Concetti Chiave
- Lo Stato Italiano post-unitario era caratterizzato da povertà diffusa, analfabetismo e un'economia prevalentemente agricola, con un significativo divario socioeconomico tra Nord e Sud.
- Dal 1861 al 1876, la Destra storica governò l'Italia, adottando un sistema politico accentrato e cercando di raggiungere il pareggio di bilancio con misure fiscali severe.
- La situazione nel Mezzogiorno peggiorò a causa di politiche fiscali oppressive e una mancata soddisfazione delle aspettative di rinnovamento, portando al fenomeno del brigantaggio.
- Il completamento dell'Unità d'Italia fu segnato da conflitti interni e accordi internazionali, culminando con la presa di Roma e la sua proclamazione a capitale nel 1871.
- Durante il periodo della Sinistra storica, guidata da Andrea Depretis, si introdussero riforme per migliorare l'istruzione e allargare il suffragio, ma l'economia rimase fragile, specialmente nel Sud.
Indice
- La nascita dello Stato italiano
- Divisioni interne e politiche
- Problemi economici e sociali
- Il brigantaggio e le tensioni sociali
- Roma capitale e le guerre di indipendenza
- La Destra storica e il pareggio di bilancio
- La Sinistra storica e le riforme
- Il trasformismo e le politiche economiche
- Politica estera e coloniale
- Crispi e le riforme
- Le rivolte dei Fasci Siciliani
- Crisi istituzionale ed economica
La nascita dello Stato italiano
Si era formato ormai lo Stato Italiano che però presentava evidenti difetti e segni di arretratezza se messo a confronto con le altre potenze europee; la povertà era diffusa così come l'analfabetismo e la mortalità infantile, non c'era nessun processo di industrializzazione e l'economia rimaneva sempre basata sull'agricoltura, principale fonte di ricchezza , e anche in questo caso il territorio italiano era solo in parte adatto all'agricoltura.
Il reddito pro capite era nettamente inferiore a quello degli altri stati europei, la siderurgia era quasi inesistente ( mentre gli altri stati erano riusciti a utilizzare il carbone, l'Italia continuava a produrre energia soprattutto con la legna da ardere) e la marina mercantile era ormai tecnologicamente superata; la popolazione urbana rappresentava una bassa percentuale, la maggior parte stanziava nelle campagne;
inoltre c'era un netto divario tra il Nord e il Mezzogiorno:
- la produzione agricola si basava sulla presenza del latifondo a Sud mentre a Nord si diffondevano aziende agricole moderne
- la rete stradale era molto sfavorita nel Sud
- l'analfabetismo era molto più diffuso nel Sud
- la politica economica meridionale si ispirava ancora al mercantilismo e questo generava un disinteresse per le infrastrutture e l'istruzione
Divisioni interne e politiche
Dal 1861 al 1876 governò il paese la cosiddetta Destra storica aristocrazia terriera, poiché di idee politiche generalmente moderate che si contrapponeva a una Sinistra borghesia cittadina di ideali democratici entrambi però di una posizione più centrali al contrario delle posizioni dell'estrema destra ( conservatori reazionari nostalgici dei vecchi stati preunitari) e dell'estrema sinistra ( mazziniani e garibaldini); queste opposizioni di Sinistra e Destra centrali avevano però la stessa concezione liberale dello Stato e rappresentavano una piccola parte del paese, infatti la base elettorale era il 2% della popolazione totale del paese e c'era quindi una distanza abissale tra paese reale e paese legale e si votava con il sistema uninominale ( ogni collegio eleggeva un solo candidato); erano tra l'altro partiti di notabili: non avevano una struttura organizzata ma erano semplicemente schieramenti politici.
A Cavour succedette un aristocratico toscano Bettino Ricasoli che affrontò il primo problema istituzionale ovvero quale assetto avrebbe dovuto avere lo Stato: decentrato o accentrato.
L' accentramento politico era come la Francia napoleonica che governava con un forte controllo su tutte le dinastie locali e sulle istituzioni.
