Concetti Chiave
- In epoca repubblicana romana, le grandi proprietà terriere iniziano a dominare il paesaggio italiano, organizzate in monocolture gestite da schiavi, note come ville servili.
- Le ville servili sostituiscono le piccole proprietà agricole, utilizzando manodopera schiavile a basso costo, un fenomeno alimentato dalle conquiste romane che arricchiscono il mercato degli schiavi.
- Nel II secolo d.C., le ville servili prosperano, ma nel IV secolo si evolvono in ville coloniarie, caratterizzate da appezzamenti lavorati da coloni liberi, pur mantenendo la monocoltura.
- Le ville coloniarie eliminano l'ergastulum, con coloni che vivono su piccole proprietà e la residenza del dominus diventa più lussuosa, riflettendo i desideri di comfort dei senatori romani.
- Queste trasformazioni economiche e sociali anticipano lo sviluppo di piccoli centri abitati autonomi, con artigiani e chiese, che prefigurano l'organizzazione castellare dell'Italia tardoantica.
Indice
Evoluzione della proprietà terriera
In Italia cominciano a costituirsi, dal punto di vista della organizzazione del territorio, grandi proprietari di terre; si tratta di grandi aziende che controllano moltissimi ettari e che i più ricchi organizzano in monocoltura: non si può ancora parlare di latifondi perché, soprattutto in aree del centro, la piccola proprietà resiste, ma le estensioni organizzate a vigneto ed oliveto in Italia centro-settentrionale, a cereali nel Tavoliere di Puglia e a pascoli per il grande bestiame ormai hanno cambiato il paesaggio italiano, in precedenza organizzato attraverso piccole proprietà terriere (che, secondo Emilio Gabba, si reggevano in piedi per parti di terreno utilizzate per il piccolo bestiame, soprattutto di suini, affinché sfamasse tutta la famiglia romana [in genere allargata: composta da padre, almeno due o tre figli maschi, che non erano indipendenti e non costituivano altre famiglie, anche se sposati, finché il progenitore fosse vivo]), supplementate da terre in comune (dove andavano a pascolare i maiali, una mucca, le pecore, le galline e i polli).
La villa servile e il suo impatto
Questo paesaggio viene totalmente a cambiare con l’estensione della grande proprietà, una villa rustica che a partire dal II secolo a.C. viene definita “servile”, cioè un’entità economica che prevede essenzialmente monocoltura e una coltivazione ad opera non di uomini liberi, ma soprattutto di schiavi. Il prototipo di villa servile è rappresentato, dal punto di vista archeologico, da una villa scavata a Settefinestre: in essa è certamente presente un ergastulum (il luogo dove la schiera di servi viene fatta dormire, che in sostanza è assimilabile a prigioni, per la quale sono utilizzate le parti più umide e malsane della villa; queste squadre di schiavi sono incatenate e portate al mattino a lavorare nei campi, mentre di sera vengono riportati nell’ergastulum; essi sono maschi e femmine, perché la riproduzione servile è estremamente favorita, in quanto non si comprare il servo se questo è generato da due servi in contubernium, che non è un vero e proprio matrimonio); la caratteristica principale della villa servile è che essa permette di mutare il villaggio agricolo italiano in grandi estensioni lavorate a monocoltura, che sorgono e sono sempre più competitive sia nei confronti della piccola proprietà terriera che del lavoro del contadinato libero: il servo che lavora sulla grande proprietà è comprato a basso prezzo in un mercato che, in seguito alle grandi guerre di conquista, le quali portano alla costituzione degli imperium (l’impero romano nelle provinciae), è un mercato ricchissimo di schiavi. In questo tipo di villa rustica c’è anche il luogo dove il dominus potrebbe andare ma, di fatto, quella pars dominica è abitata da un sovrintendente libero e non effettivamente dal dominus: questi ambienti, non particolarmente noti, non sono particolarmente lussuosi e non presentano strutture per la vivificazione o la cultura dell’olio; quindi, tutto ciò che viene prodotto in queste ville sembra destinato all’esportazione: questa è una configurazione molto diversa da quella piccola proprietà privata, dove la policoltura non serve al commercio ma al sostentamento. Questo tipo di realtà economica è attestato in Italia almeno fino al II secolo d.C., quindi ha una fortuna immensa, sebbene nel corso del III secolo entrerà fortemente in crisi; non sappiamo quanto il nuovo tipo di villa rustica, che si sostituisce a quella servile a partire dal IV secolo d.C., sia un prolungamento e una trasformazione di quella servile.
