
Poche cose sono sicure nella vita di uno studente. Tra queste, c’è la quasi certezza di rientrare a scuola dalle vacanze di Natale e trovare le classi gelide. Anno dopo anno, tra termosifoni rotti o accesi per poche ore, i classici “spifferi” da infissi malfunzionanti, finestre aperte per favorire il ricircolo dell’aria e scongiurare il proliferare dei virus tra i ragazzi, ecco che la borsa dell’acqua calda tra i quaderni diventa l’accessorio di tendenza a cui difficilmente gli alunni delle nostre scuole rinunciano.
Succede soprattutto nelle zone d’Italia generalmente più fredde, dove stavolta le temperature si sono irrigidite proprio al momento del suono della campanella dopo le feste. Ma anche in quelle aree dove di solito il clima era temperato e oggi, invece, capitano fenomeni meteorologici estremi che mettono fuori gioco la tenuta termica di edifici costruiti anni fa e pensati per fronteggiare situazioni ben diverse.
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Il punto di vista del dirigente scolastico
Secondo un recente sondaggio di Skuola.net più di uno studente su due, complessivamente, si è lamentato per un ambiente scolastico in cui si registra un clima inadatto per poter svolgere serenamente le lezioni. Tanto che molti lasciano sulle spalle il cappotto, quando non arrivano a portarsi da casa il plaid. Ed è lo stesso portale di riferimento per la scuola ad aver intervistato Cristina Costarelli, presidente dell’Associazione Nazionale Presidi del Lazio, che ha spiegato quali problematiche incontrano gli istituti quando si parla di riscaldamento. Un tema che molto spesso si lega a quelli che parlano di strutture scolastiche ormai datate, di difficoltà di manutenzione e di esigenze di risparmio economico.
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