Il decentramento era come la Gran Bretagna che lasciava ampie libertà amministrative e giudiziarie alle contee.
In Italia, a differenza del generale punto di vista politico europeo, i democratici erano favorevole al decentramento che limitava il potere dello stato e aumentava di conseguenza la partecipazione del popolo, mentre i moderati favorivano l'accentramento, obiettivo di coloro che essendo al potere cercavano di consolidarne le basi; alla fine si votò per l'accentramento ( a causa del fondamentale ruolo del Regno di Sardegna per l'unità d'Italia) e l'Italia fu divisa in province su cui il governo nominò un prefetto che lo rappresentasse; così come i sindaci erano nominati dal governo e a esso rispondevano; lo Statuto Albertino divenne la costituzione del paese e venne diffusa la moneta piemontese: la lira.
Problemi economici e sociali
Nel 1861 il bilancio dello Stato venne unificato assorbendo la contabilità degli stati preunitari, arrivando a contare un debito italiano che copriva il 40% del prodotto interno lordo, una percentuale per l'epoca scandalosa; a questo punto il governo della Destra Storica cercò in primo luogo di raggiungere il pareggio di bilancio in modo tale anche che lo Stato italiano iniziasse ad essere considerato come affidabile e quindi acquisire prestigio nel panorama europeo. Per far fronte al debito innanzitutto vennero confiscati i terreni ecclesiastici e del dominio pubblico, ma invece di utilizzarli per migliorare la situazione di povertà specialmente nel Sud, il governo li mise all'asta alimentando di conseguenza il latifondo (i poveri non potevano sicuramente permettersi di comprarli); un altro punto perseguito fu quello del duro prelievo fiscale tramite i primi anni le imposte dirette, mentre dal 1865 con le imposte indirette; quest'ultime in particolare aumentarono di colpo in pochi anni in particolare una fu scatenante di diverse manifestazioni, poi represse con la violenza, ovvero la tassa sul macinato cioè sul pane, l'alimento primario.
Il brigantaggio e le tensioni sociali
Nel Mezzogiorno perciò la situazione a seguito della formazione dello Stato italiano, inizialmente fonte di speranze di rinnovamento, venne presto delusa dal nuovo governo, sia dal piano politico ( nella fretta il governo smantellò le istituzioni borboniche non preoccupandosi di sostituirle in modo adeguato), sia dal piano sociale che:
- con le imposte indirette, in particolare quella del macinato, aveva peggiorato di gran lunga una situazione economica già di per sé molto precaria,
- era stato messo il servizio militare obbligatorio
- furono abbattute le barriere doganali provocando il fallimento di numerose imprese
Questo diffuso malcontento provocò il nascere di un particolare fenomeno ovvero il grande brigantaggio, complesso sia per la varietà di figure coinvolte sia per la dimensione delle bande talvolta molto numerose; le bande si districavano in guerriglie, proteste e saccheggi addirittura sostenuti da Federico II di Borbone che forniva armi e denaro e di conseguenza lo Stato italiano era diventato il "nemico" e le bande avevano spesso l'appoggio del popolo. La guerra costò migliaia di morti tra briganti, militari e civili e decisiva fu la legge Pica con cui il governo affidava la repressione al tribunale militare e che diventava di conseguenza violenta liberandosi così di un problema senza risolverne i problemi sociali alla radice. La generale incomprensione dei problemi del Sud alimentò il diffondersi di tali fenomeni come quelli che conosciamo ancora oggi , la camorra e la mafia.
