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Sintesi
che cosa sono gli acquedotti romani

Acquedotti romani



Introduzione e dati generali


L'acqua è sempre stata, per tutte le popolazioni del mondo antico, un
elemento essenziale per il benessere della città. Fino al VI secolo a.C. ,
Roma si rifornì d'acqua dalle fonti naturali, ma con l'ingrandimento della
città e l'incremento demografico, esse non erano più sufficienti. Così i
Romani costruirono un ingegnoso sistema di acquedotti, tanto celebre che
Roma fu chiamata "la regina delle acque". Degli acquedotti possiamo
leggere in molte opere di storici. In particolare, sappiamo tutti i dati
riguardanti la storia e il funzionamento degli acquedotti grazie a Frontino,
che fu curator aquae e che scrisse un trattato, "De aquis urbis Romae",
giunto fino a noi.
Il primo acquedotto fu costruito nel 312 a.C., e dopo di esso furono
costruiti un totale di 11 acquedotti in un arco di 500 anni. Gli acquedotti
erano proprietà dello stato a servizio della popolazione. La disponibilità
pro capite di acqua era pari al doppio di quella attuale; Roma disponeva di
1300 fontane pubbliche, 15 fontane monumentali, 900 piscine, 11 terme
e 5 laghi artificiali, alcuni usati per i giochi pubblici. Le diramazioni degli
acquedotti erano in tutto 19, e a Roma giungevano ogni giorno 750
milioni di litri di acqua potabile. In totale, gli acquedotti avevano una
lunghezza pari a 420 chilometri.
Era illegale inquinare gli acquedotti o collegarsi al canale senza pagare un
tributo. Pochi patrizi, infatti, avevano l'acqua disponibile a casa.
I Romani non furono i primi a costruire acquedotti; anche gli Egizi e i
Babilonesi costruivano canali per portare acqua alle città, anche se con
tecniche un po' rudimentali.

Struttura e funzionamento


La prima questione da affrontare per costruire un acquedotto era la
sorgente; il Tevere aveva acque molto sporche, ma le colline che
circondavano Roma avevano molte sorgenti naturali adatte. Bisognava
tenere in considerazione la qualità dell'acqua, della quantità, della
regolarità del flusso, ma sopratutto, della quota al punto di captazione.
Infatti il flusso dell'acqua era regolato solamente dalla forza di gravità, e
per tutto il tragitto dell'acquedotto vi era una costante pendenza, di
media del 2%. Per calcolare la pendenza si usavano strumenti come il
chorobates e la dioptra.
Alla sorgente un bacino formato da delle dighe incanalava l'acqua in un
unico condotto; nel caso di sorgenti sotterranee, venivano scavati pozzi o
cunicoli. Prima di essere incanalata, l'acqua passava per le piscinae
limariae, delle vasche di decantazione dove l'acqua scorreva a velocità più
lenta modo che i sedimenti si depositassero sul fondo. Queste vasche si
trovavano anche lungo il corso dell'acquedotto.
Lontano dalle città, generalmente l'acqua scorreva in canali sotterranei. Il
canale dell'acquedotto si chiamava specus, ed i rivestimenti delle pareti
interne erano di un materiale impermeabile e resistente formato da
terracotta, calce e il pozzolato, una polvere vulcanica che favoriva la
solidificazione del materiale. Lungo lo specus erano presenti degli sfoghi,
cosicché, in caso di piena, le pareti non si sarebbero danneggiate.
Lungo il canale sotterraneo, in superficie erano poste delle pietre, dette
cippo, che segnalavano la presenza dell'acquedotto. Era vietato avvicinari
a più di 5 metri alle pietre.
Per mantenere la pendenza costante, ogni 32 metri erano posti dei pozzi
verticali. Se l'acqua doveva, a causa della morfologia del territorio,
scorrere in superficie, lo specus era ricoperto da una pietra piatta.
Succedeva che la pendenza dello specus fosse eccessiva e quindi il flusso
impetuoso, così si costruivano dei muri sui quali viaggiava l'acqua per
regolare la pendenza. A volte i muri non bastavano, e visto che essi non
potevano superare i due metri, i Romani utilizzarono un elemento
architettonico da loro perfezionato; l'arco. Gli archi erano una struttura
leggera (architettonicamente parlando), relativamente facili da costruire e
resistenti. Venivano costruiti con l'assaforma, un'impalcatura di legno su
cui erano assemblati. Le arcate servivano a regolare la pendenza e anche
e a superare ostacoli del terreno. Non potevano superare i 20 metri,
sennò diventavano instabili. Per questo, in caos di necessità, venivano
costruite delle arcate superiori, fino a tre arcate, che potevano
raggiungere l'altezza di 40 metri.
In alcuni casi, per superare una vallata, si utilizzava la tecnica del sifone
invertito; l'acqua era fatta scorrere ripidamente lungo una montagna, e a
causa della forza generata, risaliva dall'altra parte.
La maggior parte degli acquedotti "entrava" a Roma con le arcate, poiché
maggiore era l'altezza dell'acqua, maggiore era il numero di quartieri che
poteva raggiungere. Gli acquedotti generalmente "sfociavano" nei punti
più altri della città, per esempio in un sito chiamato Spes Vetus, presso
l'Esquilino. Anche per questo succedeva che nella stessa struttura vi
fossero più specus dove scorrevano diverse "acque".
In altri casi, l'acqua aveva accesso a Roma mediante una serie di mattoni
cavi che formavano un canale impermeabile.
Il principale sbocco dell'acqua era in strutture delle castellum aquae, dove
vi erano alcune piscinae limariae per eliminare le ultime impurità e dove
l'acqua era versata all'esterno con un certo numero di bocchettoni. In
alcuni casi dal castellum vi erano ulteriori diramazioni per l'acqua, oppure
che conducevano alle ville private.

