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Sintesi

Sintesi Una mente, due realtà tesina




Questa tesina maturità classica nasce da una mia forte passione nei confronti della lingua, della storia e della cultura orientali ma in particolar modo cinesi. Non ho idea da cosa possa essere scaturito questo mio interesse ma, probabilmente, il fatto di non averne mai parlato a scuola o negli ambienti comuni, mi ha fatto sviluppare un’attrazione per tutto ciò che è dell’altro mondo. Quando noi pensiamo alla storia che studiamo a scuola e ai grandi personaggi che l’hanno fatta, pensiamo all’impero Romano o a Alessandro Magno, non ci viene assolutamente da pensare a qualche membro della dinastia Qing o a Mao. Questo perché da parte degli occidentali vi è sempre stata una sorta di rifiuto per le culture diverse; che esse abbiano principi giusti o sbagliati, bizzarri o strani. Anche da parte degli orientali non c’è mai stato un forte desiderio di scoprire il mondo occidentale ma ciò che li differenzia da noi, a mio parere, è che non hanno mai avuto la faccia tosta di considerare le popolazioni occidentali inferiori a loro. Sì, ci sono stati i popoli bellicosi come i Persiani, i popoli razzisti come i Giapponesi ma non hanno mai volutamente sterminato esseri umani diversi da loro solo perché li consideravano esseri inferiori.
Christopher Bollas nel suo elaborato “la mente orientale” divide in due la mente umana. Una è la mente occidental e e l’altra è la mente orientale. Perché questa divisione che apparentemente può sembrare così secca? L’idea centrale è che, da psicoanalista, vuole spiegare a chi non è ferrato in materia che non vi sono due tipi di menti distinte ma che la mente orientale e quella occidentale sono due diverse parti della mente umana, le due facce della stessa medaglia. Egli sostiene che alla base di questa scissione ci siano i modi diversi di vedere il mondo e di viverlo da parte delle due varianti di umanità. Fondamentalmente gli orientali pensano differentemente dagli occidentali. Le differenze sono percepibili a vista d’occhio. Oltre alla banale diversità fisica caratterizzata in particolare dagli occhi a mandorla, vi è un’essenziale incongruenza anche nel modo di relazionarsi. Noi occidentali siamo più discorsivi, aperti, mentre gli orientali tendono a essere meno espliciti e diretti. Se si pensa ai testi classici dell’uno e dell’altro mondo si può notare che quelli orientali (gli scritti di Lao Tu, Confucio, Mo’ Tu, Mencio e Zhuang zi) hanno il fine ultimo di descrivere gli ordinari e fugaci istanti del viaggio che è la vita; i testi classici occidentali (fra i più celebri l’Iliade e l’Odissea di Omero), invece, si basano sulle avventure dell’uomo che compie gesti eroici dimostrando il proprio coraggio, la propria resistenza e la propria intelligenza. Dunque, gli orientali esplorano più il mondo spirituale nel quale l’uomo deve compiere un percorso che lo porti ad essere migliore; gli occidentali esaltano semplicemente l’uomo per ciò che è capace di fare.
Per concludere, questa tesina è nata per svolgere un percorso alla fine del quale, spero di riuscire a dimostrare che i due mondi, apparentemente contrapposti e distaccati, hanno in comune molto più di quello che pensiamo, sia dal punto di vista storico che dal punto di vista artistico, passando per quello letterario e filosofico.

Collegamenti


Una mente, due realtà tesina



Italiano: Italo Svevo e Lu Xun.
Filosofia: Marx, Freud e Confucio.
Storia: storia della Cina.
Storia dell'arte: Monet e Hiroshige.
Inglese: Forster "A passage to India".
Estratto del documento

banale diversità fisica caratterizzata in particolare dagli

occhi a mandorla, vi è un’essenziale incongruenza anche

nel modo di relazionarsi. Noi occidentali siamo più

discorsivi, aperti, mentre gli orientali tendono a essere

meno espliciti e diretti. Se si pensa ai testi classici dell’uno

e dell’altro mondo si può notare che quelli orientali (gli

scritti di Lao Tu, Confucio, Mo’ Tu, Mencio e Zhuang zi)

hanno il fine ultimo di descrivere gli ordinari e fugaci istanti

del viaggio che è la vita; i testi classici occidentali (fra i più

celebri l’Iliade e l’Odissea di Omero), invece, si basano

sulle avventure dell’uomo che compie gesti eroici

dimostrando il proprio coraggio, la propria resistenza e la

propria intelligenza. Dunque, gli orientali esplorano più il

mondo spirituale nel quale l’uomo deve compiere un

percorso che lo porti ad essere migliore; gli occidentali

esaltano semplicemente l’uomo per ciò che è capace di

fare.