Roma capitale e le guerre di indipendenza
Sia democratici che moderati concordavano con la necessità di nominare Roma come capitale che, come aveva già detto Cavour, aveva un simbolo morale e di tradizione; però sul come completare l'Unità d'Italia il paese era diviso: la Destra storica era contraria poiché questo avrebbe portato un intervento della Francia, fedele alla Chiesa, che le truppe italiane non avrebbero potuto affrontare; mentre i mazziniani e i garibaldini erano favorevoli a un intervento armato. Infatti la prima iniziativa fu nel 1862 proprio da parte di Garibaldi affiancato dal capo del governo Urbano Rattazzi, però salpati dalla Sicilia e arrivati nella penisola, l'esercito di Garibaldi fu fermato proprio dalle truppe di Rattazzi: questo perché la Francia aveva minacciato un intervento armato se l'iniziativa avesse continuato a portarsi avanti; lo scontro tra i garibaldini e l'esercito italiano si svolse sull'Aspromonte e vide la sconfitta di Garibaldi. Questo convinse il governo che l'unica via da percorrere fosse quella di un accordo con la Francia e questo avvenne con la Convenzione di Settembre con cui l'Italia s'impegnava a difendere lo Stato Pontificio e la Francia ritirava mano a mano le truppe, la capitale veniva spostata a Firenze e lo Stato rinunciava a Roma capitale.
Nel 1866 Bismark propose all'Italia un alleanza contro l'Austria e così il governo vide la possibilità di riprendersi gli stati ancora sotto il controllo asburgico e iniziò quindi la terza guerra di indipendenza, però mentre la Germania vinceva Lissa e Custoza, l'Italia perdeva su tutti i fronti tranne che per Garibaldi a Bezzecca nonostante poi fu costretto ad arrestarsi comunque; alla fine però con la pace di Vienna l'Italia ottenne il Veneto, il Friuli e il Trentino rimasero sotto il dominio austriaco. In questo contesto riprese rigore l'iniziativa di liberare Roma, Garibaldi partì con 3000 volontari ma l'insurrezione fallì bloccata dalle truppe francesi e Garibaldi venne arrestato. La guerra tra Francia e Prussia causò il ritiro delle truppe francesi in Italia, così il governo ne approfittò e il 20 settembre del 1870 un corpo di bersaglieri guidati da Raffaele Cadorna entrò a Roma attraverso la storica breccia di Porta Pia e scarsa fu la resistenza delle forza pontificie; la capitale fu spostata a luglio del 1871 e con la legge delle guarentigie, ovvero delle garanzie date dallo Stato al papa Pio IX affinché potesse svolgere liberamente il suo magistero e a cui viene riconosciuta la sovranità sulla Città del Vaticano.
La Destra storica e il pareggio di bilancio
Il 16 marzo 1876 il presidente del Consiglio Marco Minghetti annuncia il raggiungimento del pareggio di bilancio: la Destra storica aveva vinto questa battaglia, ma l'aveva logorata all'interno e si trovava sempre più divisa e in difficoltà: il paese stremato dalla pressione fiscale avvertiva l'esigenza di nuove riforme che la Destra però non sapeva come comprendere e attuare;
infatti se con il pareggio di bilancia si era ottenuto un certo prestigio all'estero nella politica interna c'erano forti limiti come ad esempio il meridione molto più in difficoltà del Nord, oppure il fatto che il libero scambio aveva messo il commercio italiano in competizione con gli altri stati con un esito decisamente negativo.
La Sinistra storica e le riforme
Il 18 marzo del 1876 la Destra perse l'appoggio della maggioranza e cadde, morirono inoltre diversi personaggi del panorama risorgimentale importanti come Mazzini, Garibaldi, Pio IX e Vittorio Emanuele II;
il 25 marzo il nuovo governo viene affidato ad Andrea Depretis leader della Sinistra storica che regno dal 1876 al 1896, e che attuò la sua visione democratica con componenti però moderate e presento il suo programma politico
- eliminare l'analfabetismo
- allargare il suffragio elettorale
- abolire la tassa sul macinato
- decentrare l'amministrazione pubblica
Perciò il primo provvedimento importante che attuò Depretis riguardò l'istruzione ed emanò la legge Coppino con cui introdusse l'obbligo scolastico fino ai nove anni, inoltre fece costruire numerose scuole, asili e scuole serali, nonostante comunque in molti luoghi mancavano ancora scuole e maestri e le famiglie non potevano permettersi di far studiare i figli riducendo lavoro per il sostentamento; in seguito venne notevolmente diminuita la tassa sul macinato fino ad essere del tutto eliminata, questo però fece tornare il deficit di bilancio; con la riforma elettorale del 1882 il diritto di voto venne decisamente allargato e arrivò ad essere il 7% della popolazione.
