
Una cruciale decisione della Corte di Cassazione - Sezione Lavoro, sentenza n. 28904 del 1° novembre 2025) - interviene in modo definitivo su una questione spinosa per il mondo scolastico: la legittimità della dispensa dal servizio di una docente che non ha superato il periodo di formazione e prova per due anni consecutivi.
Il provvedimento non si è limitato, infatti, a convalidare il licenziamento della docente in questione, ma ha anche fornito importanti chiarimenti sulla natura giuridica dell'anno di prova, delineando l'ampiezza del potere valutativo dell'amministrazione scolastica.
La sentenza pone, inoltre, precisi limiti alla possibilità per il docente di contestare il giudizio negativo, soprattutto quando la decisione è supportata da un quadro documentale ampio e convergente.
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La doppia bocciatura
La protagonista di questa vicenda legale è una professoressa, che insegnava Diritto ed Economia, alla sua prima esperienza stabile dopo l'assunzione. Il primo anno di prova, per lei, si è però concluso con un giudizio negativo sia da parte del Dirigente che del Comitato di valutazione.
La legge, a questo punto, concede una seconda possibilità: ripetere l’anno di prova nella stessa scuola. Purtroppo, però, anche il secondo anno si è chiuso con lo stesso amaro risultato: giudizio sfavorevole all'unanimità, stavolta anche con il contributo di ispettori tecnici.
L'amministrazione scolastica, a quel punto, non ha avuto altra scelta e ha proceduto con la dispensa dal servizio. Ma la professoressa ha deciso di non arrendersi e ha impugnato il provvedimento, dando il via a una lunga trafila giudiziaria.
Inizialmente il Tribunale, in primo grado, le ha dato ragione, ritenendo illegittima la dispensa. La Corte d’Appello ha, però, riformato la decisione e confermato la legittimità del recesso. L'iter si è poi concluso davanti alla Cassazione, con il rigetto definitivo del ricorso.
La valutazione non come punizione
Con la sentenza, la Corte ha messo in chiaro un concetto chiave per tutti gli aspiranti prof: la dispensa dal servizio per un periodo di prova fallito non ha natura disciplinare. In altre parole, non è una punizione per una singola colpa.
Si tratta, invece, di un atto discrezionale, ovvero di una valutazione complessiva sull’idoneità di un docente a svolgere in modo adeguato la funzione di insegnante. Questo è un punto centrale, perché il giudice non può rifare la valutazione da capo e sostituirsi ai docenti e al dirigente.
Il controllo si limita a verificare che non ci siano state discriminazioni, arbitrarietà o violazioni procedurali gravi. La Corte ha, infatti, sottolineato: spetta al dipendente l'onere di dimostrare l'inadeguatezza della prova svolta o il carattere discriminatorio o ritorsivo del recesso.
Il peso della documentazione
Nel ricorso, la professoressa ha provato a far leva su presunte violazioni procedurali, come il mancato rispetto dei termini di preavviso per il colloquio finale, stabiliti dal Decreto ministeriale n. 850 del 2015.
La Cassazione, però, ha respinto questa tesi, spiegando che quel decreto non è una vera e propria legge (non ha natura regolamentare), ma un atto di direttiva amministrativa. Per questo, un'irregolarità procedurale marginale non può, da sola, annullare un giudizio negativo che è supportato da ragioni sostanziali, analitiche e motivate.
Il vero punto focale, ribadiscono i giudici, è la tenuta complessiva della valutazione di inidoneità. Le relazioni delle due tutor, degli ispettori e del Comitato, infatti, risultavano ampie, coerenti e concordi nel descrivere gravi e persistenti criticità nelle competenze richieste, come carenze in ambito culturale, relazionale, didattico e nell’adempimento dei doveri d’ufficio.
Il giudizio finale
La sentenza n. 28904 del 2025 si configura, perciò, come un punto di riferimento per l'intero sistema scolastico italiano. Una conferma per i dirigenti scolastici e i Comitati di valutazione, che il giudizio finale sul periodo di prova dei docenti deve poggiare su una documentazione rigorosa, coerente e completa.
La sentenza chiarisce inoltre che, qualora questi elementi essenziali siano presenti e la motivazione del provvedimento risulti solida, eventuali irregolarità marginali nella scansione procedurale non saranno sufficienti a invalidare o ribaltare la decisione finale.
La decisione, infine, sottolinea a tutti i futuri docenti che il periodo di prova non è un semplice passaggio formale, ma il momento in cui si verifica la reale idoneità ad assumere stabilmente il ruolo.
La valutazione non si ferma, dunque, alla preparazione disciplinare, ma tocca anche la capacità di gestire la classe, progettare le lezioni, comunicare efficacemente e persino rispettare le scadenze.