Gestione degli Acquedotti


Epoca Repubblicana: Fino all'epoca imperiale, l'acqua era gestita dal
censore, cioè il responsabile delle opere pubbliche, da un edile, e dai
questori, che si occupavano dell'aspetto economico della costruzione e
della manutenzione degli acquedotti.
Epoca Imperiale: Agrippa fu un personaggio importante nella storia degli
acquedotti. Egli fu un grande amico d'infanzia di Ottaviano e anche suo
genero; nel 33 a.C. egli prese in controllo di tutto l'apparato idrico della
città, costruì due nuovi acquedotti (Aqua Iulia e Aqua Virgo), e ne
restaurò di vecchi, costruì terme, ripulì la Cloaca Massima (fognatura
risalente alla monarchia). Alla sua morte la gestione passò nelle mani
dell'imperatore, il quale la affidò a un'equipe di tre senatori, quello
principale detto curator aquarum. Egli aveva nelle mani il controllo di
tutto il sistema idrico, e aveva a disposizione oltre 300 schiavi. Frontino fu
curator aquarum dal 97 fino al 104 d.C.
Tre secoli più tardi, con Diocleziano, la gestione degli acquedotti passò
nelle mani del praefectus urbi.

I Principali Acquedotti di Roma


Aqua Appia


L'aquedotto Appio fu il primo acquedotto a essere costruito nel 312 a.C.
dal censore Appio Claudio Cieco; fu costruito contemporaneamente alla
via Appia e durante le guerre sannitiche, per dare prova della potenza di
Roma. Scorreva quasi completamente sottoterra e sboccava nel foro
Boario. fu restaurata nel 144 a.C. e nel 33 a.C. da Agrippa, le lo rinforzò
con nuove sorgenti.

Anio Vetus


L'Anio Vetus fu costruito intorno al 270 a.C con il bottino della vittoria
contro Taranto e Pirro; prendeva le acque dall'Aniene ("Anio") presso
Tivoli, e sboccava presso la porta Esquilina. Prese il nome di "vetus"
(vecchio) solo dopo la costruzione dell'Anio Novus.

Aqua Marcia


Questo acquedotto fu costruito nel 144 a.C. e prendeva le acque dal'alto
bacino del fiume Aniene. Si diceva che vi scorresse l'acqua migliore di
Roma. Fu il primo acquedotto ad avere le celebri arcate, visto che era in
parte sotterraneo e in parte in superficie. Ai tempi di Augusto fu
restaurato e aumentata la portata; fu anche restaurato nel XIX secolo.

Aqua Tepula


Fu fatto costruire nel 125 a.C. e poi ristrutturato da Agrippa. Traeva le
acque dai colli Albani, e il nome "tepula" viene dalla temperatura tiepida
dell'acqua.
Per lunghi tratti percorreva le stesse arcate dell'Aqua Marcia e l'Aqua
Iulia, tanto che Agrippa lo fece confluire nell'Aqua Iulia.

Aqua Iulia


Costruito da Agrippa nel 33 a.C. , questo acquedotto portava il nome del
casato di Augusto. Raccoglieva l'acqua dal territorio tuscolano. Insieme
all'Aqua Tepula, raggiungeva gran parte del territorio romano.

Aqua Virgo


Questo acquedotto fu costruito da Agrippa nel 19 a.C. Prendeva le acque
dall'Agro Lucullano, vicino all'Aniene, ed era quasi interamente
sotterraneo, tranne per un tratto costruito dall'imperatore Claudio e che
fu poi monumentalizzato per la conquista della Britannia. Alimentava e
alimenta tutt'ora la Fontana dei Trevi, la "Barcaccia", numerose fontane
della zona; la maggior parte dell'acqua era riservata ai privati e una parte
alla casa imperiale.

