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compresenza di soggetti riconoscibili, a noi familiari, e di atmosfere e allusioni
a contenuti che trascendono il mondo sensibile e inducono a leggere questo
paesaggio come metafora di una regione dell’anima, totalmente interiore,
coincidente con una visione solo apparentemente esteriore. “Quando un
paesaggio è avvolto nella nebbia, sembra più vasto, sublime, anima
l’immaginazione e rafforza l’attenzione, come una fanciulla velata”, spiega
l’artista. Esiste pertanto un modo di vedere, fortemente intuitivo, allusivo, che
l’artista comprende, sente e traduce in immagini poetiche. La spazialità
prospettica in Friedrich è sostenuta da un vedere attraverso e oltre la
rappresentazione mimetica del mondo. Non si tratta esattamente di un
vedere distintamente, piuttosto di un vedere potenziato dalla coscienza e
dall’orientamento dello spirito. Nelle celebri riflessioni che accompagnarono la
ricerca estetica dell’artista, vi è il ruolo preminente di una facoltà mediana
chiamata immaginazione creatrice che “in parte percepisce, in parte crea il
mondo” e fa dire “ chiudi il tuo occhio fisico, così che tu possa vedere il
quadro con l’occhio dello spirito”.
VIANDANTE SUL MARE DI NEBBIA
,
1818, Amburgo, Kunsthalle.
Friedrich costruisce con razionale meticolosità immagini della natura in cui
trovare l'esperienza religiosa; la sua pittura è svelamento della presenza
divina nella natura, mediatrice del rapporto dell'uomo con Dio.
Friedrich amava ritrarre i suoi personaggi di spalle e, nel fare ciò, dimostrò
un'originalità fuori dal comune, allontanandosi dalla tradizione. In questo
quadro il suo personaggio, forse il più famoso, guarda, attonito un minaccioso
spettacolo della natura che mette i brividi. Un orizzonte infinito, un paesaggio
affascinante ma ostile, un senso di inadeguatezza rispetto all'universo. Il
quadro, manifesto della pittura romantica, toglie il respiro e fa sì che lo
spettatore provi una sorta di sublime paura di fronte a ciò che non riesce a
misurare sia dal punto di vista sentimentale che visivo.
ll viandante, nell'iconologia cristiana, simboleggia la transitorietà della vita e
i
insieme il suo destino ultraterreno, la nebbia fa riferimento agli errori della vita
umana che vengono superati dalla fede cristiana - le rocce emergenti - la
quale porta a Dio (quest'ultimo esemplificato dalla montagna. Ma il dipinto, al
di là di ogni svelamento simbolico-religioso, può essere inteso come il
manifesto di tutto il primo Romanticismo: sembra rappresentare l'uomo solo,
con con i suoi errori, i suoi dubbi e le sue certezze, posto di fronte alla natura,
al mondo, all'infinito. Mugnai Irene
GERICAULT
Géricault è nato nel 1791 a Rouen da un’agiata famiglia borghese. Fu allievo
di un pittore neoclassico, Pierre Narcisse Guérin da cui apprese la
rappresentazione coloristica e formale tramite lo studio degli antichi. A causa
del suo temperamento irrequieto si distaccò dai temi e dagli ideali neoclassici.
Géricault è vissuto in un momento critico della storia francese dovuto alla
Rivoluzione e al crollo degli ideali napoleonici. La sua opera ebbe notevole
importanza nel periodo di transizione tra l'arte neoclassica e quella
romantica. A vent’anni godeva già di una certa celebrità soprattutto per i suoi
dipinti di cavalli. Fortemente influenzato da Michelangelo e Raffaello durante
un suo soggiorno italiano, si esercitò a lungo nel ritratto dal vero e nella
pittura di soggetti ed episodi reali. Géricault dipinse tele ammirevoli, dove il
tumulto della vita è dominato da un rigore che rivaleggiava con la scultura
classica, senza mai cadere nella freddezza. Nel 1817 aprì un atelier a Parigi,
nel quale col tempo ebbe modo di spogliarsi definitivamente degli schemi
classici: seguendo le sue propensioni realistiche, attinse sempre più dalla
cronaca e dagli eventi storici. Egli eseguì degli studi di animali selvaggi e
compose le prime litografie. Il dipinto che lo rese celebre fu "La zattera della
Medusa" (1818). Grazie a quest’opera il pittore ebbe molte congratulazione
anche da parte del re Luigi XVIII. In seguito ad una caduta da cavallo,
Géricault, morì nella sua casa parigina nel 1834. La sua arte fu molto
apprezzata da Delacroix, il maggior esponente del Romanticismo francese.
