Concetti Chiave
- Di Rudinì's government fell after ordering military action against a socialist protest, leading to the rise of Pelloux's authoritative rule.
- Giolitti aimed for social reforms, advocating for negotiations in labor disputes and implementing policies like universal male suffrage and labor protections.
- Giolitti faced challenges from both socialists and conservatives, struggling to balance political dynamics, and initiated several reforms during his tenure.
- The Italian Socialist Party saw internal shifts, with reformists and maximalists vying for control, influencing broader political strategies.
- Giolitti's foreign policy reluctantly embraced colonialism, highlighted by the controversial Libyan campaign, amid nationalist pressures and international competition.
Indice
- La caduta di Crispi e l'ascesa di Di Rudinì
- Il governo di Pelloux e le sue leggi
- L'assassinio di Umberto I e l'ascesa di Giolitti
- Le riforme sociali di Giolitti
- Il programma del Partito Socialista Italiano
- La politica dei cattolici e Romolo Murri
- Il rifiuto di Turati e la maggioranza massimalista
- Le dimissioni di Giolitti e l'ascesa di Fortis
- Il ritorno di Giolitti e le sue riforme
- Le riforme sul lavoro e le elezioni del 1909
- Il suffragio universale e la politica estera di Giolitti
- La guerra in Libia e il Patto Gentiloni
- La fine dell'età giolittiana
La caduta di Crispi e l'ascesa di Di Rudinì
Alla caduta di Crispi sale un liberale della sinistra storica, Di Rudinì ritrovandosi in una situazione pessima: esplodono così le proteste, in parte gestite dai socialisti in Parlamento.
Nel 1898 ci fu un corteo pacifico socialista a Milano e Di Rudinì ordinò al generale Bava Beccaris di sparare coi cannoni sulla folla, facendo così cadere il proprio governo.
Dopodiché Umberto I chiamò al governo Pelloux che organizzò uno stato militare poliziesco.
Il governo di Pelloux e le sue leggi
Pellaux scrisse alcune leggi che proibivano gli scioperi e la libertà di stampa e le propose in Parlamento, nel quale si oppose solo la sinistra estrema, utilizzando l’ostruzionismo (usare tutti gli strumenti legali per rallentare l’approvazione della legge).
Di fronte a questa opposizione Pellaux fece un decreto straordinario, decise di provare ad applicarlo senza approvazione, ma la Corte di Cassazione lo fermò, provocando le sue dimissioni.
L'assassinio di Umberto I e l'ascesa di Giolitti
A quel punto al governo andò Saracco (1900) ma un anarchico sparò a Umberto I uccidendolo, facendo così salire sul trono Vittorio Emanuele III che, avendo simpatie con la sinistra liberale, decise di affidare nel 1903 le redini a Giovanni Giolitti, che in passato aveva già guidato il paese.
Inizia così l'Età Giolittiana, durante la quale non sarà sempre lui il primo ministro.
Il Partito Socialista Italiano in quel momento aveva sviluppato una maggioranza riformista
Le riforme sociali di Giolitti
Giolitti, appartenente alla minoranza liberale, di sinistra, aveva compreso la necessità di un cambiamento, articolato in due principali aspetti:
• lo stato non deve intervenire nelle dispute sociali, ma si deve trattare e giungere a degli accordi (vicino ai socialisti riformisti ma contrario ai massimalisti).
• ci devono essere delle riforme, perché lo stato deve essere cambiato, in questo è appoggiato da Leonida Bissolati che guida la corrente riformista all'interno del Partito Socialista Italiano, che nacque il 1892 a Genova, in salita pollaioli.
