
Momenti di paura quelli vissuti da un professore e da un’intera classe in un istituto superiore di Torino. Uno degli alunni, un ragazzo di 15 anni, all'improvviso ha tirato fuori dallo zaino una pistola, una semiautomatica finta a cui aveva tolto il tappo rosso, per farla sembrare vera.
Poi, con il braccio teso, l'ha alzata e l'ha puntata in faccia al suo professore di matematica. Prima di mirare, ha compiuto un altro gesto inquietante: ha "scarrellato", muovendosi come se stesse per caricare l’arma e prepararsi a sparare.
Il docente, ignaro che fosse un giocattolo, è rimasto paralizzato dalla paura temendo il peggio. Tutta la classe ha trattenuto il fiato, immersa in un silenzio assoluto. Il 15enne, alla fine, ha abbassato l’arma ed è tornato a sedersi. Non avrebbe pronunciato nessuna minaccia verbale.
L'insegnante, troppo scosso, si è confidato solo con la dirigente della scuola, da cui è partita la chiamata alla Polizia.
La denuncia allo studente
Passata circa mezz’ora dal fatto, nell'istituto della periferia nord di Torino sono arrivate diverse volanti. Gli agenti hanno prelevato lo studente e lo hanno accompagnato a casa, dove hanno effettuato una perquisizione domiciliare per accertare che non ci fossero altre armi giocattolo.
L'alunno è stato denunciato per minacce e poi riconsegnato ai genitori. La sua giustificazione? "Era solo uno scherzo, la pistola è finta…". Un concetto che il giovane ha continuato a minimizzare, anche nei discorsi con i compagni, ribadendo come l'arma fosse "soltanto un giocattolo" e che, a suo dire, non aveva fatto "niente di grave".
Nonostante le sue parole, però, nei confronti del 15enne scatteranno inevitabili provvedimenti disciplinari disposti dalla scuola. In attesa di capire come si svilupperà la vicenda dal punto di vista giudiziario.
Alunni sempre più difficili da gestire
Quando le volanti si sono allontanate, tra le aule è rimasto un senso di incredulità e tanta paura tra i professori. Anche perché l’istituto si trova in un territorio particolare del capoluogo piemontese, al confine tra i complessi quartieri di Barriera di Milano e Borgo Vittoria.
I docenti, da tempo, sentono che la situazione sta precipitando. Un insegnante, che preferisce restare anonimo, rivela a ‘La Stampa’: "Da almeno tre anni notiamo che gli alunni più piccoli sono sempre più difficili da gestire".
Il clima è teso anche fuori dalle mura scolastiche. Un’altra docente racconta di episodi di microcriminalità giovanile: "Chiedono sotto minaccia dieci euro oppure addirittura il cellulare". E aggiunge un dato che fa riflettere: in una sua classe, "su venti hanno alzato la mano in sei" quando ha chiesto chi avesse vissuto episodi simili.
Una minaccia crescente
Questo gesto sconsiderato arriva a pochi giorni di distanza da un altro grave episodio: una “spedizione punitiva” di giovani contro un maestro di un'altra scuola, accusato di aver alzato le mani sugli alunni. Siamo di nuovo a Barriera di Milano, in un contesto dove operare per chi fa scuola è sempre più difficile.
Un docente si sfoga, sottolineando il carico insostenibile: "A noi vengono richieste capacità che non abbiamo, dobbiamo essere psicologi, assistenti sociali, educatori e forse infine possiamo trasmettere un po’ di conoscenza". Il rispetto delle regole vacilla, specie quando, come spiega l’insegnante, i voti negativi che vengono dati sono visti come un "torto enorme" e non come un’occasione di autocritica.
Simona Sacchero, segretaria provinciale Cisl Scuola Torino e Canavese, conferma la gravità: "Le periferie sono contesti complicati" e "l’aggressività giovanile si fa sentire sempre di più". La complessità è in aumento, arrivando alla conclusione è che ai margini delle città "servono più risorse umane, più formazione e più risorse economiche".