Nelle elezioni del 1882 venne per la prima volta eletto un deputato socialista: Andrea Costa ( la Destra ottenne comunque un buon risultato).
Il trasformismo e le politiche economiche
Preoccupato da buon risultato ottenuto dalla Destra nelle elezioni, Depretis si rivolse ai deputati di Destra e giustificò l'accordo stipulato con il leader della Destra Minghetti affermando che se qualcuno vuole trasformarsi e diventare progressista lui di certo non lo fermerà: nasce così il trasformismo ovvero degli accordi tra due fazioni politiche differenti eliminando quella che quindi dovrebbe essere la distinzione tra ideologie ; possiamo notare come questo trasformismo sia un fenomeno molto simile all'accordo tra Cavour e Rattazzi con la politica del connubio, la differenza tra i due però è il risultato: mentre il connubio pensava a creare una base di Parlamento solida, il trasformismo portò a cambiamenti di fazione in base alle leggi da dover votare e in base principalmente ad interessi personali.
Infatti oggi il trasformismo ha una connotazione negativa e viene associato alla corruzione.
Per quanto riguarda l'economia, in Italia nascevano le prime grandi industrie principalmente a Nord nonostante l'agricoltura rimaneva l'attività principale, infatti con la depressione degli anni ottanta l'Italia specialmente nel meridione ne risentì molto, di conseguenza il popolo compreso quello di interesse industriale chiese l'aumento delle tariffe doganali a protezione della produzione nazionale; così nel 1887 vennero introdotte alte tariffe doganali che portò di conseguenza gli altri paesi ad aumentare a loro volta le tariffe causando quindi un potente blocco. Questa svolta protezionistica ebbe un riscontro positivo per la produzione industriale, ebbe però un forte riscontro negativo nell'agricoltura del Sud e nelle masse popolari in generale causando quindi una forte emigrazione.
Politica estera e coloniale
In politica estera la Sinistra presentò una radicale svolta, infatti da tempo l'Italia aveva messo gli occhi sulla Tunisia che è sta però occupata dalla Francia anche a causa della posizione geografica svantaggiosa dell'Italia. Perciò nel 1882 l'Italia decise di allearsi con Germania e Austria formando la Triplice Alleanza (cosa altamente criticata poiché significava rinunciare del tutto al Friuli e al Trentino), che fu molto vantaggioso però a livello economico; tentò quindi la colonizzazione occupando un piccolo territorio e procedendo alla conquista di Massaua, furono fermati però dal negus imperatore d'Etiopia e così l'avventura coloniale fallì.
Crispi e le riforme
Nel 1887 Depretis morì e a lui succedette Francesco Crispi, il primo uomo politico meridionale a diventare presidente del Consiglio; fervente mazziniano in gioventù, partecipa alla rivolta siciliana e alla spedizione dei Mille, governò per dieci anni dal 1887 al 1896. Ammiratore di Bismark, conseguente difensore della Triplice Alleanza sosteneva la necessità di uno Stato forte, così con il consenso del sovrano Umberto I accentrò su di sé le cariche di presidente del Consiglio, ministro del Interni e degli Esterni per la prima volta dalla nascita dello stato italiano; nel 1888 fa approvare una legge che da un lato estende il diritto di voto e dall'altro rafforza il potere dei prefetti; inoltre mostra più volte il suo orientamento ostile alla Francia per cui consolidò l'alleanza con la Germania, questo portò la Francia a introdurre una tariffa doganale mirata a cui l'Italia rispose con la stessa moneta; essendo però la Francia il maggior paese di scambio per l'Italia la situazione economica nel Sud peggiora ulteriormente. Crispi attuò però anche delle riforme progressiste come il codice Zenardelli con cui aboliva la pena di morte, l'introduzione di una limitata libertà di sciopero, di contro introdusse una legge di pubblica sicurezza che restringeva i diritti sindacali.