Aqua Alsietina o Augusta


Fu originariamente costruito da Augusto per alimentare la naumachia, il
lago artificiale per i spettacoli pubblici. Prendeva le acque dal fiume
Alsietino, vicino Bracciano, ma nel III secolo il lago si prosciugò in seguito
a un restauro di Traiano. L'acquedotto sarà poi restaurato in epoca
rinascimentale.

Aqua Claudia


Questo acquedotto fu iniziato da Caligola nel 38 a.C. e terminato da
Claudio. Captava le acque dall'Aniene. Aveva delle ottime acque e grande
portata. Alimentava sopratutto le ville private e la domus aurea.

Anio Novus


Fu costruito contemporaneamente con l'acqua Claudia, ed era il più lungo
di tutti.

Aqua Traiana


Fu costruito da Traiano nel 109 d.C. e traeva le acque dal lago di
Bracciano. Fu distrutto dagli Ostrogoti e in seguito dai Longonbardi, ma fu
restaurato in epoca rinascimentale.

Aqua Alexandrina


Fu costruito nel 226 da Alessando Severo. Alimentava le Terme di Nerone.
che così disponevano di un autonomo rifornimento idrico.

Gli acquedotti furono messi fuori uso nel VI secolo a causa dell'assedio
degli Ostrogoti; furono chiusi per evitare che fossero usati come vie di
accesso.
Estratto del documento

GLI ACQUEDOTTI ROMANI di Beatrice Pelati

Introduzione e dati generali

L'acqua è sempre stata, per tutte le popolazioni del mondo antico, un

elemento essenziale per il benessere della città. Fino al VI secolo a.C. ,

Roma si rifornì d'acqua dalle fonti naturali, ma con l'ingrandimento della

città e l'incremento demografico, esse non erano più sufficienti. Così i

Romani costruirono un ingegnoso sistema di acquedotti, tanto celebre che

Roma fu chiamata "la regina delle acque". Degli acquedotti possiamo

leggere in molte opere di storici. In particolare, sappiamo tutti i dati

riguardanti la storia e il funzionamento degli acquedotti grazie a Frontino,

che fu curator aquae e che scrisse un trattato, "De aquis urbis Romae",

giunto fino a noi.

Il primo acquedotto fu costruito nel 312 a.C., e dopo di esso furono

costruiti un totale di 11 acquedotti in un arco di 500 anni. Gli acquedotti

erano proprietà dello stato a servizio della popolazione. La disponibilità

pro capite di acqua era pari al doppio di quella attuale; Roma disponeva di

1300 fontane pubbliche, 15 fontane monumentali, 900 piscine, 11 terme

e 5 laghi artificiali, alcuni usati per i giochi pubblici. Le diramazioni degli

acquedotti erano in tutto 19, e a Roma giungevano ogni giorno 750

milioni di litri di acqua potabile. In totale, gli acquedotti avevano una

lunghezza pari a 420 chilometri.

Era illegale inquinare gli acquedotti o collegarsi al canale senza pagare un

tributo. Pochi patrizi, infatti, avevano l'acqua disponibile a casa.

I Romani non furono i primi a costruire acquedotti; anche gli Egizi e i

Babilonesi costruivano canali per portare acqua alle città, anche se con

tecniche un po' rudimentali.

Struttura e funzionamento

La prima questione da affrontare per costruire un acquedotto era la

sorgente; il Tevere aveva acque molto sporche, ma le colline che

circondavano Roma avevano molte sorgenti naturali adatte. Bisognava

tenere in considerazione la qualità dell'acqua, della quantità, della

regolarità del flusso, ma sopratutto, della quota al punto di captazione.

Infatti il flusso dell'acqua era regolato solamente dalla forza di gravità, e

per tutto il tragitto dell'acquedotto vi era una costante pendenza, di

media del 2%. Per calcolare la pendenza si usavano strumenti come il

chorobates e la dioptra.

Alla sorgente un bacino formato da delle dighe incanalava l'acqua in un

unico condotto; nel caso di sorgenti sotterranee, venivano scavati pozzi o

cunicoli. Prima di essere incanalata, l'acqua passava per le piscinae

limariae, delle vasche di decantazione dove l'acqua scorreva a velocità più

lenta modo che i sedimenti si depositassero sul fondo. Queste vasche si

trovavano anche lungo il corso dell'acquedotto.

Lontano dalle città, generalmente l'acqua scorreva in canali sotterranei. Il

canale dell'acquedotto si chiamava specus, ed i rivestimenti delle pareti

interne erano di un materiale impermeabile e resistente formato da

terracotta, calce e il pozzolato, una polvere vulcanica che favoriva la

solidificazione del materiale. Lungo lo specus erano presenti degli sfoghi,

cosicché, in caso di piena, le pareti non si sarebbero danneggiate.

