante tuttavia in quest’occasione ricercare pure le ragioni o i torti di quanti, costretti o liberamente, furono dalla parte dei nazi-fascisti, quello che conta è evidenziare come in quei due anni (43-45) gli italiani cercarono nuovamente di riunificare come tanto tempo addietro (1861) la nostra nazione.
Su queste basi nacque una nuova democrazia, una nuova nazione, una nuova società, che grazie al sacrificio di un intero popolo riuscì ad affermarsi nel panorama internazionale e a produrre quel Boom economico che ci fece fare il salto di qualità tanto agognato e a questo punto anche meritato. Ci furono uomini, ci furono idee che nell’uno e nell’altro caso, nel 1861 come nel 1945, riuscirono ad avere la meglio su una serie interminabile di avversità e a far rivivere quel sogno chiamato Italia che oggi deve solo essere difeso.
Il 1860-61 e il 1943-45 furono anni essenziali e decisivi per la formazione dello stato italiano e per la sua rinascita democratica. Tale considerazione presuppone un inquadramento generale di quel periodo, una riflessione di ciò che avvenne dagli anni immediatamente precedenti.
L’idea di fondo è dunque teorizzare due Risorgimenti: uno relativamente all’Unità d’Italia, e l’altro verificatosi all’indomani dell’8 settembre 1943.
1- LA RESTAURAZIONE
Per un’analisi reale ed obiettiva dei
fatti che portarono al 1861 non si può tacere
su ciò che avvenne prima e che è
assolutamente rilevante per il nostro
Risorgimento. E’ necessario dunque tornare
per un attimo al periodo compreso tra
novembre 1814 e giugno 1815, in cui i
ministri degli esteri delle monarchie europee
si diedero appuntamento nel Congresso di
Vienna.
Un ruolo chiave fu quello esercitato
dall’Austria grazie alla presenza dell’abile
cancelliere, il Principe Clemente di
Metternich.
Si passò da un’Europa in cui
Napoleone era stato protagonista indiscusso
come imperatore, condottiero e modello, ad
un’Europa in cui c’era la volontà di tornare
all’antico. C’è da dire, fuor da dubbio, che
11 questa volontà non fu popolare, ma
soprattutto dei notabili e dei vecchi sovrani
che “liberandosi di Napoleone” pensavano di
cancellare gli ideali della rivoluzione
francese.
Si trattò di una vera e propria
restaurazione, che portò gli antichi sovrani
o i loro discendenti sui troni da cui erano
stati cacciati.
Restaurare significava dunque
ristabilire la situazione politica precedente
all’ascesa di Napoleone Bonaparte.
Il futuro politico del vecchio continente
fu deciso così partendo da due principi
fondamentali: 1- il principio dell’equilibrio
e 2- quello della legittimità.
Secondo il primo principio occorreva
creare i presupposti per una condizione
d’equilibrio tra le varie nazioni: nessuna
potenza vincitrice doveva avere il
sopravvento su un’altra e soprattutto la
Francia, che comunque era stata sconfitta,
12 non doveva subire alcun tipo di
penalizzazione.
Il principio di legittimità prevedeva
invece che tutte le dinastie che avevano
regnato prima di Napoleone, avessero diritto
a ritornare sui vecchi troni.
Questo significava per esempio che i
Borboni dovevano tornare sul loro trono,
vanificando tutte le conquiste della
Rivoluzione francese; i Savoia venivano
restaurati nel loro vecchio regno, mentre le
potenze vincitrici si accontentavano di poche
conquiste.
Al Congresso di Vienna seguì poi un
successivo trattato di collaborazione tra
Austria, Prussia e Russia, la Santa
Alleanza, che divenne man mano uno
strumento di repressione poiché i sovrani di
queste tre nazioni si impegnavano ad
aiutarsi reciprocamente. Abilmente però,
Clemente di Metternich spesso fece
interpretare quest’accordo come una
13 promessa d’intervento qualora fossero
scoppiate delle insurrezioni.
E in Italia cosa accadde?
Prima del Congresso c’era stata una
sorta di unificazione con la nascita della
Repubblica Italiana, dopo il 1815 invece si
tornò ad un inaccettabile spezzettamento.
Furono completamente cancellate le
Repubbliche marinare di Genova e Venezia: i
possedimenti genovesi furono assegnati al
regno di Sardegna che si completò con il
Piemonte, dove fu individuata in Torino la
capitale. Lombardia e Veneto andarono a
formare il Regno Lombardo- Veneto sotto
l’Austria, che controllava anche il Ducato di
Parma, il Ducato di Modena e Reggio.
Lo Stato della Chiesa rimase al Papa,
mentre al sud il regno di Napoli e quello di
Sicilia diedero vita al Regno delle Due
Sicilie sotto i Borboni.