La sobrietà dei colori e la solidità della composizione preannunciavano
l'opera di Courbet.
Caratteristiche
Per il suo disprezzo delle convezioni, per il suo amore per le passioni più
veraci, per il dinamismo, Géricault aprì la via maestra al romanticismo
francese preannunciando già Delacroix, artista che si proclamava d’altronde
suo discepolo. Anche il quadro di paesaggio risente della drammaticità tipica
del Romanticismo, in esso viene sovente riprodotta una natura sconvolta da
tempeste o caratterizzata da intensi tramonti. Anche il quadro storico subisce
l'influenza romantica, ravvisabile nell’'aspetto antieroico dei personaggi, nella
mancanza di enfasi conferita agli eserciti, nel modo antiretorico con il quale è
presentato l'ideale politico; su tutto domina il sentimento disperato per la
libertà e per l'indipendenza.
I ritratti di alienati
Durante tutto il corso della sua vita, Géricaul cercò di realizzare l’impossibile,
di fare dei quadri di concezione tradizionale che soddisfacessero nel
contempo i bisogni di una sensibilità assolutamente moderna . Egli vi mise in
opera delle condotte mentali inedite senza rendersi conto della portata
sovversiva nei confronti del tradizionale sistema di rappresentazione
dell’immagine. I famosi ritratti di alienati del francese Géricault rappresentano
ancora oggi un mistero. Dei dieci ritratti dipinti da questo straordinario artista,
ce ne sono pervenuti solo cinque. Gli altri sono andati dispersi per ragioni
incerte, così come è incerta la data in cui sono state eseguite le opere. I
protagonisti dei dipinti sono dei pazzi ricoverati presso l’Ospedale della
Salpetrière di Parigi. Géricault è stato eletto tra i pionieri della psichiatria
moderna. Egli amava rappresentare tutto ciò che è fuori dagli schemi non
facendosi condizionare dai soggetti e dalle mode del tempo. Per i suoi ritratti
di folli, Gèricault cercò i propri modelli in quelli zona limite che separa la
normalità dall’anormalità. Scegliere di ritrarre psicopatici espropriati di ogni
bene era un modo per parlare agli uomini ricchi e potenti; ma anche un modo
di affermare che l’essenza spirituale dell’uomo è indipendente dal ruolo a cui
la società lo ha assoggettato. Géricault scorgeva nella società attuale uno
stato talmente negativo da ritrovare, benché lui stesso sano, più significativa
la solitudine di un pazzo che non l’onore attribuito all’uomo di successo. La
sua interpretazione del mondo e della vita è figlia della non convenzionalità
che, con crudezza, aprì le porte alla pittura realistica francese. La
psichiatrica dell’epoca riteneva che dai caratteri fisionomici del viso fosse
possibile risalire alla malattia del paziente. I critici d’arte si interrogano sulle
ragioni che hanno condotto l’artista a rappresentare il lato più sofferente e
sconcertante dell’umanità. A questo proposito si sono formati diversi filoni di
pensiero: c’è chi sostiene che Géricault stesse conducendo importanti
ricerche; chi, invece, afferma che questi ritratti servissero per lezioni di
patologia; inoltre, si sostiene che fosse un metodo terapeutico che l'artista
sperimentava su se stesso. Quello che mette d’accordo la critica è l’impegno
e l’attenzione con cui Géricault ha effettuato un approfondito lavoro clinico.
Attraverso l’arte, il pittore ha condotto una minuziosa indagine scientifica sulla
follia. Nei suoi ritratti, si nota un profondo studio sulla spietata realtà
dell’individuo, una riflessione sull’infelicità umana e sulla miserabile
condizione sociale. Il tema rappresentato non è, per il pittore, un modo per
stigmatizzare la follia come disordine fisico-psichico, come penosa
eccentricità di una particolare condizione patologica con risvolti discutibili
anche sul piano sanitario. La pittura diventa una testimonianza della realtà,
rinunciando alle deformazioni grottesche che avevano caratterizzato i malati
di menti nei secoli precedenti. Géricault presenta gli uomini con intensità e
verità, senza idealizzazioni, intendendo esprimere con i suoi ritratti di folli la
tragicità dell’esistenza umana ma anche l’energia, la carica vitale presente in
ogni individuo. La sua pittura si avvicina a quella romantica, ma la forma,
l’impostazione dei corpi e i loro atteggiamenti rimandano alla lezione classica.
