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Storia: i campi di concentramento
Italiano: "Se questo è un uomo" (Primo Levi)
Inglese: "The Dubliners" (James Joyce)
Arte: Van Gogh (autoritratto)
INDICE GENERALE
Introduzione pag 3
L'esame di coscienza pag 4
Seneca, De ira III, 36
Lo scontro della coscienza pag 7
Primo Levi, Se questo è un uomo
Conscience and morality in religion pag 10
James Joyce, Dubliners
Coscienza e morale nella religione pag 12
James Joyce, Gente di Dublino
Conclusioni pag 14 2
INTRODUZIONE
Considero l'esame di coscienza quel momento, quello stato d'animo in cui l'uomo
intimamente si confronta con se stesso e con ciò che gli sta attorno per arrivare,
poi, a giudicare sé e le sue azioni.
Ciò che più mi preme approfondire non è il bisogno e la necessità che il mondo ha
di trovare persone capaci di mettere in atto questo esame bensì studiare e cercare
di comprendere l'evoluzione della riflessione interiore e quanto questa al giorno
d'oggi influenzi la nostra società.
Il mio interesse per questo tema è nato da un mio bisogno personale, nel periodo
della maturità , di cercare dentro me stesso risposte che non riuscivo a trovare
nella società che mi circondava e il titolo raccoglie appieno i miei dubbi su come
questo tema possa adattarsi nei rigidi schemi della società attuale.
E' stato sicuramente di grande aiuto lo studio approfondito di un letterato come
e delle sue numerose opere di stampo filosofico.
Seneca
In seguito l'integrazione di una realtà terribile come quella dei campi di
concentramento raccontati in prima persona da mi hanno permesso
Primo Levi
di approfondire ulteriormente l'argomento.
Infine portando anche un senso di ironia all'interno della mia tesina sono passato
da un tema profano ad uno sacro come quello della confessione cristiana
mediante un leggero ma al tempo stesso curioso paragone attraverso il breve
racconto “Grace” tratto dal romanzo “Dubliners” dello scrittore irlandese James
Joyce.
Il tema trattato dallo scrittore irlandese mi ha permesso di creare questa forma di
parallelismo con l'ambito religioso per le sue somiglianze cercando di cogliere al
tempo stesso le forti contraddizioni.
Per definizione è per la Chiesa cattolica e la Chiesa
l'esame di coscienza
ortodossa, la pratica spirituale, propedeutica al sacramento della confessione, con
cui il credente richiama alla memoria i propri peccati con la volontà di non
commetterli più e cercando così di migliorare la propria vita. 3
L'ESAME DI COSCIENZA
Proprio su quest'ultima frase voglio iniziare ad approfondire la mia tesina, in
quanto fin dall'antichità ancor prima della diffusione del Cristianesimo si iniziò a
parlare di riflessione.
La confessione delle proprie colpe al maestro era comunque abitudine fin dall'età
epicurea e proprio di questo Seneca si appropria per costruire quella strada che
col tempo “il proficiens” dovrebbe saper percorrere con le proprio gambe.
dedicò gran parte della sua vita a costruire un percorso di
Seneca
interiorizzazione capace di liberare l'anima da ogni costrizione ma soprattutto
superare gli ostacoli del materialismo e le stesse difficoltà dell'uomo a conoscere se
stesso.
In base a un'antica tradizione, che risale agli esordi della cultura greca, e che lo
stoicismo accentua, la cura di sè è pensata in stretta correlazione con la teoria e la
pratica medica; ciò che permette la correlazione tra il campo etico e quello
medico è l'uso del termine che significa
“pathos” “alterazione dello stato normale di
nozione pertinente alla malattia fisica, ma perfettamente applicabile anche
salute”,
alla passione.
Per Seneca il primo passo verso la guarigione consiste nel prendere atto di questa
situazione malata e mediante il superamento dell'egoismo individuale, ricercare sè
stessi nella riflessione.
Ricercare sè stessi indica anche quindi compiere un selezionamento del proprio
“animus” che spesso si compone di parti migliori e peggiori; proprio qui sostano le
difficoltà dell'uomo e cioè nel distinguere il male e il bene prima dentro di sè e poi
in ciò che lo circonda.
Il testo tratto dal mette al meglio in luce questa sua capacità di
“De ira III, 36”
ricercare sempre l'interiorità dell'uomo con il suo forte rifiuto degli agi, delle
ricchezze e con lo stesso isolamento dalla vita politica.
