Fabrizio Del Dongo
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Concetti Chiave

  • Le origini del cristianesimo mostrano un rapporto complesso con le immagini, con restrizioni iniziali dovute alla paura dell'idolatria, ma con successiva accettazione grazie al dogma dell'Incarnazione.
  • Il Mandylion di Edessa e il velo di Veronica sono esempi di ritratti acheiropoietos di Cristo, legati a leggende e considerati protettivi durante il Medioevo.
  • Il Secondo Concilio di Nicea del 787 ha sancito la legittimità delle immagini religiose, permettendo la venerazione di immagini di Cristo, della Vergine e dei santi.
  • Il ritratto nel contesto sacro si è evoluto nel Medioevo, passando da rappresentazioni stereotipate a immagini sempre più realistiche e personali dei donatori.
  • Dal XIV secolo, il ritratto si è secolarizzato, diventando un genere autonomo, con rappresentazioni individualizzate che andavano oltre i principi laici o ecclesiastici.

Indice

  1. Ambiguità delle immagini nel cristianesimo
  2. Leggende del ritratto di Cristo
  3. Il velo di Veronica
  4. Ritorno del ritratto nel Medioevo
  5. Crisi iconoclaste e Secondo Concilio di Nicea
  6. Ritratto e donatori nel Medioevo
  7. Evoluzione della ritrattistica gotica
  8. Critiche al ritratto personalizzato
  9. Secolarizzazione del ritratto
  10. Ritratti borghesi e mistero degli Arnolfini

Ambiguità delle immagini nel cristianesimo

All’origine, come tutte le religioni monoteiste, il cristianesimo aveva relazioni ambigue con l'immagine.

Ricordando la raccomandazione biblica "Non fare immagini scolpite", i Padri della Chiesa diffidavano delle immagini sacre o le condannavano per paura dell'idolatria. Per questo, la legislazione degli imperatori cristiani della fine del IV secolo, Teodosio e i suoi figli Onorio e Arcadio, portò alla distruzione di molte statue. Tuttavia, poiché il dogma dell'Incarnazione è centrale per il cristianesimo, l'arte paleocristiana raffigura Cristo tra i suoi apostoli, scolpito sui sarcofagi o del "Buon Pastore", dipinto sulle pareti delle catacombe. Presto si formarono anche delle leggende intorno al ritratto di Cristo "non fatto da mano umana" (= acheiropoietos).

Leggende del ritratto di Cristo

Il primo ritratto acheiropoietos è quello del Mandylion di Edessa. Il re Abgar di Osroene, contemporaneo di Cristo, avrebbe voluto che il Messia venisse a Edessa, sia per proteggerlo dai suoi persecutori, sia per guarirlo. Avendo Cristo rifiutato, Abgar gli inviò il pittore Hannan con la missione di fargli il ritratto del Messia; ma Hannan, abbagliato dal volto divino, non riuscì nell’intento. Cristo si applicò un panno sul suo viso e i suoi lineamenti restarono impressi sul tessuto. Il Mandylion (da mindil, fazzoletto) serviva come palladio a Edessa che proteggeva dall'assalto dei Persiani nel VI secolo, poi a Costantinopoli. Ma i crociati se ne impadronirono nel 1204 e lo portarono in Occidente e sarebbe stato conservato nella Chiesa di San Silvestro in Capite a Roma.

Il velo di Veronica

Il secondo di questi ritratti "acheiropoiètes" è il velo di Veronica. Secondo il Vangelo apocrifo di Nicodemo (scritto probabilmente nel V secolo, ma con interpolazioni più recenti), durante l'ascesa di Cristo al Calvario, una donna compassionevole avrebbe asciugato con un velo il sudore dal viso del Cristo; l'impronta del Volto Santo rimase sul tessuto. Ma non era il ritratto di Cristo trionfante come sul Mandylion, era il Cristo della sofferenza, coronato di spine. "Il velo della Veronica" è stato conservato a San Pietro a Roma dall'VIII secolo.

Ritorno del ritratto nel Medioevo

Alla fine del Medioevo, sotto l'influenza dei Francescani, esisteva un crescente interesse per l'umanità di Cristo e la sua Passione; si moltiplicarono le immagini della Veronica e del Volto Santo. A queste impronte miracolose che prefigurano la fotografia, possiamo collegare un altro mito cristiano del ritratto: quello dell'evangelista san Luca che dipinge la Vergine col Bambino.