14 In generale insomma la restaurazione
non fu solo il ritorno al potere dei vecchi
sovrani e quindi un ritorno ai vecchi regimi,
ma anche la riaffermazione dei ceti
privilegiati sui ceti medi, la borghesia in
primis.
L’atteggiamento dei vari sovrani
restaurati fu diverso: alcuni conservarono le
riforme che erano state ottenute, addirittura
in alcuni paesi fu preservato il codice
napoleonico; altri sovrani invece preferirono
ristabilire quell’assolutismo monarchico
tanto avversato dagli ideali della Rivoluzione
francese.
Emblematico sicuramente in tal senso
l’aneddoto che vide protagonista Vittorio
Emanuele I di Savoia, che si presentò ai
suoi vecchi sudditi come un nobile del
settecento, con tanto di cipria e codino,
quasi a voler tornare realmente a quello che
era stato e che adesso doveva ritornare ad
essere.
15 Ci furono anche delle monarchie che
mantennero la vocazione parlamentare, ma
fu paradossale che i loro sistemi elettorali si
basarono sul censo e dunque ad esprimersi
furono solo coloro i quali possedevano una
certa rendita patrimoniale.
2- LE IDEE LIBERALI SI
DIFFONDONO E NASCONO LE SOCIETA’
SEGRETE
Quanto riaffermato con il Congresso di
Vienna, tuttavia, rappresentava l’esatto
opposto di quanto il ceto medio e il popolo
ormai erano abituati ad avere.
Non si poteva cancellare con un
forzato colpo di spugna tutto quanto era
accaduto dopo la Rivoluzione francese!
Non si poteva chiedere agli europei di
fare un passo indietro e rinunciare a delle
conquiste che avevano migliorato le loro
condizioni di vita!
16 I popoli con il 1789 erano finalmente
diventati protagonisti e non volevano
rinunciare a questo privilegio.
L’eredità culturale della Rivoluzione
francese e delle successive concessioni
napoleoniche non poteva essere cancellata
tanto facilmente.
In realtà quindi i propositi della
Restaurazione rappresentarono motivo di
discordia e diedero origine ai primi focolai
insurrezionali.
Alla base di questa reazione ci fu la
decisa affermazione di moderne idee liberali,
che chiedevano la limitazione dei poteri
statali e che volevano più libertà individuali.
I liberali si dividevano in due gruppi,
ognuno con idee proprie spesso opposte:
1- I moderati;
2- I democratici;
I moderati ritenevano che la forma più
idonea di governo fosse la monarchia
costituzionale, con tanto appunto di
17 costituzione e di parlamento, anche se il
sistema elettorale che proponevano non
riconosceva il diritto di voto a tutti, ma solo
a chi aveva un certo censo e un certo livello
di istruzione.
I democratici invece parlavano di
suffragio universale e di governo
repubblicano.
Un ruolo chiave per lo sviluppo di
queste teorie fu quello esercitato dal
Romanticismo, il movimento artistico che
attraverso i sentimenti intendeva esprimere
la sensibilità verso tutti gli aspetti della vita.
I romantici sostenevano quindi che gli
uomini oltre che alla ragione si affidavano
anche alla passione e ai sentimenti.
Questi intellettuali, filosofi, pensatori e
artisti diedero un notevole contributo per la
nascita dell’idea di nazione, intesa come
una comunità dotata di una propria
identità, di una propria lingua e di una
propria cultura, che doveva avere
18 un’organizzazione politica, sociale ed
economica.
Lo Stato in tal senso si doveva
caratterizzare come libero ed
indipendente.
Facevano insomma capolino due
concetti chiave come quello di libertà e
indipendenza che presto divennero i simboli
delle lotte patriottiche.
Naturalmente le varie forze di
opposizione alla Restaurazione
abbracciarono queste idee e per certi versi
pure le superarono tanto che le varie
autorità cercarono di tenerle sotto controllo
con una vasta opera di repressione e
condanna.
Queste stesse forze di opposizione
allora riconobbero una prima forma di
reazione nella nascita delle società segrete,
che si proponevano l’ottenimento delle
libertà soppresse e il loro riscatto.
19 Sul modello della massoneria
settecentesca nacque in Italia la
carboneria in cui erano molto diffusi riti e ci
si rifaceva alla simbologia dei carbonai, così
che tutto passasse inosservato.
Gli adepti si riconoscevano con segni
convenzionali ed erano o apprendisti, o
maestri o gran maestri.
Nessuno però era a conoscenza degli
obiettivi che si perseguivano e forse proprio
questo fu il più grande limite che la storia ha
evidenziato: necessaria era la segretezza,
ma questo non significava che le idee
dovevano rimanere altrettanto anonime.
Da queste società, compresa la
carboneria, erano del tutto escluse le masse
popolari, ed invece vi erano intellettuali,
funzionari, commercianti.
3- I PRIMI MOTI
20 Il 1820 fu l’anno della svolta: si decise
di passare dalle parole ai fatti.
