Concetti Chiave
- Alfieri critica la tirannide descrivendola come una monarchia dove il sovrano è al di sopra delle leggi, e denuncia il dispotismo illuminato che sopprime l'eroismo popolare.
- Identifica le basi del potere tirannico nella nobiltà, nell'esercito e nella casta sacerdotale, strumenti del sovrano per mantenere il controllo.
- Due figure centrali emergono nelle sue opere: il tiranno e l'uomo libero, entrambi accomunati dall'affermazione della propria individualità.
- Nel "Misogallo", Alfieri esprime un odio verso la Rivoluzione francese e i ceti borghesi, temendo che contaminino l'ideale di libertà con una nuova tirannide.
- Alfieri auspica che l'Italia possa risorgere come nazione unita e libera, distanziandosi dal cosmopolitismo illuministico e anticipando idee nazionali del 1800.
Indice
Critica alla tirannide e dispotismo
Breve trattato scritto nel 1777, in parallelo con gli inizi della produzione tragica, caratterizzato da un impeto passionale.
Alfieri definisce la tirannide come ciascuna monarchia in cui il sovrano è posto sopra le leggi e conduce un’aspra critica al dispotismo illuminato e riformatore, ovvero le tirannidi moderate che addormentano i popoli, peggio ancora di quelle estreme perché in queste ultime scaturiscono gesti eroici, come l’insurrezione del popolo alla conquista della libertà.
Fondamenti del potere tirannico
Quindi determina le basi su cui si fonda il potere tirannico e le individua:
− Nella nobiltà, sfruttata come strumento del sovrano
− Nell'esercito, che opprime le ribellioni dei sudditi
− Nella casta sacerdotale, che educa alla cieca obbedienza
→ Riferimento Ipse Dixit Galileo
Comportamento sotto la tirannide
Individua il comportamento dell’uomo sotto il governo della tirannide:
− Può decidere di ritirarsi dalla vita sociale o in estremo giungere al suicidio
− Può lottare contro il tiranno, anche in questo caso andando in contro alla morte
Nell’opera vengono delineate 2 figure principali:
• Tiranno
• Liber ’uomo
Paradossalmente queste 2 figure sono molto simili fra loro, infatti entrambi tendono all’affermazione della propria individualità sopra tutto il resto.
Ammirazione e insurrezione
Dunque, Alfieri ripone una segreta ammirazione anche nei confronti del tiranno che incarna l’uomo libero per eccellenza, seppur mostrandone tutti gli aspetti negativi.
Alfieri ritiene l’insurrezione l’unica arma che garantisca la libertà tanto che afferma che lui stesso “abbandonerebbe la penna per la spada” e ripropone il tema nella maggior parte delle sue opere, ad esempio nella Congiura dei Pazzi, scritta nel 1788, che ha come incipit “Libertà, libertà è la mia battaglia” frase divenuta simbolo della figura alfieriana
Declino dell'impeto rivoluzionario
Nelle opere successive alla Tirannide l’impeto rivoluzionario di Alfieri diminuisce al punto tale che spera che il tiranno deponga spontaneamente il proprio potere, donando la libertà ai cittadini.
Dialogo in cui consiglia all’uomo libero di rinunciare alla azione e rassegnarsi alla sdegnosa solitudine.
Alfieri analizza il rapporto tra l’intellettuale e il potere assoluto: ritiene che l’uomo libero debba rinunciare all’impegno politico per dedicarsi alla scrittura. In quest’opera si sottolinea il distacco totale dalla realtà
Rivoluzione francese e borghesia
Alfieri a seguito della Rivoluzione francese comprende che l’avanzata dei ceti borghesi rappresenta una minaccia, con la loro avidità di potere e ricchezze, e contaminerà il purissimo ideale di libertà, instaurando una tirannide peggiore rispetto a quella della monarchia (intaccava gli interessi della classe aristocratica a cui apparteneva)
Misogallo e odio antirivoluzionario
Tale odio antirivoluzionario è espresso nel Misogallo, opera scritta in prosa e intermediata dalla poesia nei passi in cui vuole enfatizzare il messaggio.
Il titolo deriva dal greco Misein, che significare odiare e Gallo, in riferimento ai Francesi la cui regione di appartenenza era detta la Gallia.
L’odio è verso:
− Rivoluzione
− Ceti borghesi
− Principi illuministici
Speranza per l'Italia futura
Da quest’odio nasce la speranza che l’Italia un giorno risorga “virtuosa, magnanima, libera e una” accentuando un tono profetico. Si inizia a delineare l’idea di Nazione in antitesi con il cosmopolitismo illuministico
→ Collegamento Nazione demos e ethos, nazionalismo e idee del 1800
Domande da interrogazione
- Qual è la definizione di tirannide secondo Alfieri?
- Quali sono i fondamenti del potere tirannico secondo Alfieri?
- Come descrive Alfieri il comportamento dell'uomo sotto la tirannide?
- Qual è l'opinione di Alfieri sull'insurrezione?
- Come cambia l'impeto rivoluzionario di Alfieri nelle sue opere successive?
Alfieri definisce la tirannide come una monarchia in cui il sovrano è posto sopra le leggi, criticando il dispotismo illuminato che addormenta i popoli.
Alfieri individua i fondamenti del potere tirannico nella nobiltà, nell'esercito e nella casta sacerdotale, che servono il sovrano e opprimono i sudditi.
Alfieri descrive che l'uomo sotto la tirannide può ritirarsi dalla vita sociale, lottare contro il tiranno o giungere al suicidio, con il tiranno e il liber'uomo che paradossalmente si somigliano.
Alfieri considera l'insurrezione l'unica arma per garantire la libertà, tanto da affermare che abbandonerebbe la penna per la spada, come espresso nella "Congiura dei Pazzi".
Nelle opere successive, l'impeto rivoluzionario di Alfieri diminuisce, sperando che il tiranno deponga spontaneamente il potere e consigliando all'uomo libero di dedicarsi alla scrittura.