Crisi iconoclaste e Secondo Concilio di Nicea

L'impero bizantino fu interessato per più di un secolo da crisi iconoclaste (730-843). Ma il Secondo Concilio di Nicea, nel 787, ripristinò l'uso delle immagini religiose. Proclamò la legittimità della venerazione delle immagini di Cristo, della Vergine e dei santi; quanto all'uomo, se è ben fatto a immagine e somiglianza di Dio ("similitudo Dei"), resta, comunque, un'immagine molto imperfetta a causa del peccato; non ci si interessa dell'individuo nella sua singolarità, non si fa il suo ritratto. Quando i potenti, papi, vescovi, re e principi, hanno il loro aspetto riprodotto su monete, sigilli o manoscritti miniati, sono archetipi; l'aspetto personale viene sostituito dal quadro istituzionale; Il personaggio è identificato solo grazie alle insegne della sua funzione (mitra, pastorale, corona ...) alle iscrizioni che lo accompagnano e, dal XII secolo, allo stemma (ma questo è comune a tutta una dinastia).

Ritratto e donatori nel Medioevo

Il ritorno del ritratto agli ultimi secoli del Medioevo.

Una giustificazione religiosa aveva provocato la repressione del ritratto; un’altra aveva permesso la sua graduale reintroduzione in un contesto sacro: il dono a Dio o ai suoi santi. Il donatore, l’uomo importante e di un certo rilievo sociale che ha costruito o abbellito una chiesa, è talvolta rappresentato inginocchiato, mentre sta offrendo a Cristo, alla Vergine o a un santo patrono il modello del santuario. Questa pratica esisteva già nell'Alto Medioevo, ma l'immagine del donatore era stereotipata; essa divenne sempre più personalizzato nei secoli XIV e XV. Un dipinto fronte-retro, Cristo in croce con l'Orante del cardinale Guilhem Peire Godin (tra il 1324 e il 1334), rappresenterebbe questo prelato della corte pontificia di Avignone, benefattore della chiesa dei giacobini di Tolosa, umilmente inginocchiato ai piedi del crocifisso: il ritratto del cardinale è estremamente realistico; è rappresentato come un gobbo e sappiamo dalle testimonianze del tempo che era deforme. L'autore di questo dipinto è probabilmente un pittore toscano, influenzato da Giotto e Simone Martini. Giotto e Simone Martini sono considerati i "pionieri" della ritrattistica. Giotto ha resuscitato l'arte della pittura praticata, introducendo il ritratto dal vivo. Simone Martini avrebbe dipinto il ritratto di Laure, amante di Petrarca; Il poeta vi allude in due sonetti. Nel secolo successivo, la pala d'altare del Parlamento di Tolosa (tra il 1460 e il 1470) rappresenta Cristo sulla croce circondato dalla Vergine e da San Giovanni; ai piedi della croce sono inginocchiati donatori illustri che sarebbero forse il re Carlo VII e il Delfino, futuro Luigi XI, i due fondatori del Parlamento nel 1444. Il volto di Carlo VII, estremamente danneggiato, non ha potuto essere restaurato, ma quello del delfino è ben individualizzato. Lo stemma su entrambi i lati e i panneggi ricamati con i fiori di giglio e i delfini aiutano a identificare i due principi; introdotti in questa scena sacra, essi sono rappresentati in scala minore rispetto a Cristo, alla Vergine e a San Giovanni. Questa modestia, ereditata dalla tradizione, non era più presente nel famoso dipinto di Jan van Eyck, La Vergine del cancelliere Rolin (1436). Il pittore fiammingo rappresentò il consigliere del duca di Borgogna genuflesso su di un inginocchiatoio di fronte alla Vergine seduta e incoronata dagli angeli; ma la scala usata è la stessa per Maria, Gesù Bambino e il donatore.

Evoluzione della ritrattistica gotica

Anche la scultura funeraria, del XIV secolo, e forse della fine del XIII secolo, permette di reintrodurre il ritratto individuale nei santuari.

L'arte gotica ha inventato la statua sdraiata del defunto, papa, re, principe o vescovo. Nel XIII secolo, questi grandi personaggi sono identificati solo dai loro costumi, dal loro stemma o da un'iscrizione; i volti sono molto idealizzati: tenendo gli occhi aperti, dimostrano che sono entrati nella gloria della Risurrezione. Tuttavia, alla fine del secolo, il ritratto è già presente: la statua di Isabella d'Aragona, moglie di Filippo il Temerario, presenta un volto gonfio; la regina era morta nel 1271 a seguito di una caduta da cavallo. Questo dettaglio deporrebbe a favore della pratica della maschera funeraria ereditata dall'antichità. Una tomba era un bene personale. Il patrono del XIV secolo voleva mettere in risalto la sua sepoltura come segnalava la sua cappella, la sua armatura o la sua casa con un segno intelligibile di appropriazione. In pratica, egli voleva tramandare la sua memoria e pretendeva dagli artisti che la sua effigie portasse le caratteristiche simili del suo volto.