I primi moti scoppiarono in Spagna, a
Cadice; si chiedeva il riconoscimento della
costituzione a Ferdinando VII, che la
concesse con la speranza però che la Santa
Alleanza fosse accorsa per cancellarla, così
come avvenne nel 1823.
In realtà il monarca spagnolo non
concedeva una Costituzione ex novo, ma
ripristinava quella che nel 1812 gli iberici
avevano ottenuto sotto l’assedio
napoleonico.
Costituzione divenne perciò la parola
d’ordine che ormai andava di bocca in bocca
e che ben presto cominciò ad essere
pronunciata e ricercata in tutt’Europa.
Se gli spagnoli insorsero a capodanno
del 1820, nell’estate dello stesso anno a
ribellarsi furono i napoletani nel Regno delle
Due Sicilie.
21 Questa data di solito viene considerata
l’inizio di quel lungo e sanguinoso periodo,
noto come Risorgimento, che ebbe termine
solo con l’Unità d’Italia.
A Napoli e poi in Sicilia si chiedeva la
costituzione, che Ferdinando I non mancò di
concedere così da calmare gli animi.
La risposta della Santa Alleanza non si
fece attendere a lungo: nel marzo 1821
intervennero gli austriaci che sconfissero
l’esercito rivoluzionario guidato dal
catanzarese Guglielmo Pepe.
La miccia ormai però era stata
innescata e niente e nessuno sarebbe
riuscito a reprimerla. Il Risorgimento era
appena all’inizio.
Toccò poi al Piemonte dove gli insorti,
approfittando della lontananza del re Carlo
Felice e della contemporanea reggenza del
giovane Carlo Alberto, chiesero anch’essi la
Costituzione.
22 Il giovane reggente pensò bene a
questo punto di cedere alle insistenze degli
insorti riconoscendo le loro richieste.
Bastò però il ritorno di Carlo Felice e
l’intervento dell’esercito della Santa
Alleanza per ristabilire lo status quo.
Carlo Alberto grazie a questa sua
concessione divenne il punto di riferimento
degli insorti che lo identificarono sempre più
in quel sovrano forte e coraggioso che li
avrebbe potuto guidare nel processo di
unificazione.
Se questo fu vero o furono solo
speranze mal riposte ben si sa, ma a quel
tempo oltre alle idee erano necessari uomini
cui riconoscersi, e uno di questi era proprio il
giovane sabaudo, infatti nemmeno la sua
fuga a Firenze durante la repressione ne
offuscò l’immagine.
Repressioni in tutta la penisola, con
abolizione delle costituzioni, condanne a
morte, carcere ed esilio, furono le
23 conseguenze delle insurrezioni che tuttavia
non accennarono a placarsi.
La rivoluzione francese non era
passata dunque senza colpo ferire, ma
aveva lasciato un’eredità pesante che né il
Congresso di Vienna né le gravi repressioni
avrebbero potuto frenare. Proprio dalla
Francia arrivò poi nuovamente quell’impulso
che in Europa tutti aspettavano ma che fino
a quel momento nessuno era riuscito a far
prevalere.
Nel luglio del 1830 i liberali e il
popolo, che finalmente otteneva lo spazio
agognato, insorgevano contro Carlo X, reo di
un assolutismo inaccettabile per quel
contesto storico.
Il re francese infatti aveva assistito
inerme all’affermazione elettorale dei
liberali: per impedire che gli oppositori
avessero la meglio sciolse la Camera,
cambiò la legge elettorale e censurò la
stampa.
24 I francesi considerarono ingiusti questi
interventi e insorsero.
Il re fu costretto ad abbandonare
Parigi: prevalse però il compromesso e
cacciato Carlo X, Luigi Filippo D’Orleans fu
proclamato re “per volontà della nazione” e
non più come era accaduto in precedenza
“per volontà divina”.
Dalla Francia arrivò quindi l’atteso
messaggio che fece breccia in molte altre
nazioni: Belgio, Polonia e naturalmente Italia
non attesero più di tanto.
Nella nostra penisola le insurrezioni
partirono da Modena, poi toccarono Parma e
Bologna, ma tutte furono ugualmente
represse.
Molti patrioti furono costretti all’esilio e
tra questi Giuseppe Mazzini.
4- MAZZINI E IL CONCETTO DI
NAZIONE UNITA
25 V’è un periodo nella vita dei popoli,
come in quella degli individui, nel quale le
nazioni s’affacciano alla libertà, come
l’anime giovani all’amore: … perché la
natura creando l’uomo gli scrisse nel petto
libertà e amore. G.Mazzini, Scritti editi ed
inediti
Giuseppe Mazzini nasceva con l’idea
che la libertà è la maggiore ambizione
dell’uomo. Lui aveva fatto parte della
Carboneria, e proprio questa sua importante
militanza lo aveva convinto degli errori
commessi da questa società segreta.
Esule a Parigi nel 1831 aveva dato vita