Crispi voleva tentare la politica coloniale perciò fece un Trattato di Uccialli con l'Etiopia in cui si assicurava l'Eritrea e la Somalia e chiedeva anche di avere il protettorato sull'Etiopia; questa politica coloniale però causò diverso dissenso e fu costretto a dare le dimissioni.
Le rivolte dei Fasci Siciliani
A lui succedette inizialmente Di Rudinì e in seguito Giovanni Giolitti che dovette subito affrontare un problema di amministrazione molto importante ovvero le rivolte dei Fasci Siciliani; come dice la parola
Torna Crispi al governo che subito decide di attuare una repressione violenta per i fasci siciliani proclamando lo stato d'assedio, così il problema dei fasci è risolto ma Crispi continua a voler attuare la politica coloniale e non accettando il rifiuto dell'imperatore d'Etiopia riguardo il Trattato di Uccialli arrivano allo scontro da cui l'Italia ne esce pesantemente sconfitta e Crispi è costretto nuovamente a dare le dimissioni; morirà successivamente.
Crisi istituzionale ed economica
In seguito a questi eventi si apri una crisi istituzionale ed economica e venne chiamato al governo Antonio Di Rudinì che in primis firmò con l'imperatore un accordo con cui accettava di tenersi esclusivamente la Somalia e l'Eritrea; nel frattempo nel paese dilagava la fame e la povertà che portava il popolo a insorgere, la più famosa manifestazione fu quella di Milano in cui il generale Bava Beccaris fece sparare sulla folla ai suoi uomini. Beccaris ricevette il plauso del governo per questo mentre Di Rudinì dava le dimissioni e lo sostituiva Luigi Pelloux che presentò al Senato una serie di provvedimenti che limitavano la libertà di stampa e di riunione cosa che portò l'estrema sinistra a reagire facendo ostruzionismo: allungarono all'infinito i tempi di discussione della legge e alla fine si sciolsero le Camere e vennero indette le elezioni;
questo finche un anarchico Gaetano Brescia uccise il re Umberto I per gli eventi di Milano.
Se fosse stato un evento isolato o frutto di un complotto non lo si scoprì mai ma questo, se intendeva iniziare una rivolta popolare, ebbe il risultato opposto: tutti si ritrovarono d'accordo sulla monarchia e l'anarchia venne bandita all'unanimità. Venne nominato capo del governo Zenardelli da Vittorio Emanuele III e affiancato dal ministro degli Interni Giovanni Giolitti.
Domande da interrogazione
- Quali erano i difetti dello Stato Italiano all'epoca?
- Quali erano le principali differenze tra il Nord e il Mezzogiorno d'Italia?
- Chi governò l'Italia dal 1861 al 1876?
- Quali erano gli obiettivi della Sinistra storica guidata da Andrea Depretis?
- Chi fu il primo presidente del Consiglio meridionale in Italia?
Lo Stato Italiano presentava difetti come la povertà diffusa, l'analfabetismo, la mortalità infantile, la mancanza di industrializzazione e una economia basata principalmente sull'agricoltura.
Nel Nord si diffondevano aziende agricole moderne, la rete stradale era più sviluppata e l'analfabetismo era meno diffuso. Nel Mezzogiorno, invece, la produzione agricola si basava sul latifondo, la rete stradale era sfavorita e l'analfabetismo era più diffuso.
La Destra storica, composta principalmente da aristocrazia terriera, governò l'Italia dal 1861 al 1876.
Gli obiettivi della Sinistra storica guidata da Andrea Depretis erano eliminare l'analfabetismo, allargare il suffragio elettorale, abolire la tassa sul macinato e decentrare l'amministrazione pubblica.
Francesco Crispi fu il primo presidente del Consiglio meridionale in Italia.