Transizione alla villa coloniaria
È certo che la sua configurazione tardo-antica, dal IV secolo in poi, è molto diversa: si inizia a parlare di villa coloniaria, perché non è più lavorata in prevalenza da servi, ma da uomini liberi (i coloni) e dunque divisa in tanti piccoli appezzamenti in cui il colono vive; anche se persevera la monocoltura, che è prioritaria, nei piccoli vari appezzamenti coloniali si comincia a praticare anche la policoltura: è come creare tante piccole proprietà all’interno di una grande proprietà. Un termine su cui si sono incentrati molti ricercatori è servus quasi colonus: per alcuni esso significa che il colono, sebbene sia un uomo libero, in realtà è più schiavo dello schiavo; il colono è un uomo libero, ma lui ed i suoi figli rimangono fortemente legati ad un appezzamento di terra, dove lavorano come uomini libero.
Caratteristiche della villa tardoantica
Nella villa coloniaria non è più presente l’ergastulum, in quanto i coloni abitano in piccole proprietà che costellano la villa tardoantica, mentre l’edificio di residenza diventa una bellissima villa, perché il dominus (un senatore romano) vi risiede spesso e vuole avere tutti gli agi, i lussi che normalmente ha anche in una domus urbana; in questa villa tardoantica, in un’area spesso posta accanto all’edificio principale, si trovano tutti gli strumenti per la prima lavorazione dei prodotti (anziché essere subito esportati, essi vengono trasformati: il tipo di mercato è differente), come il frantoio e altri strumenti. Infatti alcuni artigiani spesso vivono in questa villa, a preludio di quell’organizzazione castellare, alternativa all’urbs, alla civitas, che nel giro di un secolo e mezzo diventa il panorama più frequente dell’Italia tardoantica (VI secolo); spesso i domini istruiscono i propri figli all’interno di queste ville, molte delle quali hanno anche una chiesa.
Domande da interrogazione
- Qual è la principale trasformazione del paesaggio agricolo italiano durante il periodo della villa servile?
- Qual è la funzione dell'ergastulum nella villa servile?
- Come cambia la villa rustica nel IV secolo d.C.?
- Qual è la differenza tra la villa servile e la villa coloniaria in termini di residenza del dominus?
- Quali cambiamenti avvengono nella lavorazione dei prodotti nella villa tardoantica?
Il paesaggio agricolo italiano si trasforma con l'estensione della grande proprietà, caratterizzata dalla monocoltura e dalla coltivazione da parte di schiavi, sostituendo le piccole proprietà terriere e il lavoro del contadinato libero.
L'ergastulum è il luogo dove i servi dormono, simile a una prigione, e da cui vengono portati a lavorare nei campi durante il giorno.
Nel IV secolo d.C., la villa rustica si trasforma in villa coloniaria, lavorata da uomini liberi (coloni) e divisa in piccoli appezzamenti, pur mantenendo la monocoltura come priorità.
Nella villa coloniaria, il dominus risiede spesso e la villa diventa lussuosa, mentre nella villa servile la pars dominica è abitata da un sovrintendente libero.
Nella villa tardoantica, i prodotti vengono trasformati in loco con strumenti come il frantoio, anziché essere subito esportati, indicando un tipo di mercato differente.