Concetti Chiave
- Il dibattito del 1848 tra i democratici italiani si concentrava sulle strategie per l'unità e l'indipendenza nazionale.
- Mazzini attribuiva la sconfitta alla mancanza di organizzazione e difendeva il suo programma repubblicano basato sulla fratellanza divina.
- Ferrari e Pisacane criticavano i limiti programmatici, sostenendo la necessità di coinvolgere la massa popolare con prospettive rivoluzionarie concrete.
- Secondo Ferrari e Pisacane, era essenziale coniugare la rivoluzione politica con quella sociale, affrontando la povertà e lo sfruttamento rurale.
- Mazzini riteneva che il fallimento fosse dovuto alla mancanza di coesione e comunicazione tra i leader democratici.
Indice
Il dibattito politico del 1848
Mentre ancora si andava dispiegandosi il moto rivoluzionario avviatosi nel febbraio del 1848 in Italia, tra i democratici italiani si aprì un ampio e articolato dibattito politico che mirava a definire le strategie delle battaglie miranti alla conquista dell’unità di Italia e all'indipendenza della Nazione.
Le posizioni di Mazzini e degli intellettuali
Da questo intenso dibattito emersero due posizioni molto chiare: quella di Mazzini, il quale attribuiva la sconfitta dei democratici a semplice incapacità organizzativa e rifiutava ogni critica al suo programma (mirante ad un’Italia repubblicana, unita sotto il principio di fratellanza conferita agli uomini da Dio); la posizione di un gruppo di intellettuali- tra cui emergevano Ferrari e Pisacane- che imputava ai limiti programmatici del movimento gli insuccessi del partito.
Le critiche di Ferrari e Pisacane
Secondo Ferrari e Pisacane, il movimento aveva fallito perché non era stato in grado di offrire una prospettiva rivoluzionaria alla massa popolare, soprattutto a quella rurale (che comunque viveva nella speranza di una condizione socio-economica migliore.
Secondo quest’ultima posizione, era opportuno coniugare la rivoluzione politica (cioè gli interessi di potere) a quella sociale, intervenendo su problematiche nodali, quali quelle della povertà o dello sfruttamento delle popolazioni delle campagne. Mazzini, dal suo canto, riteneva che il fallimento derivasse da una mancanza di coesione e di comunicazione tra gli esponenti democratici.