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Sintesi

Dentro la globalizzazione



DEFINIZIONE: termine adoperato, a partire dagli anni 1990, per indicare un insieme assai ampio di fenomeni, connessi con la crescita dell’integrazione economica, sociale e culturale tra le diverse aree del mondo.

Importanti contributi sulla globalizzazione
Zygmunt Bauman : (pessimismo) essere locali in un mondo globalizzato è segno d’inferiorità e degradazione sociale.
(*) L’esistenza vissuta in un solo luogo è aggravata dalla circostanza che gli stessi luoghi stanno
perdendo la capacità di generare significati e dipendono invece da quelli che vengono loro
attribuiti e da interpretazioni che non si possono controllare.
Cornelius Castoradis: il problema dell’attuale stato della nostra civiltà è che abbiamo smesso di farci domande.
Astenerci dal porre certi problemi è molto più grave del non riuscire a rispondere alle questioni
già ufficialmente sul tappeto. Dopo tutto, porsi le questioni giuste fa la differenza tra l’affidarsi
al fato e perseguire una destinazione.
A.J. Dunlap: l’impresa appartiene alle persone che investono in essa, non ai dipendenti, non ai fornitori e neanche al
luogo in cui è situata. In effetti, i dipendenti sono reclutati fra la popolazione locale e, per eventuali
legami, non possono facilmente seguire l’impresa quando questa decida di trasferirsi. I fornitori locali
sono avvantaggiati dalla vicinanza, ma il loro vantaggio svanisce se l’impresa si trasferisce. E
ovviamente, la località non si può certo spostare, quale sia il nuovo indirizzo dell’impresa. Solo gli
investitori non sono in alcun modo legati allo spazio, la loro mobilità acquisita è assai emblematica,
perché i potenti si sottraggono radicalmente ad ogni vincolo: non solo verso i dipendenti, ma rispetto ai
giovani, ai più deboli, alle generazioni future ed in genere verso tutto ciò che implica dovere di
contribuire alla vita quotidiana ed al perpetuarsi della comunità civile.
In poche parole, piuttosto che rendere omogenea la condizione umana, si tende a polarizzarla.

Guerre spaziali
Il primo segreto di una buona città, sta nell’offrire alle persone la possibilità di assumersi la responsabilità dei propri atti in una società, e non in un mondo di sogno, armonia e d’ordine prestabiliti. Anche perché gli uomini non posso diventare buoni solo seguendo gli ordini o programmi di altri. Possono affrontare le proprie responsabilità solo colore che imparano ad agire in un quadro di ambivalenza ed incertezza, persone moralmente mature che crescono avendo bisogno dell’ignoto e sentendosi incompleti, senza una certa anarchia della propria vita.
Riguardo i nuovi media-interattivi, si dovrebbe parlare piuttosto di un medium-interattivo a senso unico. Internet e web non sono aperti a chiunque ed è estremamente improbabile che si aprano ad un utilizzo universale.
I molti guardano i pochi. I pochi guardati sono celebrità ed esibiscono il loro mondo. Di qualsiasi cosa parlino, essi trasmettono il messaggio di uno stile di vita totale: la loro vita, il loro stile di vita. La loro autorità è assicurata dalla distanza. I globali sono letteralmente fuori da questo mondo, ma il loro circolare è molto visibile ed invadente. Essi sono una monarchia che guida anziché governare. Segregati e separati in terra, i locali incontrano i globali nelle trasmissioni televisive dal cielo.

E dopo lo stato-nazione?
I mercati finanziari globali impongono le proprie leggi e regole all’intero pianeta.
La globalizzazione non fa altro che estendere la loro logica alla totalità degli aspetti della vita.
Deliberatamente o inconsciamente, le imprese sovralocali esercitano pressioni sistematiche per distruggere qualsiasi fattore possa impedire o limitare la libertà del mercato. Separare l’economia dalla politica e sottrarre la prima agli interventi regolatori della seconda, comporta la totale perdita di potere della politica stessa e fa prevedere ben altro.
Michel Crozier: tutte le forme del dominio consistono nel perseguire sempre una strategia che lasci la massima libertà
di manovra ai dominatori, imponendo allo stesso tempo vincoli più stringenti all’autonomia
decisionale dei dominati.
Keegan: oggi tutti i computer non fanno altro per il Terzo Mondo che raccontarne il declino con maggiore efficienza.
La creazione della ricchezza sta finalmente per emanciparsi dalle sue vincolanti ed irritanti connessioni, come
la produzione, l’elaborazione dei materiali, la creazione di posti di lavoro, la direzione di altre persone.
I vecchi ricchi avevano bisogno dei poveri per diventare e restare ricchi e tale dipendenza mitigava i conflitti
d’interesse; i nuovi ricchi non hanno più bisogno dei poveri.
Ma se le ricchezze sono globali, la miseria è locale. È a causa di questa innegabile razionalità e correttezza
etica che il mondo razionale e moralmente cosciente si sente così umiliato dalla prospettiva di migrazioni di
massa dei poveri e degli affamati.