Lungo il canale sotterraneo, in superficie erano poste delle pietre, dette

cippo, che segnalavano la presenza dell'acquedotto. Era vietato avvicinari

a più di 5 metri alle pietre.

Per mantenere la pendenza costante, ogni 32 metri erano posti dei pozzi

verticali. Se l'acqua doveva, a causa della morfologia del territorio,

scorrere in superficie, lo specus era ricoperto da una pietra piatta.

Succedeva che la pendenza dello specus fosse eccessiva e quindi il flusso

impetuoso, così si costruivano dei muri sui quali viaggiava l'acqua per

regolare la pendenza. A volte i muri non bastavano, e visto che essi non

potevano superare i due metri, i Romani utilizzarono un elemento

architettonico da loro perfezionato; l'arco. Gli archi erano una struttura

leggera (architettonicamente parlando), relativamente facili da costruire e

resistenti. Venivano costruiti con l'assaforma, un'impalcatura di legno su

cui erano assemblati. Le arcate servivano a regolare la pendenza e anche

e a superare ostacoli del terreno. Non potevano superare i 20 metri,

sennò diventavano instabili. Per questo, in caos di necessità, venivano

costruite delle arcate superiori, fino a tre arcate, che potevano

raggiungere l'altezza di 40 metri.

In alcuni casi, per superare una vallata, si utilizzava la tecnica del sifone

invertito; l'acqua era fatta scorrere ripidamente lungo una montagna, e a

causa della forza generata, risaliva dall'altra parte.

La maggior parte degli acquedotti "entrava" a Roma con le arcate, poiché

maggiore era l'altezza dell'acqua, maggiore era il numero di quartieri che

poteva raggiungere. Gli acquedotti generalmente "sfociavano" nei punti

più altri della città, per esempio in un sito chiamato Spes Vetus, presso

l'Esquilino. Anche per questo succedeva che nella stessa struttura vi

fossero più specus dove scorrevano diverse "acque".

In altri casi, l'acqua aveva accesso a Roma mediante una serie di mattoni

cavi che formavano un canale impermeabile.

Il principale sbocco dell'acqua era in strutture delle castellum aquae, dove

vi erano alcune piscinae limariae per eliminare le ultime impurità e dove

l'acqua era versata all'esterno con un certo numero di bocchettoni. In

alcuni casi dal castellum vi erano ulteriori diramazioni per l'acqua, oppure

che conducevano alle ville private.

Gestione degli Acquedotti

Epoca Repubblicana: Fino all'epoca imperiale, l'acqua era gestita dal

censore, cioè il responsabile delle opere pubbliche, da un edile, e dai

questori, che si occupavano dell'aspetto economico della costruzione e

della manutenzione degli acquedotti.

Epoca Imperiale: Agrippa fu un personaggio importante nella storia degli

acquedotti. Egli fu un grande amico d'infanzia di Ottaviano e anche suo

genero; nel 33 a.C. egli prese in controllo di tutto l'apparato idrico della

città, costruì due nuovi acquedotti (Aqua Iulia e Aqua Virgo), e ne

restaurò di vecchi, costruì terme, ripulì la Cloaca Massima (fognatura

risalente alla monarchia). Alla sua morte la gestione passò nelle mani

dell'imperatore, il quale la affidò a un'equipe di tre senatori, quello

principale detto curator aquarum. Egli aveva nelle mani il controllo di

tutto il sistema idrico, e aveva a disposizione oltre 300 schiavi. Frontino fu

curator aquarum dal 97 fino al 104 d.C.

Tre secoli più tardi, con Diocleziano, la gestione degli acquedotti passò

nelle mani del praefectus urbi.

I Principali Acquedotti di Roma

Aqua Appia

L'aquedotto Appio fu il primo acquedotto a essere costruito nel 312 a.C.

dal censore Appio Claudio Cieco; fu costruito contemporaneamente alla

via Appia e durante le guerre sannitiche, per dare prova della potenza di

Roma. Scorreva quasi completamente sottoterra e sboccava nel foro

Boario. fu restaurata nel 144 a.C. e nel 33 a.C. da Agrippa, le lo rinforzò

con nuove sorgenti.

Anio Vetus

L'Anio Vetus fu costruito intorno al 270 a.C con il bottino della vittoria

contro Taranto e Pirro; prendeva le acque dall'Aniene ("Anio") presso

Tivoli, e sboccava presso la porta Esquilina. Prese il nome di "vetus"

(vecchio) solo dopo la costruzione dell'Anio Novus.

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