Le domande che Sestio è abituato a porsi sono proprio quelle che dovrebbero
permetterci di entrare nel nostro “Io”, scavare e cercare di conoscere i nostri
sbagli (“Quod hodie malum tuum sanasti? Cui vitio obstisti? Qua parte melior
es?”).
Egli mette inoltre in luce la quotidianità con cui andrebbe compiuto questa
azione, lo fa in quanto sicuro che lo scrutare dentro sè non può fare altro che
aiutarlo a essere migliore per il giorno seguente; egli stesso infatti ogni notte da
solo si avvale di questa possibilità per liberarsi da ogni peso e controllare ogni
azione e parola
(...totum diem meum scrutor factaque ac dicta mea remetior; nihil mihi ipse
abscondo, nihil transeo..) 4
Egli compie questo gesto solo dopo aver portato via la lanterna e quando la
moglie tace (“Cum sublatum e conspectu lumen est et conticuit uxor moris iam
mei conscia”).
L'isolamento infatti è un altro forte aspetto che andrebbe approfondito nella vita
di Seneca in quanto lo stesso autore negli ultimi anni, proprio quelli del
consolidamento di questa dottrina morale, inizia a isolarsi e vivere una vita fatta di
riflessione e ripensamenti interiori, una vita dedicata alla conoscenza di sé.
Il testo sotto proposto introduce una forma di esame di coscienza che nel generale
è molto simile a quella dei giorni nostri ma che Seneca distingue dall'esame di
molti altri autori in quanto la sua dottrina è indirizzata sempre al singolo
individuo e non più ad un “civis” inserito in un contesto a lui superiore come lo
Stato.
Nonostante ciò Seneca non può chiamarsi vero filosofo poiché non ha costruito un
sistema capace di abbracciare tutta la realtà, al contrario egli ritiene la filosofia di
poco d'aiuto per l'umanità e per questo crea la figura del saggio sapiente,
ricercatore di virtù, l'uomo come dovrebbe essere.
La è infatti proprio quella di colui che “cotidie apud me
figura del saggio
causam dico” quella cioè di colui che è sempre consapevole della proprio fragilità
e perciò vigila sulla propria vita rinunciando a tutto ciò che di materiale la vita gli
offre.
Proprio questo distingue gli uomini capaci di fare un buon esame di coscienza da
chi invece troppo malvagio d'animo non è capace di accettare giudizi neanche da
se stesso (“Admoneri bonus gaudet, pessimus quisque rectorem asperrime
patitur”.) 5
De ira, III, 36
Omnes sensus perducendi sunt ad Tutti i sensi devono essere ricondotti a uno
firmitatem; natura patientes sunt, si stato di fermezza; per natura sono resistenti,
animus illos desit corrumpere, qui cotidie se l’animo che ogni giorno deve essere
ad rationem reddendam uocandus est. necessariamente chiamato a fare il
Faciebat hoc Sextius, ut consummato die, rendiconto, ha smesso di corromeperli.
cum se ad nocturnam quietem recepisset, Faceva così Sesto, finita la giornata, una
interrogaret animum suum: volta che si era ritirato per il riposo
"Quod interrogava il suo animo: «Oggi, quale
hodie malum tuum sanasti? Cui dei tuoi mali hai guarito? A quale
uitio obstitisti? Qua parte melior vizio ti sei opposto? In quale parte ti
Desinet ira et moderatior erit quae
es?". Cesserà l’ira e sarà più
sei migliorato?»
sciet sibi cotidie ad iudicem esse
ueniendum. Quicquam ergo pulchrius moderato se saprà che ogni giorno si deve
hac consuetudine excutiendi totum diem? presentare davanti ad un giudice. Dunque
Qualis ille somnus post recognitionem sui cosa ci può essere di più bello di questa
sequitur, quam tranquillus, quam altus ac abitudine di passare in rassegna la giornata?