Critiche al ritratto personalizzato

Nel XIV secolo non si era più soddisfatti dei ritratti idealizzati perché volevano essere riconosciuti. Questo atto di orgoglio comunque suscitò critiche. Così, intorno al 1300, il re Filippo il Bello rimproverò il suo vecchio avversario, Papa Bonifacio VIII per aver osato essere rappresentato come una statua dipinta molto personalizzata e lo accusò di idolatria. Nel 1295, Giotto aveva già raffigurato in un affresco questo papa che prende possesso del Laterano.

Secolarizzazione del ritratto

Dalla seconda metà del Trecento in poi, il ritratto viene secolarizzato, diventa un genere autonomo e si evolve. Prima di tutto si tratta di un ritratto reale. Intorno al 1355 o 1360, un artista anonimo raffigura il re di Francia, Giovanni II il Buono, di profilo su uno sfondo neutro. Il sovrano non indossa nessuna delle insegne reali (= "regalia") e questo profilo ieratico, isolato su fondo oro, rimanda alle antiche medaglie e sottolinea la maestosità del modello. Questo è probabilmente il primo vero ritratto con quello dell'arciduca Rodophe IV d'Asburgo, anch'esso dipinto intorno al 1360. L'artista sconosciuto lo ha raffigurato a mezzo busto, ma in una posizione più innovativa (di tre quarti).

Nello stesso periodo, probabilmente sotto l'influenza di Petrarca, l'umanista Paolo Giovio creò a Padova un museo privato di quattrocento "ritratti" di re, studiosi, artisti... Il ritratto individualizzato non era più riservato ai principi laici o ecclesiastici. Infatti, alla fine del XIV secolo, l'architetto della Cattedrale di San Vito a Praga firmò la sua opera, collocando il suo busto nel santuario, affermando così la propria dignità di artista.

Ritratti borghesi e mistero degli Arnolfini

Dopo la nobiltà di nascita o di talento, era la ricca borghesia mercantile che desiderava essere rappresentata. Nel 1434, Jan van Eyck dipinse Gli sposi Arnolfini in un interno fiammingo e introdusse la propria immagine nel riflesso di uno specchio circolare sormontato dall'iscrizione "Jan van Eyck was here 1434" ("Johannes de Eyck fuit hic 1434"). Non sappiamo se il ritratto avesse allora il valore di un certificato di matrimonio, come si pensava allora o volesse ricordare la moglie defunta, secondo una recente interpretazione. Questo affascinante dipinto rimane molto misterioso.

Domande da interrogazione

  1. Qual è stata l'origine dell'ambiguità del cristianesimo verso le immagini sacre?
  2. L'ambiguità del cristianesimo verso le immagini sacre deriva dalla raccomandazione biblica di non fare immagini scolpite, che portò i Padri della Chiesa a diffidare o condannare le immagini sacre per paura dell'idolatria.

  3. Che cos'è il Mandylion di Edessa e quale leggenda vi è associata?
  4. Il Mandylion di Edessa è il primo ritratto acheiropoietos di Cristo, legato alla leggenda secondo cui Cristo, non potendo recarsi a Edessa su richiesta del re Abgar, si asciugò il viso con un panno, lasciando impressi i suoi lineamenti sul tessuto.

  5. Come si differenzia il velo di Veronica dal Mandylion di Edessa?
  6. Il velo di Veronica, a differenza del Mandylion di Edessa, raffigura il Cristo della sofferenza, coronato di spine, e si basa su una leggenda narrata nel Vangelo apocrifo di Nicodemo, dove una donna asciuga il sudore dal viso di Cristo durante la sua ascesa al Calvario.

  7. Qual è stato l'impatto del Secondo Concilio di Nicea sull'uso delle immagini religiose?
  8. Il Secondo Concilio di Nicea, nel 787, ha ripristinato l'uso delle immagini religiose, proclamando la legittimità della venerazione delle immagini di Cristo, della Vergine e dei santi, pur sottolineando la natura imperfetta dell'immagine umana a causa del peccato.

  9. Come si è evoluto il ritratto nel contesto sacro durante il Medioevo?
  10. Nel Medioevo, il ritratto nel contesto sacro si è evoluto dalla rappresentazione stereotipata del donatore a immagini sempre più personalizzate, specialmente nei secoli XIV e XV, dove i donatori erano rappresentati in modo realistico, spesso inginocchiati in atto di offerta a figure sacre.

Domande e risposte