Turisti e vagabondi
La società attuale forma i propri membri al fine primario che essi svolgano il ruolo di consumatori.
Per i buoni consumatori, la promessa diventa tentatrice non tanto quando riguarda la soddisfazione di bisogni dai quali è tormentato, bensì quando sollecita desideri mai immaginati o sospettati prima. Il segreto della società attuale sta proprio nello sviluppare un artificiale e soggettivo senso di insufficienza permanente, poiché nulla potrebbe essere più minaccioso del fatto che la gente si dichiarasse soddisfatta di quello che ha.
Tutti possono voler essere consumatori, ma non tutti possono esserlo.
Una volta emancipato lo spazio, il capitale non ha più bisogno di manodopera, mentre gli effetti della globalizzazione producono la localizzazione forzata degli ultimi e la cancellazione delle loro identità culturali come opera di una selezione naturale.

Legge globale, ordini locali
Bourdieu: sottolinea che lo stato della California dedica alla costruzione di prigioni somme di molto superiori a quelle
spese per il complesso dell’istruzione superiore. Incarcerare un uomo è la forma estrema e più radicale per
limitare il suo spazio. Trattasi di carceri ove i reclusi non lavorano, non fanno ricreazione, non si mescolano
né con le guardie né con gli altri prigionieri, non seguono alcun corso di formazione.
Aumentano in tutto il mondo le spese che gli stati destinano alle forze della legge e dell’ordine, mentre, più
significativamente, la quota di popolazione in conflitto con la giustizia e che andrebbe arrestata cresce a
ritmi sostenuti.
Bauman: se nell’eccezione più in voga, globalizzazione e localizzazione sembrano fenomeni opposti, l’analisi del
(*) sociologo polacco mostra come in realtà siano due facce della stessa medaglia; la globalizzazione si nute
della localizzazione e della debolezza degli stati nazionali.
La distinzione in classi parte dalla divisione degli spazi, chi è separato dallo spazio reale ha perso anche le
responsabilità che, in quale modo, segnavano la vita e le azioni del capitalismo moderno.
Il mondo si divide, quindi, in globali e locali, in un’ élite che vive svincolata dai vincoli spaziali e una
maggioranza di persone che ha perso gli spazi caratteristici della formazione della pubblica opinione, e
questa distinzione sembra essere molto proficua ai fini della corretta comprensione del mondo
contemporaneo.
Bauman individua in questo contesto due tipologie di persone: “Turisti e Vagabondi”. Ai turisti che non
hanno più vincoli nel muoversi nello spazio, resta solo la dimensione temporale che ha assunto la forma
dell’eterno presente; i vagabondi, al contrario, vivono nello spazio, uno spazio dal quale sono scacciati, uno
spazio che ha confini invisibili ma invalicabili.
Turista e Vagabondo sono l’uno l’alter-ego dell’altro, Turista e Vagabondo sono entrambi consumatori, con
la differenza che il Vagabondo è un consumatore pieno di difetti, non essendo in grado di sostenere il ritmo
di consumi al quale aspira. Se il Vagabondo invidia la vita del Turista e vi aspira, a sua volta il Turista ha il
terrore che il suo status possa cambiare all’improvviso. Il Vagabondo è l’incubo del turista.