Il programma del Partito Socialista Italiano
Il programma del Partito Socialista Italiano del 1912 era composto da vari punti, necessari per lo sviluppo della società, e in gran parte attuato da Giolitti:
• libertà sindacale e diritto di sciopero (sociale)
• suffragio universale maschile (riforma elettorale) [avevano paura che le donne favorissero i deputati clericali, era in vigore il non-expedit, ma era diventato blando, non vi era però un partito]
• assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro (sociale)
• imposta progressiva sul reddito (economico-sociale) [più diritti ai cittadini, più soldi allo stato]
• riduzione degli interessi sul debito pubblico
• decentralizzazione amministrativa
• neutralità del governo fra capitalisti e lavoratori (sociale)
La politica dei cattolici e Romolo Murri
Nel frattempo i cattolici, cominciano a contestare il non-expedit di Pio IX, tentando di politicizzarsi con a capo il prete Romolo Murri, il quale provò a modernizzare la Chiesa, avvicinandola alla società, ma venne, insieme ai suoi seguaci, allontanato e scomunicato dal papa in carica, Pio X.
Il rifiuto di Turati e la maggioranza massimalista
Nel 1903 Giolitti invitò i socialisti a entrare a governo, vedendo che le proprie idee erano in parte condivise, ma Filippo Turati, principale esponente si rifiutò, per paura che, aderendo, il partito si sarebbe spaccato.
Nel 1904 nel congresso di Bologna i massimalisti (rivoluzionisti | da programma massimo) ottennero la maggioranza. Ferri, il loro esponente cercò di tenere insieme le principali correnti della lotta operaia: gli anarchici e i soreliani (sindacalisti rivoluzionari).
Le dimissioni di Giolitti e l'ascesa di Fortis
Giolitti si dimise nel 1905 a causa della sua incapacità di coinvolgere socialisti e cattolici, e salì a governo un giolittiano nominato dal re, Fortis, che riesce ad arrivare alla nazionalizzazione delle ferrovie, sino ad allora private; però poi si dimette nel 1906 a causa di alcuni errori, tra cui un mancato trattato commericiale con la Spagna.
Il ritorno di Giolitti e le sue riforme
A questo punto il re diede il governo in mano a Sidney Sonnino, esponente della destra liberale, il quale però non fu in grado di gestire i rapporti sociali.
Infatti nel 1906 Torino venne bloccata dallo sciopero di alcuni lavoratori e Sonnino fu costretto alle dimissioni. Venne così richiamato al potere di Giolitti, che cominciò ad attuare il proprio programma di riforme:
- limitò i poteri del governo, rendendo così più autonomi i comuni;
- introdusse la conversione della rendita dei titoli di stato, abbassati dal 5% al 3.5% (così il denaro costa meno), attraverso la promessa di una maggiore stabilità economica e politica, vi era la possibilità però di riprenderseli (economico)
- vennero fatte approvare delle leggi che regolino i contratti e le condizioni di lavoro;
- ammise alle gare per gli appalti anche le cooperative di lavoratori. (sociale)
- consentì lo sviluppo delle camere del lavoro e delle cooperative.
- mise fine alla guerra doganale con la Francia. (sociale)
- favorì l’emigrazione, perché le rimesse degli emigrati sono vitali per l'economia.
Le riforme sul lavoro e le elezioni del 1909
Dal 1906 al 1909 furono introdotte anche alcune riforme sul lavoro:
• regolamento speciale sui lavori malsani (tutelare le condizioni di lavoro)
• obbligatorietà del giorno festivo
• nuove norme di protezione sugli infortuni sul lavoro
Queste riforme sono importanti perché andavano incontro alle reali esigenze dei lavoratori, ma furono applicate solo al nord, perché il controllo dello stato non raggiungeva il sud.
Nel 1909, ci furono le elezioni al Parlamento e i socialisti ottengono molti voti perché dicono di avere ottenuto queste riforme.
Giolitti ebbe quindi di nuovo la maggioranza, così propose un'imposta di successione e la tassazione progressiva, così da arricchire le tasse dello stato, ma il Parlamento non glielo permise e così è costretto a dimettersi.
Il suffragio universale e la politica estera di Giolitti
Venne così richiamato dal re Sonnino, seguito da un liberale di destra, Luzzatti, che tentò di aumentare la partecipazione dei cittadini attraverso l'abbassamento del censo, Giolitti rilanciò però col suffragio universale, e dopo le dimissioni di Luzzatti venne richiamato dal re nel 1911, ottenendo l'approvazione della sinistra e di gran parte della destra.
