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Occupazione scuola Roma

A Roma le occupazioni scolastiche stanno mettendo in subbuglio molti istituti e anche tanti studenti. Non tutti, infatti, condividono la scelta di occupare la scuola. Anzi, c'è chi ha deciso di alzare la voce per dire basta.

La miccia è stata accesa al liceo Augusto di Roma, occupato dal 7 ottobre. È da lì che è partita una petizione, pubblicata su Change.org, per fermare l'occupazione e tornare in classe. 

Il testo della raccolta firme è durissimo e non usa mezzi termini per criticare l'iniziativa: “Noi, studenti del liceo Augusto vogliamo esprimere con fermezza la nostra opposizione all’occupazione dell’istituto attualmente in corso e dissociarci completamente da questa iniziativa, che riteniamo ingiusta, dannosa e soprattutto poco democratica”.

L'occupazione dunque, secondo questi studenti, non sarebbe stata decisa in modo trasparente e inclusivo, ma imposta "da una minoranza appartenente al collettivo, che ha agito senza consultare in modo equo l’intera comunità scolastica”.

Una minoranza che, secondo i firmatari, non può imporre la sua scelta a tutti, causando "conseguenze pesanti" per l'intera popolazione scolastica.

Indice

  1. L'appello a liberare la scuola
  2. I casi di Roma
  3. Il testo della petizione

L'appello a liberare la scuola

La richiesta avanzata con la petizione online da una parte degli studenti del liceo romano non è, però, un'opposizione netta alla protesta, ma un invito a esercitare il diritto di espressione senza danneggiare il diritto allo studio.

“Ciò che contestiamo - si legge nel documento - non è la libertà di esprimere idee o di chiedere cambiamenti: quella è e rimane un diritto sacrosanto. Ciò che riteniamo inaccettabile è che una scelta non condivisa venga imposta all’intera popolazione scolastica, con conseguenze pesanti per tutti”. 

Tra queste conseguenze, i firmatari sottolineano che “si stanno perdendo preziose ore di lezione, fondamentali per il percorso formativo di ogni studente; gli studenti delle classi quinte vedono compromessa la loro preparazione all’esame di maturità, che rappresenta un traguardo decisivo; i viaggi di istruzione e le attività programmate rischiano di essere annullati definitivamente; eventuali momenti di autogestione, che avrebbero potuto essere un’occasione di dialogo e partecipazione, vengono inevitabilmente cancellati”.

A questo si aggiunge un problema di fiducia e collaborazione, poiché l'occupazione "deteriora il rapporto di fiducia e collaborazione tra studenti, docenti e dirigenza, fondamento di una convivenza civile e costruttiva”.

I casi di Roma

La Capitale è il cuore di questa ondata di proteste, con l'occupazione del liceo Augusto che si inserisce in una lista già nutrita. Il giorno stesso in cui gli studenti sono entrati all’Augusto, lo stesso copione si è ripetuto anche al Plauto e all’Enzo Rossi. Inoltre, il giorno precedente, altri tre licei di Roma erano già stati occupati: il Kant, il Tullio Levi-Civita e il Plinio Seniore.

Al centro di tutte queste mobilitazioni c'è soprattutto la questione della Palestina. Il collettivo Osa (costola liceale di un'organizzazione di ispirazione comunista) ha spiegato che si tratta di “occupazioni con un consenso di massa incredibile fra gli studenti e che si estende anche a genitori e professori, dato non scontato”.

A dare il via alle danze, il 24 settembre, erano stati gli studenti del Rossellini, occupando la succursale. Subito dopo, si erano uniti alla protesta anche il Cavour e il Socrate.

Il testo della petizione

"Noi, studenti del Liceo Augusto, vogliamo esprimere con fermezza la nostra opposizione all’occupazione dell’istituto attualmente in corso e dissociarci completamente da questa iniziativa, che riteniamo ingiusta, dannosa e soprattutto poco democratica. L’occupazione non è stata decisa con un confronto reale e trasparente tra tutti gli studenti, ma imposta da una minoranza appartenente al collettivo, che ha agito senza consultare in modo equo l’intera comunità scolastica.

Una decisione di questa portata non può e non deve essere presa da pochi, perché la scuola appartiene a tutti: a chi vuole manifestare, ma anche  e soprattutto  a chi vuole continuare a studiare, a imparare e a vivere la scuola in modo sereno e rispettoso. Ciò che contestiamo non è la libertà di esprimere idee o di chiedere cambiamenti: quella è e rimane un diritto sacrosanto. Ciò che riteniamo inaccettabile è che una scelta non condivisa venga imposta all’intera popolazione scolastica, con conseguenze pesanti per tutti. In questi giorni, infatti, a causa dell’occupazione: si stanno perdendo preziose ore di lezione, fondamentali per il percorso formativo di ogni studente; gli studenti delle classi quinte vedono compromessa la loro preparazione all’esame di maturità, che rappresenta un traguardo decisivo; i viaggi di istruzione e le attività programmate rischiano di essere annullati definitivamente; eventuali momenti di autogestione, che avrebbero potuto essere un’occasione di dialogo e partecipazione, vengono inevitabilmente cancellati; si deteriora il rapporto di fiducia e collaborazione tra studenti, docenti e dirigenza, fondamento di una convivenza civile e costruttiva.

Un’occupazione non può essere considerata uno strumento di libertà se nega la libertà altrui. Non è democrazia quella in cui pochi decidono per tutti, né è giustizia quella che crea divisione, disagio e perdita di opportunità. Il dissenso si può e si deve esprimere, ma con rispetto, dialogo e responsabilità, non attraverso azioni che bloccano la vita scolastica e penalizzano l’intera comunità. Per questo chiediamo con decisione: l’immediata disoccupazione del Liceo Augusto; il ripristino dell’ordine e delle lezioni nel più breve tempo possibile; l’apertura di un vero spazio di confronto tra studenti, rappresentanti e corpo docente, in cui poter discutere problemi e proposte in modo maturo, aperto e realmente partecipato

Crediamo che la forza di una scuola non stia nell’imposizione, ma nel dialogo. Vogliamo un Augusto dove si possa discutere, protestare, proporre  ma sempre nel rispetto reciproco e nella legalità. Occupare non significa partecipare: partecipare significa costruire insieme, con responsabilità e senso civico. Noi vogliamo tornare a farlo. Per questo chiediamo che il nostro liceo torni a essere una scuola viva, libera e aperta al confronto  non un luogo chiuso e diviso da scelte imposte".

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