liber, cum aut laudatus est animus aut Quale sonno viene dopo la ricognizione di
admonitus et speculator sui censorque sé: com'é tranquillo, com'é alto e libero,
secretus cognouit de moribus suis! Utor quando l’animo o è lodato o ammonito, e
hac potestate et cotidie apud me causam come esploratore e censore segreto ha
dico. giudicato sui propri costumi. Io mi servo di
Cum sublatum e conspectu questa facoltà ogni giorno, presso di me
lumen est et conticuit uxor moris sostengo la mia causa. Quando il lume
iam mei conscia, totum diem viene tolto dallo sguardo e la moglie
meum scrutor factaque ac dicta già consapevole dei miei costumi,
mea remetior; nihil mihi ipse tace, esamino col pensiero tutta la
Quare enim
abscondo, nihil transeo. mia giornata e ripenso alle mie
quicquam ex erroribus meis timeam, cum azioni e a ciò che ho detto; non mi
possim dicere: "Vide ne istud amplius nascondo nulla, non passo sopra a
facias, nunc tibi ignosco. In illa
disputatione pugnacius locutus es: noli Perché dovrei temere qualcosa dai
niente.
postea congredi cum imperitis; nolunt miei errori quando posso dire: «Vedi di non
discere qui numquam didicerunt. Illum fare questa cosa in modo più grande, ora ti
liberius admonuisti quam debebas, itaque perdono. In quel discorso hai parlato con
non emendasti sed offendisti: de cetero grande ardore: non voler in seguito
vide, [ne] non tantum an uerum sit quod scontrarti con un incompetente; non
dicis, sed an ille cui dicitur ueri patiens vogliono imparare coloro che mai
sit: admoneri bonus gaudet, impararono. Ammonisti quello più di
pessimus quisque rectorem quanto dovevi, ma così non lo hai corretto,
ma offeso:vedi in futuro non tanto se non
asperrime patitur”. siavero ciò che dici, ma se quello a cui è
detto il vero non lo sopporti; l’uomo
buono gioisce dell’essere
rimproverato, ogni malvagio
sopporta molto faticosamente un che
lo corregge. 6
LO SCONTRO DELLA COSCIENZA
Ciò che però lega l'uomo a questo genere di riflessione è il a
senso di colpa
seguito di eventi sbagliati, in una sfera etica che rimane sempre quella individuale.
Ci sono eventi tragici però che hanno attraversato e colpito l'intera umanità non
solo per le conseguenze disastrose che hanno provocato vedi guerre e genocidi di
massa, ma ancor di più per l'incapacità dello stesso essere umano di non essere
stato in grado di intravedere negli errori del passato un insegnamento per il futuro.
Questo è il caso di Primo
partigiano ebreo nato a
Levi,
Torino il 31 luglio 1919, che
dopo la cattura ad opera della
Milizia Fascista, consegnato ai
Tedeschi nel '44 venne
deportato ad Auschwitz. Da qui
l'inizio della sua storia che da
un lato ha fatto emergere
aspetti positivi come la
sospensione di condanna a
morte da parte del governo
tedesco durante il suo
soggiorno nel lager o la sua
laurea in chimica che gli
permise di entrare nel laboratorio della Bruna.
Dall'altra parte però la tragica situazione e le difficoltà emerse durante il tragitto
nel ritorno a casa lo resero sempre più debole soprattutto moralmente; ciò che
vide e passò nel campo di concentramento, la morte di amici a lui cari tra i quali
lo stesso bresciano lo invase e lo distrusse a tal punto da
Alberto Dalla Volta,
portarlo al ipotetico suicidio l'11 aprile 1987.
Levi, mediante numerosi scritti invita gli esseri umani a riflettere su ciò che è
realmente accaduto nella speranza che eventi di questo tipo non vengano
dimenticati.
Tra le numerose pubblicazioni, ho deciso di prendere in esame il romanzo “Se
questo è un uomo” scritto tra il dicembre 1945 e il gennaio 1947, ed inseguito
rielaborato.
Lo stesso Levi diceva testualmente che il libro era nato fin dai giorni di lager per il
ed è scritto per
bisogno irrinunciabile di raccontare agli altri, di fare gli altri partecipi
soddisfare questo bisogno. 7
“Voi che vivete sicuri
Nelle vostre tiepide case,
Voi che trovate tornando a sera
Il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo”
Le riflessioni dell'autore permettono al lettore di immedesimarsi con il
protagonista ed affiancarlo idealmente nella sua esperienza. Per questo, la lettura
del libro è un'esperienza intensa per il lettore, il quale rivive insieme all'autore
tutta la sofferenza di quei giorni. Si tratta inoltre di una esperienza che porta alla
riflessione e che non di rado fa sorgere delle domande.
Non a caso sono proprio le domande che permettono all'uomo stesso di giungere