
Una nuova polemica si è accesa sul tema dell’integrazione scolastica. il caso specifico è quello di Mestre, in una scuola primaria già conosciuta per l’alta percentuale di studenti con un background migratorio.
Questa volta, però, i numeri sono veramente importanti: su 61 "primini" iscritti, che quindi inizeranno le elementari, solo una decina ha la cittadinanza italiana. Ancora più significativo è il fatto che di questi, soltanto due hanno genitori italiani da più generazioni.
Un’enorme concentrazione di alunni stranieri che, secondo alcuni, potrebbe mettere a rischio l'integrazione che la scuola ha faticosamente costruito negli anni. Una situazione, dunque, che ha messo subito l'accento sulla distribuzione degli studenti stranieri negli istituti della città.
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L'etichetta di "scuola ghetto"
Nonostante l'attuale dibattito, l’istituto ha sempre rifiutato l’appellativo di “scuola ghetto”. Al contrario, si è distinta in passato come un modello di integrazione e un crocevia di culture diverse, situata in un quartiere multietnico, a poca distanza dalla stazione ferroviaria.
Nella formazione delle classi, i criteri seguiti non riguardano la nazionalità degli studenti, ma piuttosto alla distribuzione tra maschi e femmine (per evitare sezioni sbilanciate), al livello di competenze e alla distribuzione dei nuovi arrivi in Italia. Per questi ultimi, la scuola ha sempre offerto percorsi specifici di accoglienza e supporto linguistico.
Il rischio boomerang
L'impegno fino ad ora non è però bastato. Infatti, quest’anno sono emerse le prime preoccupazioni ufficiali all'interno della scuola. “Da tempo poniamo in evidenza come la concentrazione sostanzialmente monoculturale degli alunni che non sono "italofoni" meriti davvero una attenta riflessione su scala cittadina”, ha spiegato il presidente del Consiglio d’istituto.
Il Consiglio è convinto che un contesto così controindicato possa ostacolare l’integrazione dei bambini nel Paese in cui vivono. Questo può accadere persino in una scuola che pure si è sempre distinta per la sua eccellente offerta formativa e per la reale capacità di accoglienza dei neoarrivati.
La discussione, inoltre, è stata acuita anche dalle divergenze interne riguardo alla creazione della “sesta classe” alla scuola media, una sezione composta da soli bengalesi. Il vero timore è che l’eccellente modello di integrazione mostrato in questi anni si trasformi in un boomerang al contrario.
Dove sono finiti gli italiani?
La domanda che circola tra i genitori è proprio: “Dove sono i bambini italofoni?”. Le famiglie italiane non sono sparite dal quartiere, ma sembra che stiano iscrivendo i propri figli altrove.
La causa sembra essere l'abolizione della regola dello stradario, che imponeva l'iscrizione alla scuola più vicina alla residenza. Questo vuol dire che i residenti "storici" del quartiere tendono a scegliere istituti con percentuali più basse di alunni stranieri.
Una polemica politica mediatica
La questione, inevitabilmente, ha varcato i cancelli della scuola, trasformandosi in una polemica politica mediatica. Il presidente del Consiglio di istituto ha annunciato che chiederà un incontro con gli assessori comunali: “Il tema è complesso e va affrontato con serietà insieme alle autorità competenti, ossia l’amministrazione comunale”.
La risposta dell'assessora alle Politiche educative, dopo il consiglio comunale, è stata piccata: “Trovo singolare che il Consiglio di istituto si faccia sentire solo a poche settimane dalla scadenza del proprio mandato, quando in questi cinque anni la mia presenza in quella scuola è stata costante e concreta”.
L'assessora ha accusato il presidente, anche segretario del circolo PD locale, di aver sollevato “una polemica politica generale più che una proposta costruttiva precisa”.
L’assessora ha perciò difeso l'operato dell'amministrazione: “Ha sempre lavorato, assieme alla dirigenza scolastica stessa, per un’integrazione sana, che passa dalla conoscenza della lingua, delle leggi e della nostra storia”. Ha concluso: “Rivendico queste azioni perché l’inclusione non si costruisce con uscite mediatiche ma con lavoro quotidiano, silenzioso e concreto”.
Gli studenti stranieri nelle scuole italiane
Il caso di Mestre è un esempio che dimostra come la popolazione scolastica italiana sta vivendo una profonda trasformazione. Nell'anno scolastico 2024/2025, circa 865mila studenti, che rappresentano il 12,2% del totale, ovvero uno su otto, non possedeva la cittadinanza italiana. Un dato che si è quadruplicato in appena vent’anni.
È quanto emerge dal Rapporto “Chiamami col mio nome” di Save the Children, che sottolinea come, nonostante l'impegno, il sistema scolastico nazionale faccia fatica a rispondere alle sfide educative.
Il fenomeno è ormai strutturale e radicato: 3 studenti su 5 (il 65,4%) sono nati nel nostro Paese. A livello geografico, la presenza è fortemente polarizzata: la Lombardia guida la classifica in termini assoluti con più di 231mila alunni, ma è l’Emilia-Romagna la regione con l'incidenza percentuale maggiore (18,4%), seguita da Lombardia (17,1%) e Veneto. All’estremo opposto, regioni del Sud come Molise, Puglia, Campania e Sardegna non superano la soglia del 4% di alunni senza cittadinanza.