
Un diverbio acceso tra un docente e il dirigente scolastico è finito con un procedimento disciplinare. Una vicenda che è andata avanti fino a raggiungere la Corte di Cassazione. Il professore avrebbe contestato al preside la scelta di non chiudere l'istituto durante la giornata di sciopero. Da qui la sanzione da parte della scuola. Cosa che ha indotto l'insegnante a rivolgersi al Tribunale, per far valere i suoi diritti.
I giudici, inizialmente, hanno dato ragione al dirigente, ritenendo la sanzione proporzionata. Tuttavia, la Cassazione ha messo in discussione l'intera procedura. Il motivo? Una questione di competenza e di sanzioni massime previste per i docenti.
lo scontro davanti agli alunni
La Corte territoriale (il giudice di secondo grado, prima della Cassazione) aveva ritenuto che la colpa del professore fosse provata. Aveva stabilito che la condotta rientrava tra quelle punibili con la sospensione dal servizio e dalla retribuzione fino a 10 giorni, perché il docente non si era limitato a esercitare il suo "legittimo esercizio del diritto di critica".
Secondo i giudici si era rivolto al dirigente con "toni irriguardosi e tenendo un atteggiamento aggressivo". Ma c'è un dettaglio fondamentale che ha aggravato la posizione del professore: l’episodio si era svolto "in presenza di alunni".
Per la Corte territoriale, questa condotta aveva minato la "credibilità della funzione direttiva", trasformando un semplice disaccordo in un vero e proprio atto di insubordinazione, sanzionabile con la sospensione. Tutto sembrava finito, con la sanzione confermata. Eppure, la Cassazione ha ribaltato il verdetto concentrandosi su un dettaglio tecnico.
La Cassazione annulla la sanzione
L'ultimo grado di giudizio, infatti, ha dato ragione al docente. Non, però, sul merito dell'episodio. Il punto cruciale è la competenza di chi ha irrogato la sanzione, ricordando un principio di diritto ormai consolidato: “L’attribuzione della competenza al Dirigente della struttura cui appartiene il dipendente o all’Ufficio per i procedimenti disciplinari, ai sensi dell’art. 55-bis d.lgs. n. 165 del 2001, si definisce esclusivamente sulla base delle sanzioni edittali massime stabilite per i fatti quali indicati nell’atto di contestazione e non sulla base della misura che la P.A. possa prevedere di irrogare”.
Nel caso dei docenti, il CCNL (Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro) del 2007, a cui si deve fare riferimento, non prevede la sanzione della sospensione sino a un massimo di dieci giorni. Questa è prevista solo per il personale ATA (Amministrativo, Tecnico e Ausiliario). Le sanzioni massime per i docenti sono diverse:
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la censura;
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la sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio fino a un mese;
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la sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio da oltre un mese a sei mesi;
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la sospensione dall’insegnamento o dall’ufficio per un periodo di sei mesi e l’utilizzazione, trascorso il tempo di sospensione, per lo svolgimento di compiti diversi da quelli inerenti alla funzione docente o direttiva;
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la destituzione.
Non esistendo quella di 10 giorni, il dirigente scolastico non era competente. Per questo motivo, la sentenza precedente è stata giudicata "non conforme al richiamato principio" e perciò la Corte di Cassazione l'ha annullata, rinviando il caso a una nuova valutazione.