Concetti Chiave
- Giuseppe Parini, nato a Bosisio nel 1729, fu educato a Milano dove ereditò dalla zia con la condizione di diventare sacerdote.
- Parini entrò nell'accademia dei Trasformati di Milano, conciliando cultura moderna e illuminista, e lavorò come precettore presso famiglie nobili.
- Pubblicò poesie e scritti civili, tra cui "Mattino" e "Mezzogiorno", e divenne professore di Belle Lettere alla Scuola Palatina di Brera.
- Durante il regno di Giuseppe II, Parini visse un periodo di delusione e isolamento a causa delle politiche autoritarie sulla cultura.
- Parini, allontanato per le sue idee democratiche, morì nel 1799, lasciando il sonetto "Predaro i Filistei l’arca di Dio" come ultima opera significativa.
Giovinezza e formazione di Parini
Giuseppe Parini nasce a Bosisio nel 1729 da una famiglia di modeste condizioni: il padre era un commerciante di seta. Poco dopo i primi studi, egli si reca a Milano da una zia che muore precocemente e cede a lui l’intera eredità alla condizione che diventi sacerdote. A 22 anni lo diventa, continuando a coltivare un amore per la poesia: le sue prime pubblicazioni poetiche escono con lo pseudonimo di Ripano (anagramma di Parini) Eupilino (luogo vicino Bosisio).
Queste gli permisero l’ingresso all’accademia dei Trasformati di Milano il cui obiettivo era conciliare la cultura moderna con quella illuminista.Carriera e vita a Milano
Nel 1750 inizia a prestare servizio presso la casa del duca Serbelloni in funzione di precettore dei suoi figli. Grazie alla sua brillante intelligenza riesce ad inserirsi nell’ambiente nobiliare ed a conoscere l’aristocrazia milanese. In seguito ad una fastidiosa discussione con Maria Vittoria Ottoboni, colta duchessa moglie di Serbelloni, per via di un rimprovero al maestro di musica, Parini decide di licenziarsi. Diventa ben presto precettore di Carlo Imbonati (secondo marito di Giulia Beccaria): questo è il periodo in cui scrive una serie di odi dal forte sentimento civile, pubblica due poemetti storici in forma anonima ed anche il Mattino ed il Mezzogiorno. Nel 1778 gli viene offerta la cattedra di Belle Lettere alla Scuola Palatina dal Conte di Firmian: questa si trasferà nel palazzo di Brera di lì a poco, e si unì anche l’accademia delle Belle Arti. Parini si trovò quindi a stretto contatto con grandi pittori che seguirono la corrente del Neoclassicismo. E’ un periodo importante per la vita di Parini, viene richiesto per molti incarichi ufficiali, partecipa ad alcune commissioni scolastiche e diventa la tipica figura dell’intellettuale del periodo al servizio diretto dello stato.
Ultimi anni e riflessioni finali
E’ il periodo in cui Giuseppe II sconvolge le istituzioni e propone delle direttive autoritarie soprattutto sulla cultura, quasi come se non importasse. Deluso e ferito, Parini ha un momento di chiusura in sé stesso. Poco dopo però i Francesi riescono ad entrare a Milano e Parini viene richiamato a far parte della municipalità. Essendo eccessivamente democratico, viene però allontanato da ogni incarico e si ritira in uno sdegnoso isolamento. Immediatamente dopo l’arrivo degli Austriaci, Parini muore nel 1799. Famoso è il suo ultimo sonetto “Predaro i Filistei l’arca di Dio”, all’interno del quale lodava Dio per avere restituito Milano all’Austria e esortava gli Austriaci a non compiere nuove rapine e nuovi scempi.
Domande da interrogazione
- Qual è l'origine e la formazione di Giuseppe Parini?
- Come si sviluppa la carriera di Parini a Milano?
- Quali sono le esperienze di Parini negli ultimi anni della sua vita?
- Qual è il significato del sonetto finale di Parini?
Giuseppe Parini nasce a Bosisio nel 1729 da una famiglia modesta e si trasferisce a Milano per ereditare da una zia, diventando sacerdote e iniziando la sua carriera poetica.
Parini inizia come precettore presso la casa del duca Serbelloni, poi diventa precettore di Carlo Imbonati, scrive odi e poemetti, e ottiene la cattedra di Belle Lettere alla Scuola Palatina.
Durante il periodo di Giuseppe II, Parini si ritira in sé stesso, ma viene richiamato dai Francesi a Milano. Tuttavia, viene allontanato per le sue idee democratiche e muore nel 1799 dopo il ritorno degli Austriaci.
Il sonetto "Predaro i Filistei l’arca di Dio" esprime gratitudine a Dio per il ritorno di Milano all'Austria e avverte gli Austriaci di evitare ulteriori devastazioni.