Concetti Chiave
- La magia nell'antica Roma era usata per placare l'ira delle divinità attraverso riti e sacrifici, soprattutto durante periodi di crisi come le guerre puniche.
- Gli auguri e gli aruspici erano figure centrali che interpretavano i segni divini per predire il futuro e guidare le azioni degli individui e dello Stato.
- Pratiche magiche erano diffuse tra le popolazioni italiche, come i Marsi, noti per la loro abilità nell'incantare i serpenti e influenzare sentimenti amorosi.
- L'interesse per la magia si estese dalle classi rurali a quelle superiori, con l'uso di maledizioni, veleni e astrologia per scopi personali e politici.
- Il termine "magus" entrò nei testi letterari e la magia si avvicinò alla scienza e alla religione, creando un fatalismo astrale legato alla simpatia universale.
Indice
Il pericolo delle divinità offese
Quando lo Stato romano e le istituzioni stavano correndo un grave pericolo, veniva posto in atto ogni mezzo per placare l’ira delle divinità che si ritenevano offese per aver omesso delle pratiche o dei sacrifici a loro dovuti e per tale motivo esse reagivano manifestando la loro ira con prodigi terrorizzanti.
Si trattava di fenomeni quali cielo infuocato, terremoti, apparizione di stelle in pieno giorno, nascita di esseri umani mostruosi o piogge di sangue (oggi si direbbe piogge di sabbia). Ciò trovò una particolare diffusione durante le guerre puniche o nell’ultima parte del periodo repubblicano, al tempo delle guerre civili.Rituali e pratiche magiche
Nella religiosità romana, l’aspetto rituale occupava un posto di rilievo; esso era inteso come mezzo per ottenere la benevolenza degli dei. In pratica, si trattava di un aiuto e di una guida per l’azione. Gli auguri, con la loro arte, dopo aver delimitato un campo di osservazione, chiamato “templum”, interpretavano il parere divino attraverso fenomeni atmosferici eccezionali. Venivano consultati anche gli aruspici, cioè degli indovini che esaminavano le viscere degli animali sacrificati per conoscere il futuro. Ai riti di riparazione provvedevano gruppi di sacerdoti preposti a ciò, ma anche cittadini privati per proprio conto che per raggiungere lo scopo ricorrevano frequentemente a riti magici o di stregoneria.
La diffusione della magia
Per questo motivo, non ci dobbiamo meravigliare se la società dei popoli italici pullulava di stregoni, fattucchiere o indovini di vario tipo. La magia era molto diffusa fra i Peligni e i Marsi, due popolazioni osco-umbre, stanziate in una parte dell’odierno Abruzzo. I Marsi erano noti per essere molto abili nell’incantare i serpenti e correva che fossero anche in grado di trasformare gli uomini in uccelli e di modificare il sentimento amoroso. Queste pratiche, spesso, generavano instabilità psicologica nei cittadini o creavano disordini di cui l’autorità pubblica era preoccupata. Gli stati di eccitazione collettiva o individuale costituivano spesso uno strumento di lotta tra gruppi di potere e quindi non mancavano di suscitare interesse negli uomini politici.
L'influenza della magia sulle classi superiori
Alcuni scrittori, come Cicerone o Plinio il Vecchio, pur essendo seguaci di un pensiero che credeva in un modo regolato da leggi razionali, in realtà erano anch’essi attratti dall’idea di un mondo celeste superiore che influenzasse quello dei mortali. Di conseguenza, le pratiche magiche che inizialmente erano tipiche solo dei ceti rurali, iniziarono poco a poco a interessare le classi sociali superiori. Esse consistevano nell’attrarre malefici sui campi, nell’attirare o allontanare la pioggia, nel recare danno a una persona tramite la maledizione, spesso trascritta su apposite tavolette. Una particolare diffusione aveva l’uso dei veleni, caratteristico delle donne, in costante progresso perché in relazione con le accresciute conoscenze delle piante medicinali e di quelle velenose.
L'evoluzione della magia e la scienza
Man mano che diminuì l’interesse per gli aruspici, aumentò quello per l’astrologia, soprattutto nei ceti superiori. forse derivato dalla necessità di evadere verso il soprannaturale e il meraviglioso. Da sottolineare che il termine “magus” e gli aggettivi derivati, con Cicerone entrarono a far parte dei testi letterari; inoltre, l’interesse per la ricerca fece accostare la magia alla scienza e alla religione. Si venne così a creare una sorta di fatalismo astrale e l’accettazione di una legge di rapporto istintivo o simpatia uni versale che ritroveremo più tardi nella civiltà del Medio Evo. Invece fu sempre proibito dai poteri costituiti il ricorso al naturale finalizzato alla negromanzia o previsione di morte.
Domande da interrogazione
- Quali erano i fenomeni che i Romani interpretavano come segni dell'ira divina?
- Qual era il ruolo degli auguri e degli aruspici nella religiosità romana?
- Quali popolazioni erano note per le loro pratiche magiche nell'antica Roma?
- Come si diffuse l'interesse per la magia tra le classi sociali superiori romane?
- Qual era la relazione tra magia, scienza e religione nell'antica Roma?
I Romani interpretavano fenomeni come il cielo infuocato, terremoti, apparizione di stelle in pieno giorno, nascita di esseri umani mostruosi o piogge di sangue come segni dell'ira divina.
Gli auguri interpretavano il parere divino attraverso fenomeni atmosferici, mentre gli aruspici esaminavano le viscere degli animali sacrificati per conoscere il futuro.
I Peligni e i Marsi, due popolazioni osco-umbre dell'odierno Abruzzo, erano noti per le loro pratiche magiche, come incantare serpenti e trasformare uomini in uccelli.
L'interesse per la magia si diffuse tra le classi sociali superiori romane a causa dell'attrazione verso un mondo celeste superiore e l'influenza delle pratiche magiche sui ceti rurali.
La magia si avvicinò alla scienza e alla religione, creando un fatalismo astrale e un'accettazione di una legge di simpatia universale, mentre la negromanzia era proibita dai poteri costituiti.