
Il 5 maggio 2015 le piazze di Roma, Cagliari, Milano, Catania e Bari sono state invase dai manifestanti che hanno espresso il loro dissenso sulla riforma della scuola. In piazza sono scesi non solo i professori e i lavoratori che hanno partecipato allo sciopero generale indetto dai sindacati, ma anche gli studenti.
Il portale Skuola.net ha condotto una ricerca online chiedendo a 2000 ragazzi provenienti dalle scuole medie, superiori e dall’università le loro opinioni sulla protesta.MANIFESTARE, MA PERCHE'? - Il campione si è spaccato a metà: ben il 45% si è unito alla mobilitazione, ma di questi 1 su 4 ha confermato il luogo comune che vuole che gli studenti scendano in piazza senza informarsi a sufficienza sulle sue ragioni, dichiarando di non saperne nulla. Tuttavia, il 60% circa era al corrente che lo sciopero fosse stato organizzato contro la riforma della scuola “La Buona Scuola”. Un 16% circa, invece, pur conoscendo le motivazioni, le considera “roba da prof” lontane dalla realtà studentesca. Circa il 2% pensava inoltre che la protesta si concentrasse per lo più sulle prove Invalsi, che pur essendo uno dei temi difficili della scuola, non è stato di certo l’unico motivo dello sciopero. La protesta ha però reso necessaria la posticipazione della prova Invalsi della scuola primaria e secondo i dati ben il 43% si dimostra contrario al test. La partecipazione più forte riguarda il sud Italia. Filtrando i dati per provenienza, emerge che i ragazzi del meridione hanno partecipato più dei ragazzi del nord. E sono di nuovo i ragazzi delle regioni del sud ad essere particolarmente informati sulle proteste rispetto a quelli del nord, che invece confessano di non essere preparati.
CONTRO LA BUONA SCUOLA - Da quanto emerge dall’indagine, il motivo che ha spinto i ragazzi più consapevoli a prendere parte alle mobilitazioni del 5 maggio è soprattutto il testo della riforma della scuola. Non va giù la nuova figura manageriale del preside, che raccoglie la piena contrarietà di quasi 2 su 5. Subito dopo vengono i finanziamenti privati alla scuola pubblica e l’alternanza scuola - lavoro a partire dai 15 anni, che secondo alcune voci della protesta non sarebbe regolata in maniera abbastanza chiara.
PROF PRO E CONTRO - I professori fanno la loro parte. Circa il 60% dei ragazzi dichiara che i propri prof sono apertamente favorevoli alle ragioni della protesta. La percentuale è composta da chi ha prof favorevoli che però non hanno cercato di coinvolgere gli alunni (40% circa) e da chi ha prof che hanno addirittura chiesto ai ragazzi di scendere in piazza insieme a loro (20%). Gli studenti dai prof contrari alla mobilitazione risultano pochi, solo 1 su 10, e maggiormente concentrati al nord piuttosto che a sud d’Italia, dove invece è più alta che altrove la percentuale di studenti che sostengono che i loro prof li abbiano incitati a scendere in piazza. Ci sono poi gli insegnanti che hanno preferito non mostrare agli studenti le loro opinioni: circa il 28% dei ragazzi infatti dichiara di non conoscerle.
CHI NON SCENDE IN PIAZZA? - Se fino ad adesso la ricerca ha messo in luce le motivazioni della protesta, non meno interessanti sono i dati che riguardano la scelta di non partecipare. Ciò che ha dissuaso gli studenti dallo scendere in piazza non è stato semplicemente non condividerne le motivazioni. Questa è stata la risposta di appena il 16% del campione. Ben più effetto fa la paura della bocciatura: ben il 36% non ha partecipato allo sciopero per non fare un’ulteriore assenza da scuola e perdere preziose ore alla fine dell’anno scolastico, e il 12% perché i prof hanno minacciato ritorsioni e brutti voti. Un ulteriore 36%, invece si mostra rassegnato nonostante la giovane età, e crede che nessuno ascolterà le loro richieste e quelle dei prof.
Carla Ardizzone