Per concludere, questo elaborato è nato per svolgere un

percorso alla fine del quale, spero di riuscire a dimostrare

che i due mondi, apparentemente contrapposti e

distaccati, hanno in comune molto più di quello che

pensiamo, sia dal punto di vista storico che dal punto di

vista artistico, passando per quello letterario e filosofico.

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1

L

a storia occidentale è nota a tutti noi. Il nostro

mondo è sempre stato caratterizzato dalla

continua evoluzione e dal progresso in ogni

ambito: dal lontano impero romano, al regno di

Carlo Magno, alle nuove scoperte scientifiche, alla

lotta per i valori della rivoluzione francese, alla

restaurazione e alla formazione degli stati occidentali degni

di essere chiamati tali fino ad arrivare al secolo breve.

Quest’ultimo fu caratterizzato dalle guerre, dagli stermini,

dalle dittature e dall’acquisizione di diritti inviolabili.

La storia dell’oriente è meno conosciuta. Vorrei prendere in

esame la Cina poiché essendo stato sempre un paese così

grande e ricco di storia, è quello che meglio evidenzia le

caratteristiche fondamentali del mondo orientale.

La civiltà cinese è una delle più antiche dell’intero globo. È

caratterizzata dal susseguirsi di dinastie di regnanti che

governavano sin dal terzo millennio a. C. Le prime pare che

fossero tre dinastie ereditarie: Xia, Shang e Zhou. Non si

hanno di questo periodo delle notizie certe in quanto gli

storici non sono riusciti a ritrovare grossi reperti o

documenti che potessero testimoniare gli avvenimenti di

questo periodo. Certo è che, come in Occidente, anche in

Oriente, questo determinato periodo storico è connotato

dalla pratica dell’agricoltura e della pesca, dall’invenzione

della scrittura e da una sempre più rigorosa organizzazione

dello stato. Al potere vi erano sempre delle famiglie di

aristocratici militari che si susseguivano in base a rapporti

diretti di parentela stabiliti dal sovrano insieme ai capi

militari più potenti. Insomma, non succedeva niente di così

diverso da ciò che accadeva in Occidente con il

feudalesimo. 4

Successivamente, con quella che viene definita come

‘epoca degli stati combattenti’, la Cina visse una situazione

di disordine nella quale i regni cinesi cercavano di ottenere

la supremazia sugli altri. Era chiaro che queste guerre, che

possono essere definite civili, stessero mettendo a

repentaglio l’ordine e il rigore che fino ad allora era sempre

stato presente. Durante questo periodo visse anche il

filosofo Confucio che, a suo modo, cercò di risanare la

profonda crisi sociale e spirituale che stavano lacerando la

Cina del tempo. Dal 221 a.C. la Cina fu riunita sotto un

unico potere politico capeggiato da Ying che si

autoproclamò QinShiHuangdi ovvero “quasi divinità”.

L’unico vero obiettivo di questo governatore era riuscire a

unificare tutto l’immenso territorio cinese stabilendo dei

confini, una capitale, una moneta unica e una medesima

scrittura.

Successivamente, tra il terzo e il settimo secolo, quello che

era diventato lo stato cinese attraversò un periodo buio. Il

medioevo cinese, infatti, fu caratterizzato da una nuova

frammentazione del territorio e dalla diffusione di nuove

ideologie e religioni fra le quali il buddismo. Da questo

periodo, nella società cinese, si affermò la preminenza

delle classi colte, avvantaggiate da una politica classista

che permetteva solo agli intellettuali capaci, di accedere

alla carriera amministrativa.

