Concetti Chiave
- I fotografi del dopoguerra in Italia si sono concentrati su simboli di distruzione bellica e aspetti negativi del boom economico, ispirandosi al neorealismo cinematografico.
- Mario Giacomelli ha sviluppato un linguaggio formalista e lirico, con narrazioni per immagini e un approccio sistematico alle serie fotografiche.
- Gianni Berengo Gardin ha esplorato tematiche sociali, noto per il lavoro su manicomi in "Morire di Classe" con Basaglia.
- Luciano d’Alessandro e Carla Cerati hanno documentato la trasformazione sociale e urbana, concentrandosi sulle classi povere e sulla Milano in cambiamento.
- Gabriele Basilico ha adottato uno stile monumentale e sistematico, con un focus sull'architettura e l'industria, partecipando alla Missione Photographic.
Indice
Fotografi italiani nel dopoguerra
Nel secondo dopoguerra, diversi fotografi italiani iniziarono ad eleggere a soggetti delle proprie fotografie i simboli della distruzione bellica, ma anche tutti gli aspetti negativi del boom economico che portò un benessere solo fugace ed apparente, ispirandosi principalmente alla corrente neorealista che si stava sviluppando in ambito cinematografico con Visconti, De Sica e Rossellini.
Mario Giacomelli e il suo impatto
Tra questi giovani fotografi c’è Mario Giacomelli che si presenta come una figura di raccordo, vinse un concorso nazionale di Castel Franco nel 1955 salutato da Paolo Monti come il futuro della fotografia italiana. Realizzò diversi reportage sugli anziani ma anche sui paesaggi seguendo il suo approccio sistematico di divisione in serie, ha un linguaggio formalista e lirico che risente del cinema nelle inquadrature e con la narrazione che procede per immagini [sequenzialità narrativa]. Giacomelli non ebbe però grandi riconoscimenti in Italia, solo nel 1980 quando lo CSAC di Parma gli regala uno spazio.
Gianni Berengo Gardin e le tematiche sociali
Gianni Berengo Gardin fu un altro fotografo famoso, più vicino alla gondola, lui risente più della componente bressoniana, anche lui è attento alle tematiche sociali, molto noto è Morire di Classe, un volume di Einaudi del 1969 insieme a Basaglia, che si occupava del problema dei manicomi.
Luciano d’Alessandro e Napoli
Fondamentali sono anche gli scatti di Luciano d’Alessandro, che però si concentra sulla città di Napoli mostrando un interesse verso gli ultimi, verso le classi sociali povere travolte dall’industrializzazione.
Similarmente, Carla Cerati che mostra una Milano che cambia, come in Milano Metamorfosi, una serie che raccoglie le foto della città operaia, altro lavoro fondamentale fu Mondo Cocktail in cui si racconta invece delle celebrità e della classe ricca, lei fa parte di questo mondo ma al contempo lo critica.
Milano e la fotografia di Uiliano Lucas
Milano diventa un luogo perfetto per essere fotografato per la sua contraddittorietà e bruttezza industriale, Uiliano Lucas ad esempio si concentra sulle periferie con palazzi uguali, l’asfalto e la neutralità del paesaggio.
Anche Gabriele Basilico ha uno sguardo più estetizzante però lui è stato un grande fotografo di reportage e si presenta come l’unico italiano della Missione Photographic, la sua opera è sistematica e monumentale proponendosi di presentare un affresco a 360° della società. Si rivolse anche alla fotografia americana però c’è anche un’impostazione rinascimentale che guarda all’industria, al monumento e all’architettura, privo di presenza umana.
Domande da interrogazione
- Quali sono stati i temi principali affrontati dai fotografi italiani del dopoguerra?
- Chi sono alcuni dei fotografi italiani più noti del dopoguerra e quali sono le loro opere significative?
- Come si differenziano gli stili fotografici di Giacomelli e Basilico?
I fotografi italiani del dopoguerra si sono concentrati sui simboli della distruzione bellica e sugli aspetti negativi del boom economico, ispirandosi al neorealismo cinematografico.
Tra i fotografi più noti ci sono Mario Giacomelli, Gianni Berengo Gardin, Luciano d’Alessandro, Carla Cerati, Uiliano Lucas e Gabriele Basilico, con opere come "Morire di Classe" e "Milano Metamorfosi".
Giacomelli ha un linguaggio formalista e lirico con una narrazione per immagini, mentre Basilico ha uno sguardo estetizzante e sistematico, focalizzandosi su un affresco monumentale della società.