Zygmunt Bauman (*)
Nato a Poznan nel 1925, Bauman è un fine intellettuale, sociologo e filosofo polacco d’origine ebraica. È stato professore di sociologia all’università di Leeds in Inghilterra. Dalla fine degli anni Novanta è stato autore di testi fondamentali di analisi del presente globalizzato.
Dal testo <<Dentro la Globalizzazione>>:
La parola “globalizzazione” è sulla bocca di tutti; è un mito, un’idea fascinosa, una sorta di chiave con la quale si vogliono aprire i misteri del presente e del futuro, pronunciarla è diventato di gran moda.
Per alcuni, “globalizzazione” vuol dire tutto ciò che siamo costretti a fare per ottenere la felicità; per altri, la “globalizzazione” è la causa stessa della nostra infelicità. Per tutti, comunque, la “globalizzazione” significa l’ineluttabile destino del mondo.
La globalizzazione divide tanto quanto unisce, divide mentre unisce, e le cause della divisione sono le stesse che dall’altro lato promuovono l’uniformità del globo.
In parallelo viene messo in moto un altro processo che chiamiamo “localizzazione”.
Ciò che appare come conquista di globalizzazione, per alcuni, rappresenta una riduzione alla dimensione locale per altri.
Essere “locali” in un mondo globalizzato è un segno d’inferiorità e di degradazione sociale.




Ulrich Beck
Beck è docente di Sociologia presso la l’università di Monaco di Baviera. Campi di ricerca privilegiati per il sociologo tedesco sono la globalizzazione, la modernità, l’ecologia e il concetto d’individuo.
Dal testo <<Che cos’è la Globalizzazione>>:
Perché la globalizzazione significa politicizzazione? Il dispiegarsi della globalizzazione consente alle imprese e alle loro associazioni di liberare e riconquistare il potere di azione, finora addomesticato con gli strumenti della politica.
La globalizzazione rende possibile ciò che per il capitalismo forse è sempre stato valido in modo latente.
L’economia che agisce in maniera globale sgretola i fondamenti dell’economia nazionale e degli Stati-nazione, provocando una sub-politicizzazione di dimensioni totalmente nuove con conseguenza imprevedibili.
Non è la politica degli interessi delle imprese, ma la presunta globalizzazione, a costringere questo amaro taglio netto.
Secondo la legge del mercato globale non resta che sopprimere o congelare posti di lavoro per garantire sul luogo altri posti di lavoro.
Chi stimola la crescita economia produce, alla fine, disoccupazione. Chi abbassa le tasse, affinchè crescano le opportunità di realizzare profitti, produce in modo analogo, quasi sempre disoccupazione.

Joseph Stiglitz
Stiglitz è premio Nobel per l’economia 2001. Nel 1997 divenne presidente della Banca Mondiale.
Dal testo <<La Globalizzazione e i suoi oppositori>>:
Il commercio internazionale favorisce lo sviluppo economico quando le esportazioni di un paese spingono la sua crescita economica. La crescita basata sulle esportazioni è stata l’orgoglio della politica industriale che ha arricchito gran parte dell’Asia, migliorando sensibilmente le condizioni economiche di milioni di individui.
Per gli effetti della globalizzazione, molte persone vivono oggi più a lungo e con un tenore di vita nettamente superiore al passato (per esempio, gli occidentali possono anche accusare la Nike di sfruttamento per il basso livello salariale, ma per molte persone, nei paesi in via di sviluppo, un lavoro in fabbrica rappresenta un’alternativa decisamente più vantaggiosa rispetto ad una vita da abbracciante agricolo).
La globalizzazione ha ridotto il senso d’isolamento percepito in gran parte del mondo in via di sviluppo, consentendo a molti di accedere a conoscenze di gran lunga superiori a quelle di cui cent’anni fa erano in possesso i ricchi di qualsiasi altro paese.
Agli aspetti negativi della globalizzazione si affiancano spesso dei vantaggi!
Estratto del documento

DENTRO LA GLOBALIZZAZIONE

DEFINIZIONE : termine adoperato, a partire dagli anni 1990, per indicare un insieme assai ampio di fenomeni, connessi

con la crescita dell’integrazione economica, sociale e culturale tra le diverse aree del mondo.

IMPORTANTI CONTRIBUTI SULLA GLOBALIZZAZIONE

Zygmunt Bauman : (pessimismo) essere locali in un mondo globalizzato è segno d’inferiorità e degradazione sociale.

(*) L’esistenza vissuta in un solo luogo è aggravata dalla circostanza che gli stessi luoghi stanno

perdendo la capacità di generare significati e dipendono invece da quelli che vengono loro

attribuiti e da interpretazioni che non si possono controllare.