Così come nel mondo occidentale, subito dopo un periodo

di crisi, sussegue un periodo di prosperità caratterizzato da

nuove scoperte scientifiche e nuove invenzioni. Fu proprio

questo il momento in cui si perfezionarono le tecniche

militari e agricole.

Nel tredicesimo secolo, per la prima volta, la Cina fu

completamente sottomessa da una popolazione di barbari:

i mongoli. Una volta che questa popolazione fu

definitivamente scacciata dal territorio cinese, si

susseguirono due dinastie: i Ming (che esaltarono i diritti

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dei contadini ed espansero la produttività agricola) e i Qing

(dinastia che rimase al potere fino al 1911).

In seguito, la storia della Cina, tende ad assomigliarsi

sempre di più a quella dei paesi occidentali. Nel 1921, a

Shanghai, fu fondato il Partito comunista cinese. Uno degli

esponenti principali di esso fu Mao Zedong. La figura di

Mao emerse dopo che il nuovo leader del Guomindang

provocò la rottura con i comunisti. Sostenitore di

un'insurrezione generale che coinvolgesse città e

campagna, fu tra gli organizzatori della "sollevazione dei

raccolti d'autunno" e commissario delle operazioni

nell’Hunan. La rivolta fu sedata dal Guomindang e Mao

guidò i suoi nella ritirata, mentre il partito lo accusava di

avventurismo militare e lo escludeva dal comitato centrale.

Dalla riflessione su questa sconfitta emerse la linea che

avrebbe caratterizzato gli anni a venire, incentrata

essenzialmente nel nesso tra rivoluzione sociale e

liberazione progressiva del territorio nazionale. A questo

scopo Mao iniziò, con i reduci della fallita insurrezione

dell’Hunan, l'edificazione dell'Armata rossa(esercito

formato principalmente da contadini) che divenne parte

integrante del partito maoista. L'altra parte del partito,

invece, più vicino alle posizioni sovietiche, continuava,

peraltro senza successo, a organizzare rivolte a base

urbana. Dal 1927 il movimento di Mao si estese in molti

territori cinesi e nel 1931 fu proclamata la Repubblica

socialista di Jiangxi di cui Mao era il presidente. Intanto

alcuni influenti dirigenti comunisti si erano convinti delle

tesi maoiste e nel 1935 a Mao fu conferita la leadership

assoluta del partito. Da quel momento si formò quello

"spirito comunista” al quale la politica maoista si sarebbe

sempre richiamata e al quale, dopo la rivoluzione, si

sarebbe fondato a lungo lo stato cinese. Mentre perdurava

la guerra civile tra il Guomindang e i comunisti, l'invasione

giapponese (1937) costrinse le due forze all'armistizio e

alla lotta contro il comune nemico. Successivamente Mao

guidò il partito in una strategia che saldava insieme la lotta

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antimperialista e la lotta antifeudale applicando la riforma