La sinistra voleva solo il suffragio maschile, mentre la destra voleva quello universale, perché i liberali giolittiani, temevano che le donne potessero favorire i clericali.
Contemporaneamente il Partito Socialista Italiano, nel 1906, fondò la Confederazione Generale del Lavoro che nel 1944 diventerà la Camera Generale del Lavoro Italiana CGIL, e ci fu un congresso a Firenze, dove i riformisti ottennero la maggioranza, con l'espulsione dei sindacalisti rivoluzionari.
Nel 1911 nel congresso di Modena i massimalisti iniziarono a ricompattarsi, sino a ottenere la maggioranza nel 1912.
In parlamento venne approvata la nuova legge elettorale col suffragio maschile, e il governo comincia colle riforme:
• monopolio di stato sulle assicurazioni sulla vita
• riforma pubblica istruzione (affidate le scuole elementari alle province, più ricche dei comuni)
• aumentati i contributi pubblici per l'istruzione
La Politica estera di Giolitti era caratterizzata dall’assenza di interventismo. L'impresa italiana era inoltre strozzata da quella tedesca, mentre gli altri stati si erano arricchiti grazie al colonialismo in Africa.
Nel 1910 nasce il Partito Nazionalista Italiano, appoggiato dall’Ansaldo (spirito nazionalista).
La guerra in Libia e il Patto Gentiloni
Giolitti è costretto al colonialismo: nel 1911 ci fu la guerra in Libia, sanguinosa e brutale, in cui il generale Caneva non considerava combattenti la popolazione, nel 1912 venne riconosciuto il controllo sulla Libia (che non venne mai né controllata completamente nè sfruttata, infatti non venne scoperto il petrolio) e sul Dodecaneso (dodici isole greche).
Nel Partito Socialista a Reggio Emilia, nel 1912, la corrente massimalista prese radicalmente il potere, espellendo Bissolati e Bonomi (leader riformisti), uno fra i leader massimalisti è Benito Mussolini, e assunse la direzione del giornale socialista Avanti.
Giolitti non potendosi avvicinare più al Partito Socialista, tentò di avvicinare i cattolici stipulando un accordo nel 1913 con Gentiloni (leader cattolico), chiamato Patto Gentiloni, che stabiliva un impegno da parte dei cattolici di appoggiare la maggioranza Giolittiana, e l'assenza di proposte di legge che andassero contro le idee cattoliche. Nonostante ciò i liberali persero seggi, a discapito dei socialisti e dei cattolici.
La fine dell'età giolittiana
Nel 1914 Giolitti, a causa del crollo della maggioranza, si dimise, finì così l'età giolittiana.
Al suo posto venne nominato Salandra, un conservatore.
Domande da interrogazione
- Quali furono le conseguenze delle proteste socialiste a Milano nel 1898?
- Quali furono le principali riforme attuate durante l'Età Giolittiana?
- Come reagì il Partito Socialista Italiano alle proposte di Giolitti di entrare nel governo?
- Quali furono le cause della fine dell'Età Giolittiana nel 1914?
- Quali furono le implicazioni del Patto Gentiloni del 1913?
Le proteste socialiste a Milano nel 1898 portarono alla caduta del governo di Di Rudinì, dopo che il generale Bava Beccaris sparò sulla folla su ordine di Di Rudinì.
Durante l'Età Giolittiana furono attuate riforme come la libertà sindacale, il suffragio universale maschile, l'assicurazione obbligatoria per gli infortuni sul lavoro, e la neutralità del governo tra capitalisti e lavoratori.
Il Partito Socialista Italiano, guidato da Filippo Turati, rifiutò l'invito di Giolitti a entrare nel governo per paura che il partito si dividesse.
L'Età Giolittiana terminò nel 1914 a causa del crollo della maggioranza di Giolitti, che portò alle sue dimissioni e alla nomina di Salandra come nuovo capo del governo.
Il Patto Gentiloni del 1913 stabilì un accordo tra Giolitti e i cattolici, in cui i cattolici si impegnavano a sostenere la maggioranza giolittiana, a condizione che non venissero proposte leggi contrarie alle idee cattoliche. Tuttavia, i liberali persero seggi a favore di socialisti e cattolici.