Cornelius Castoradis: il problema dell’attuale stato della nostra civiltà è che abbiamo smesso di farci domande.

Astenerci dal porre certi problemi è molto più grave del non riuscire a rispondere alle questioni

già ufficialmente sul tappeto. Dopo tutto, porsi le questioni giuste fa la differenza tra l’affidarsi

al fato e perseguire una destinazione.

A.J. Dunlap: l’impresa appartiene alle persone che investono in essa, non ai dipendenti, non ai fornitori e neanche al

luogo in cui è situata. In effetti, i dipendenti sono reclutati fra la popolazione locale e, per eventuali

legami, non possono facilmente seguire l’impresa quando questa decida di trasferirsi. I fornitori locali

sono avvantaggiati dalla vicinanza, ma il loro vantaggio svanisce se l’impresa si trasferisce. E

ovviamente, la località non si può certo spostare, quale sia il nuovo indirizzo dell’impresa. Solo gli

investitori non sono in alcun modo legati allo spazio, la loro mobilità acquisita è assai emblematica,

perché i potenti si sottraggono radicalmente ad ogni vincolo: non solo verso i dipendenti, ma rispetto ai

giovani, ai più deboli, alle generazioni future ed in genere verso tutto ciò che implica dovere di

contribuire alla vita quotidiana ed al perpetuarsi della comunità civile.

In poche parole, piuttosto che rendere omogenea la condizione umana, si tende a polarizzarla.

GUERRE SPAZIALI

Il primo segreto di una buona città, sta nell’offrire alle persone la possibilità di assumersi la responsabilità dei propri atti in

una società, e non in un mondo di sogno, armonia e d’ordine prestabiliti. Anche perché gli uomini non posso diventare

buoni solo seguendo gli ordini o programmi di altri. Possono affrontare le proprie responsabilità solo colore che imparano

ad agire in un quadro di ambivalenza ed incertezza, persone moralmente mature che crescono avendo bisogno dell’ignoto e

sentendosi incompleti, senza una certa anarchia della propria vita.

Riguardo i nuovi media-interattivi, si dovrebbe parlare piuttosto di un medium-interattivo a senso unico. Internet e web non

sono aperti a chiunque ed è estremamente improbabile che si aprano ad un utilizzo universale.

I molti guardano i pochi. I pochi guardati sono celebrità ed esibiscono il loro mondo. Di qualsiasi cosa parlino, essi

trasmettono il messaggio di uno stile di vita totale: la loro vita, il loro stile di vita. La loro autorità è assicurata dalla

distanza. I globali sono letteralmente fuori da questo mondo, ma il loro circolare è molto visibile ed invadente. Essi sono

una monarchia che guida anziché governare. Segregati e separati in terra, i locali incontrano i globali nelle trasmissioni

televisive dal cielo.

E DOPO LO STATO-NAZIONE?

I mercati finanziari globali impongono le proprie leggi e regole all’intero pianeta.

La globalizzazione non fa altro che estendere la loro logica alla totalità degli aspetti della vita.

Deliberatamente o inconsciamente, le imprese sovralocali esercitano pressioni sistematiche per distruggere qualsiasi fattore

possa impedire o limitare la libertà del mercato. Separare l’economia dalla politica e sottrarre la prima agli interventi

regolatori della seconda, comporta la totale perdita di potere della politica stessa e fa prevedere ben altro.

Michel Crozier: tutte le forme del dominio consistono nel perseguire sempre una strategia che lasci la massima libertà

di manovra ai dominatori, imponendo allo stesso tempo vincoli più stringenti all’autonomia

decisionale dei dominati.

Keegan: oggi tutti i computer non fanno altro per il Terzo Mondo che raccontarne il declino con maggiore efficienza.

La creazione della ricchezza sta finalmente per emanciparsi dalle sue vincolanti ed irritanti connessioni, come

la produzione, l’elaborazione dei materiali, la creazione di posti di lavoro, la direzione di altre persone.

I vecchi ricchi avevano bisogno dei poveri per diventare e restare ricchi e tale dipendenza mitigava i conflitti

d’interesse; i nuovi ricchi non hanno più bisogno dei poveri.

Ma se le ricchezze sono globali, la miseria è locale. È a causa di questa innegabile razionalità e correttezza

etica che il mondo razionale e moralmente cosciente si sente così umiliato dalla prospettiva di migrazioni di

massa dei poveri e degli affamati.

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