Concetti Chiave
- Il governo inizialmente mostrò incertezza verso i movimenti nazionalisti e di estrema Destra, permettendo attività illegali.
- La classe dirigente liberale tentò di utilizzare il Fascismo di Mussolini per contrastare i socialisti e il movimento operaio.
- Il biennio rosso (1919-1920) fu segnato da agitazioni operaie, con richieste di aumenti salariali e partecipazione decisionale nelle aziende.
- Le fabbriche furono occupate da circa 400000 operai nel settembre 1920, ma la mancanza di supporto tecnico e materiali portò alla loro ritirata.
- Il primo ministro Giolitti mediò un accordo che accoglieva le rivendicazioni economiche, ma il controllo sindacale sulle fabbriche rimase inefficace.
Incertezze del governo e movimenti di destra
Con i movimenti nazionalisti e di estrema Destra, il governo dapprima dimostrò molte incertezza, consentendo loro di dare vita a iniziative illegali e pericolose. In particolare la classe dirigente liberale pensò di usare il più potente dei movimenti di Estrema Destra, il Fascismo di Mussolini, come mezzo per frenare i socialisti e il movimento operaio. Riteneva infatti che il vero pericolo fosse rappresentato dai socialisti, i quali alle elezioni del 1919 avevano raggiunto il 32% dei voti. Ma, più della crescita elettorale, preoccupavano le agitazioni operaie che dilagarono negli anni 1919-1920, definiti per questo biennio rosso.
Occupazione delle fabbriche e mediazione
Gli operai, oltre all'aumento dei salari, chiedevano più partecipazione nelle decisioni dell'azienda. I padroni risposero con la serrata delle fabbriche. Allora, nel settembre del 1920, circa 400000 operai occuparono le fabbriche e cercarono di proseguire da soli il lavoro.
Gli ingegneri e i tecnici però si schierarono quasi tutti con il padrone e non si presentarono in fabbrica; presto mancarono le materie prime e anche i soldi cominciarono a scarseggiare.
L'occupazione delle fabbriche preoccupò vivamente le autorità, poiché sembrava il primo passo verso una rivoluzione.