Una delle principali contraddizioni da cui tutta l’opera di Géricault è
contraddistinta sta nella volontà dell'artista di essere moderno, ma senza
abbandonare la tradizione, il suo essere ad un tempo romantico senza
smettere di essere classico. Géricault è stato capace di denunciare
l’emarginazione dei malati mentali. Gli alienati sono personaggi curiosi, con
facce ed espressioni intense e ricche di un forte realismo in relazione alla
propria condizione umana. Solo dallo sguardo si intuisce la condizione
anomala di questi personaggi che, come tale non fa riferimento alla loro
condizione sociale. Il malato è presentato come un essere umano la cui
degradazione ha sia un’origine patologica sia un’origine derivante da un
anormale rapportarsi dell’individuo con gli altri: il furto, l’invidia, il gioco ecc. Il
pittore ritrae alcune forme di monomania, ossia la paranoia concentrata per
un’idea fissa. Beatrice Grassi
ALIENATA CON LA MONOMANIA DEL GIOCO
Tipologia dell ‘oggetto: olio su tela
Dimensioni: 77x64,5 cm
Data di realizzazione: 1822-1823
Esposta al Museo del Louvre di Parigi
La disperata immagine di questa donna sembra volere uscir fuori dal buio che
la contiene. Ciò sottolinea la volontà di inseguire l’idea costante del gioco.
Attraverso un gioco di tonalità di grigio, evidenti nelle vesti e nelle ciocche di
capelli intorno alla cuffia, Géricault rappresenta lo stato di infermità della
donna. La cuffia bianca e il mantello sono stati realizzati mediante ampie
pennellate di colore; le ombre e la luce del volto accentuano la pelle grinzosa
della donna., tipica dell'età senile.
ALIENATO CON MONOMONIA DEL COMANDO MILITARE
Tipologia dell’oggetto: olio su tela
Dimensioni: 82x65 cm
Data di realizzazione: 1822-1823
Esposta presso la collezione Oskar Reinhart, Winterhur
In questo ritratto, il vecchio è rappresentato con un berretto militare, il fiocco
rosso sul davanti e una medaglia appesa ad un cordoncino. L’uomo è perduto
nel sogno immaginario di un suo ipotetico comando militare. Ciò è
testimoniano dagli occhi sospettosi e il collo teso. I lineamenti del volto sono
definiti con tocchi rapidi. La luce si dirama da sinistra verso destra investendo
il volto caratterizzato da uno sguardo vigile a testimonianza che la follia riesce
a non sopprimere i segni dell’energia vitale. Beatrice Grassi
DELACROIX
La Vita.
Eugène Delacroix nasce nel 1798 a Charenton Saint-Maurice nei pressi di
Parigi, da Charles Delacroix, ministro degli esteri sotto il Direttorio e poi
prefetto imperiale a Marsiglia e Bordeaux. Correva voce che all’epoca della
sua nascita il padre non fosse in grado di procreare e che il suo vero genitore
fosse Talleyrand, che lo avrebbe protetto nei primi anni della sua carriera.
Morto Charles D. nel 1806 a Bordeaux, la famiglia si trasferisce a Parigi, dove
Eugène si iscrive al liceo imperiale.
Nel 1815 è nello studio di Pierre-Narcisse Guérin e due anni piu’tardi si
iscrive all’école des Beaux-Arts dove stringe amicizia con Géricault.
La prima commissione pubblica è del 1819, quando dipinge per la chiesa di
Orcemont la Vergine delle Messi, ispirata a Raffaello;del 1820 è l’incarico di
eseguire la Vergine del Sacro Cuore per il vescovado di Nantes.
Due anni dopo espone al Salon Dante e Virgilio all’inferno. Nel 1824 presenta
il Massacro di Scio e Torquato Tasso in manicomio, nel 1827 partecipa al
Salon con alcune opere fra le quali la Morte di Sardanapalo, che suscita gran
clamore.