agraria nelle zone liberate. Questa linea diede modo

all'Armata rossa di combattere in un più ampio fronte di

liberazione e al partito di radicarsi in larga parte del paese,

creando così le premesse della fase successiva della

rivoluzione. Nel frattempo il prestigio di Mao nel partito

cresceva al punto che il VII congresso (1945) consacrava il

pensiero di Mao come "l'unica guida per l'azione". Uscito di

scena il Giappone , la fragile tregua firmata da Mao e Jiang,

lasciò posto ben presto al riaccendersi della guerra civile,

ma ora i rapporti di forza nella società cinese erano

largamente favorevoli al partito comunista e il Guomindang

andò incontro alla sconfitta decisiva. Il 1° ottobre 1949 fu

proclamata la Repubblica Popolare di Cina e Mao Zedong

divenne presidente del Consiglio del governo centrale del

popolo, primo organismo del nuovo stato. Questo nasceva

con una forte impronta maoista. Per certi versi,

successivamente, Mao, che pur avrebbe mantenuto a vita

la presidenza del comitato centrale del partito e goduto di

un enorme prestigio, non tese a impersonare il potere in

ogni suo aspetto, bensì a guidare le principali svolte

politiche, sviluppando una concezione sostanzialmente

inedita dello stato socialista, sintetizzata, poi, in un

discorso del 1957; qui Mao sottolineava come, oltre alle

"contraddizioni antagoniste" (quelle con il nemico di

classe), ve ne fossero altre prodotte dallo stesso sviluppo

socialista, la cui soluzione andava cercata in un "costante

processo di riaggiustamento", lasciando aperta la dialettica

e la competizione tra tutte le componenti della società (il

partito, i contadini, gli operai, gli intellettuali, ecc.). Dopo la

prima fase di assestamento della Cina post-rivoluzionaria,

con l'adozione della costituzione del 1954, Mao assunse la

presidenza della Repubblica, che avrebbe mantenuto fino

al 1959. Dal 1955 la presenza di Mao si caratterizzò

soprattutto nell'accentuazione della collettivizzazione

agricola. Si tracciava così un percorso diverso da quello

sovietico e la destalinizzazione offrì l'occasione per

l'esplicitazione di un dissenso (1957) che avrebbe in

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seguito coinvolto non solo i due partiti comunisti, ma anche

i due stati e l'intero movimento comunista internazionale.

Sul piano interno, l'insistenza di Mao su una linea

antiburocratica, che avvantaggiava l'agricoltura, generò

forti opposizioni nel partito e nello stato, al quale Mao

rispose mobilitando l'esercito, i giovani della guardia rossa,

molti intellettuali, e giungendo infine a scatenare la

rivoluzione culturale. Questa assunse talora gli aspetti di

una guerra civile.Finì dopo tre anni con la completa vittoria

dei maoisti, e il congresso del partito del 1969 proclamò

nuovamente il pensiero di Mao base teorica del comunismo

cinese. Negli ultimi anni Mao tese a consolidare i risultati

conseguiti con la rivoluzione culturale e il X congresso del

partito, (1973) che diedero l'avvio alla seconda Repubblica,

la cui costituzione entrò in vigore nel gennaio 1975.

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2

D

opo aver chiarito bene la storia della Cina e

quindi aver sottolineato gli aspetti fondamentali

che hanno permesso a questa grande nazione

di diventare tale, vorrei esaminare, partendo

dalle fondamenta del pensiero cinese, le

differenze che intercorrono tra esso e quello occidentale.

Ho già sottolineato in precedenza quali fossero i testi

classici sui quali si basa la mente orientale. Tra tutti

Confucio, oltre a essere quello più conosciuto, è anche

colui che è riuscito a divulgare le proprie dottrine in più

paesi orientali come il Giappone e la Corea.

Confucio visse in Cina probabilmente fra il 551 e il 479 a. C.

Il nome Confucio gli venne attribuito da dei missionari

cristiani europei, infatti, il suo vero nome era Qiu Kong. Non

abbiamo molte notizie riguardanti la sua vita. Sappiamo

che apparteneva alla piccola nobiltà impoverita e che

viaggiò a lungo alla ricerca di un sovrano a cui insegnare i

principi indispensabili che costui deve avere per poter

regnare. Il periodo in cui egli visse fu un’epoca

caratterizzata da forti incertezze sia a livello politico sia a

livello ideologico. La Cina non era ancora un paese

unificato ma erano presenti all’interno di questo immenso

territorio innumerevoli Stati feudali in continua guerra tra

loro. A causa di questa situazione geo-politica si registrò la

perdita dei valori morali fondamentali che fino ad allora

erano stati alla base della società cinese.

Confucio, nonostante venga considerato un vero e proprio

filosofo, non ha mai scritto dei testi veri e propri ma ha

sempre professato le proprie dottrine oralmente. Furono i

suoi seguaci, successivamente, a raccogliere gli

insegnamenti del maestro in diverse opere tra cui, la più

importante, la raccolta di aforismi e citazioni intitolata

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“Dialoghi”. Probabilmente i suoi seguaci, riportando le

parole del proprio maestro, hanno reinterpretato le dottrine

aggiungendo dei pensieri personali.

Come professava Tacito, anche Confucio, accortosi della

situazione di disagio presente in Cina in questo periodo,

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