Imma Ferzola
Autore
Supplente in sciopero della fame

Un caso esploso in una scuola dell’Emilia Romagna riporta al centro dell’attenzione il tema dei ritardi nei pagamenti dei supplenti brevi e saltuari. Un docente ha, infatti, deciso di iniziare uno sciopero della fame, dopo mesi di lavoro svolto senza aver percepito alcuno stipendio. La protesta estrema è stata comunicata anche al suo medico, con l’intenzione di sensibilizzare l’opinione pubblica su una condizione vissuta da migliaia di insegnanti.

“Mi dispiace, io senza stipendio non ce la faccio più. Non posso continuare a chiedere soldi ai conoscenti e a mia zia invalida, per poter pagare l’affitto e per le altre spese da fuorisede”, dice il docente, spiegando di aver accumulato debiti difficili da saldare “se e quando arriveranno gli stipendi di questi mesi di lavoro in cui non ho percepito un euro”.

Da qui l'annuncio: “Da oggi non mi alimenterò più e se succederà qualcosa chi è responsabile di questa situazione si prenderà le proprie responsabilità”.

Indice

  1. Da dove nasce il problema dei pagamenti?
  2. La richiesta di chiarimenti
  3. La decisione di scioperare 

Da dove nasce il problema dei pagamenti?

La questione non è nuova. I supplenti con contratti brevi lamentano da anni ritardi molto lunghi nella retribuzione, con ricadute pesanti sulle condizioni di vita.

Lo scorso 26 novembre il Ministero dell’Istruzione e del Merito aveva convocato un “tavolo semplificazione” per rivedere le procedure di pagamento, dopo aver comunicato già settimane prima di avere stanziato una copertura finanziaria ritenuta “importante”, con l’obiettivo di saldare gli stipendi arretrati entro dicembre.

La realtà, tuttavia, continua a mettere in difficoltà molti lavoratori. Il docente racconta: “Ho preso servizio la prima settimana di ottobre e vivo grazie alla pensione di mia zia disabile al cento per cento. Ho inoltre accumulato 2800 euro di debiti tra conoscenti”.

Stando al suo racconto, inoltre, la sede sindacale locale gli avrebbe già anticipato che i pagamenti potrebbero slittare al nuovo anno. “Avendo 47 anni, una laurea, un master e una ricerca scientifica alle spalle, mi aspetterei un po’ di più poiché si rischia di ledere la dignità umana nel non retribuire”, lamenta il professore.

La richiesta di chiarimenti

L'insegnante spiega di aver contattato tutte le istituzioni competenti: “Ho scritto ai sindacati, ho scritto al Provveditorato, al Ministero e per conoscenza anche alla segreteria del Presidente della Repubblica. Un lavoratore che non viene pagato per il lavoro che ha svolto? Ma che senso ha?”. Ricordando, poi, di aver svolto sempre tutte le attività richieste: lezioni, verifiche e programmazione.

“Lo Stato - prosegue - ha bisogno di supplenti per far funzionare la scuola, ci convoca e prendiamo servizio. In quale altro settore lavorativo si deve attendere mesi prima di percepire lo stipendio?”.

La frustrazione dell'uomo nasce soprattutto dal confronto con gli altri docenti di ruolo: “Quando sento i colleghi che parlano di tredicesima, di avere appena ricevuto seicento, mille euro e più, mentre io devo chiedere a mia zia invalida dei soldi in prestito, avverto un sentimento di annientamento del senso di umanità”.

La decisione di scioperare 

Ora la sua decisione è definitiva: “Non mangerò più finché non mi sarà data una risposta. Non mangerò nel senso stretto del termine e chi è responsabile si prenderà le proprie responsabilità per quel che eventualmente dovesse succedere”. 

A pesarecome un macigno sul suo stato psicologico è un senso di ingiustizia profonda: “I Padri Costituenti ci hanno lasciato principi secondo cui l’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro e che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale. Ora invece c’è una situazione per cui tu lavori e io non ti pago e intanto ti arrangi e sono fatti tuoi”.

Uno sciopero della fame, il suo, che andrà avanti a oltranza e si interromperà solo nel momento in cui riceverà un riscontro concreto.

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